Commento al Vangelo di domenica 19 Dicembre 2021 – mons. Giuseppe Mani

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Ecco, io vengo!

Il Natale è alle porte e la liturgia ci introduce nel Cuore del Verbo Incarnato e ci partecipa i sentimenti di Gesù mentre sta per cominciare l’avventura di diventare uomo, di entrare nel mondo. Ci rivela tutto questo la lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura di questa domenica: «Entrando nel mondo Cristo dice: – Non hai voluto né sacrificio né offerta, mi hai preparato un corpo. Ecco io vengo per fare la tua volontà – ».

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In altri termini, la liturgia ci rivela il segreto dell’Incarnazione, il suo motivo: il Verbo si è fatto carne per donarsi, per offrirsi. La lettera ai Filippesi ci dice: «Pur essendo di natura divina, non rivendicò la sua uguaglianza con Dio». Di ciò che era legittimo, il Cristo si è letteralmente «svuotato», non conservò niente per sé. San Paolo dice ancora: «Si è fatto povero da ricco che era, perché diventassimo ricchi della sua povertà». Questo la liturgia lo ripete continuamente. È la Buona Novella di questo dono iniziale.

Questo annuncio non deve, però, rimanere lettera morta, ma, al contrario, diventare sorgente di vita. In effetti se il Verbo di Dio si è fatto simile a noi, è perché noi ci facciamo simili a Lui. Se si fa somma generosità – mi si passi il termine troppo povero ed inadeguato – è perché l’uomo si ricordi che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, esattamente in questa generosità.

La capacità di amare è in ciascuno di noi il segno del Creatore. E’ la nostra sorte. E’ anche la nostra prova, perché la generosità non si installa una volta per tutte, ma l’apprendimento del dono è senza fine. Ciò che ci è donato con l’Incarnazione del Verbo è il mezzo per imparare. L’Incarnazione è l’incontro col solo maestro che può insegnarci ad amare. Al seguito di Cristo, all’ascolto del Verbo, alla scuola di Dio fatto uomo, l’uomo può reimparare a donarsi, ad offrirsi e a spendersi per i suoi fratelli.

Il vangelo che la Chiesa ci offre oggi ci illustra tutto quello che abbiamo detto. La Visitazione di Maria ad Elisabetta traduce nella nostra vita concreta, la logica del vangelo. Appena avvertita dall’Angelo del mistero dell’Incarnazione, Maria si mette subito in viaggio verso Elisabetta, che ha bisogno di aiuto per la sua gravidanza. In qualche modo Maria sposa il movimento del Verbo. Il mistero della Visitazione diviene così l’icona che contempliamo per imparare a fare lo stesso.

Il nostro programma può essere ridotto a poche parole: bisogna lasciarci abitare da Dio per diventare capaci di andare incontro al prossimo con tutta generosità. Dio si è fatto uomo per essere nostro fratello, perché ci scoprissimo fratelli e sorelle tra di noi: prossimi e non stranieri l’uno con l’altro.

Giunti ormai vicini a cantare il mistero del Natale nella liturgia, siamo invitati ad entrare nel movimento profondo dell’Incarnazione, a scoprire che tutto ciò che il Verbo fa per noi deve portare un autentico frutto di vita e di amore.

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