Commento alle letture del 27 Ottobre 2018 – Mons. Costantino Di Bruno

Il commento alle letture del 27 Ottobre 2018 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

PERCHÉ DEVE SFRUTTARE IL TERRENO?

Ef 4,7-16; Sal 121; Lc 13,1-9

Il cristiano è immerso nella storia. Deve camminare in essa operando sempre quel sano discernimento che è separazione del pensiero di Dio dal pensiero degli uomini. San Paolo chiede ai Corinzi che abbiamo un perfetto giudizio al fine di valutare se viene rispettata la vera finalità di ogni dono spirituale o carisma da essi vissuto. Tutto è dato da Dio per un fine. Tutto è mezzo in vista del fine. Se il fine non si raggiunge, il mezzo è usato male. Urge apportare la giusta correzione. Il fine di Dio va raggiunto.

Così anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l’edificazione della comunità. Perciò chi parla con il dono delle lingue, preghi di saperle interpretare. Quando infatti prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto. Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l’intelligenza. Altrimenti, se tu dai lode a Dio soltanto con lo spirito, in che modo colui che sta fra i non iniziati potrebbe dire l’Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici? Tu, certo, fai un bel ringraziamento, ma l’altro non viene edificato. Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue. Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi. Quanto a malizia, siate bambini, ma quanto a giudizi, comportatevi da uomini maturi. Sta scritto nella Legge: In altre lingue e con labbra di stranieri parlerò a questo popolo, ma neanche così mi ascolteranno, Dice il Signore. Quindi le lingue non sono un segno per quelli che credono, ma per quelli che non credono, mentre la profezia non è per quelli che non credono, ma per quelli che credono. Quando si raduna tutta la comunità nello stesso luogo, se tutti parlano con il dono delle lingue e sopraggiunge qualche non iniziato o non credente, non dirà forse che siete pazzi? Se invece tutti profetizzano e sopraggiunge qualche non credente o non iniziato, verrà da tutti convinto del suo errore e da tutti giudicato, i segreti del suo cuore saranno manifestati e così, prostrandosi a terra, adorerà Dio, proclamando: Dio è veramente fra voi! (1Cor 14,12-25).

Una torre cade. Non cade perché si è colpevoli. Cadendo, essa manifesta che nella vita dell’uomo non vi è alcuna sicurezza. In un momento si è nel tempo, il momento dopo si è nell’eternità. Gesù questa saggezza chiede all’uomo. Essendo la vita sulla terra così fragile, è giusto che ognuno sia sempre pronto per operare il passaggio per l’eternità. Il passaggio si prepara con una profonda conversione di cuore e mente.

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Altro discernimento necessario. Il padrone della vigna sa distinguere un albero che porta frutto da uno che non porta alcun frutto. L’albero che non porta frutto va tagliato. Il terreno va sfruttato al meglio. Interviene il contadino. Altro urgente discernimento. Posso io fare qualcosa perché l’albero porti frutto? Posso moltiplicare le mie forze? Le moltiplicherò. Se l’albero non fruttificherà, allora è giusto che venga tagliato. Il discernimento è essenza di ogni uomo di Dio. Se si pianta una struttura ed essa non produce frutto, allora è giusto chiedersi: di chi è la responsabilità della non fruttificazione, della struttura che non va o dei contadini che non sanno curarla?

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate il cristiano persona dal perfetto discernimento sempre.

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