Commento al Vangelo del 6 Agosto 2023 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

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QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’AMATO

TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE – XVIII DOMENICA – ANNO A – MATTEO 17,1-9

  1. Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

Questa diciottesima Domenica del Tempo Ordinario coincide con la Trasfigurazione di Gesù sul Tabor, per cui liturgicamente prevale questa festa.

Matteo presenta Gesù come il nuovo Mosè che sale in alto sul monte Sinai a parlare con Dio

Anche noi siamo chiamati a salire in alto, a contemplare il Cristo glorioso, a vedere la nostra vita nella prospettiva dell’eternità, inserita in un orizzonte più ampio. La sua trasfigurazione è l’anticipo della beatitudine che ci aspetta.

“Sei giorni”: sono i sei giorni dopo che Gesù ha annunciato la sua morte. Questo dettaglio temporale richiama:

  1. la manifestazione del Signore che era avvenuta sul monte Sinai: “La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni” (Esodo 24,16);
  2. i sei giorni che distanziavano la festa dell’Espiazione da quella delle Capanne: “Abiterete in capanne per sette giorni; tutti quelli che saranno nativi d’Israele abiteranno in capanne, affinché i vostri discendenti sappiano che io feci abitare in capanne i figli d’Israele, quando li feci uscire dal paese d’Egitto. Io sono il Signore, il vostro Dio” (Levitico 23,42-43).

“Li condusse in disparte”: Gesù desidera condividere con i tre discepoli prescelti un’esperienza singolare, coinvolgente, nella solitudine.

“Monte”: seguendo la tradizione questo monte è stato identificato nel Tabor, raggiungibile da Cesarea in sei giorni. In realtà non è un monte alto, ma è solo una collina della Galilea, in Israele, che si eleva sulla pianura circostante. L’altezza massima è di circa 600 metri sul livello del mare. Per gli antichi salire sulla montagna ha il senso di essere più vicini a Dio.

“Pietro, Giacomo e Giovanni”: sono i tre apostoli che sperimentano la gloria di Dio e la riflettono grazie all’azione dello Spirito Santo. È il primo nucleo della Chiesa chiamata a donare a tutti la luce del Signore glorioso.

I testimoni sono tre come tre erano i testimoni con Mosè sul Sinai: Aronne e i figli Nadab e Abiu: “Aveva detto a Mosè: «Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e insieme settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano” (Esodo 24,1).

  • E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

Gesù cambia aspetto: si mostra in anteprima come è veramente nella sua gloria. Questa esperienza fortifica i tre discepoli e consente loro di riprendere forza nella fede dopo la terribile prova della passione del Signore.

“Il suo volto brillò come il sole”: anche questo particolare richiama Mosè che scende dal monte con il volto luminoso per l’incontro avuto con Dio: “Non si era accorto che la pelle del suo volto era raggiante per il fatto di aver conversato con Dio” (Esodo 34,29).

  • Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Gesù conversa con Elia e Mosè a indicare che il dialogo è indispensabile per la rivelazione, di cui Gesù rappresenta l’apice.

“Ed ecco”: con questa espressione Matteo indica che sta per introdurre un’informazione importante.

“Mosè ed Elia”: il primo rappresenta la Legge e il secondo i Profeti. Sono i due personaggi più importanti dell’Antico Testamento, che hanno avuto il privilegio di parlare con Dio. La loro morte è misteriosa:

  1. Mosè è deceduto prima di entrare nella terra promessa, ma è sconosciuto il luogo della sua sepoltura: “Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l’ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba” (Deuteronomio 34,5-6).
    1. Elia è rapito in cielo su un carro di fuoco: “Mentre camminavano conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo” (2Re 2,11).
  2. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”.

Pietro si manifesta con il suo carattere impulsivo e si intromette nel colloquio in corso. Utilizza il titolo “Signore”, il Risorto, il Vivente, il Vittorioso. Ha radicata in sé l’idea di un messianismo trionfante. Vorrebbe che Gesù risiedesse permanentemente sul monte, senza discendere dalla sua gloria. Non è questo l’obiettivo dell’Incarnazione. Gesù scende nell’umiltà, non sale nella gloria.

  • Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.

Non è possibile che una nube, che copre il sole, dia luce; ma “la nube luminosa” è un richiamo alla nube dell’Esodo, quando la gloria del Signore “appariva come fuoco divorante, agli occhi dei figli d’Israele, sulla cima della montagna” (Esodo 24,17).

“Figlio mio, l’amato”: nell’Antico Testamento è definito così anche Isacco, il figlio “unico”, “prediletto”: “Dio disse: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò»” (Genesi 22,2).

“In lui ho posto il mio compiacimento”: Matteo richiama il servo sofferente nel quale Dio si è compiaciuto: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio” (Isaia 42,1).

“Ascoltatelo”: oltre alla conferma che il Padre riconosce Gesù come Figlio amato, in questo versetto viene anche chiesto ai discepoli di ogni tempo, perciò anche a noi, di ascoltare Gesù. L’ascolto porta alla riflessione, la riflessione porta alla decisione, la decisione porta alla vita e al dono di sé, come ha fatto Gesù.

Se ascoltiamo Gesù, diventiamo pienamente figli nel Figlio amato, che rivela pienamente il Padre.

  • All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”.

Sono tipici di ogni visione straordinaria lo stupore e la paura. La consapevolezza della distanza tra Dio e noi incute sgomento. Gesù si fa incontro e rassicura i suoi discepoli spaventati. Si avvicina anche a noi e ci dice: “Non temete”. Con il Suo Corpo ci sostiene, con la sua Parola ci riscalda il cuore. Le difficoltà ci mettono alla prova, ma non ci devono fermare. Umiltà è chiedere a Dio di rialzarci dalla nostra prostrazione e di lasciarci creare nuovi. Procediamo con coraggio nel cammino della vita, sicuri che Dio è con noi.

  • Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

Gesù rimane solo. Dal punto di vista teologico, la Legge e i Profeti hanno raggiunto il loro scopo finale e terminano la loro funzione. Cristo compie tutte le attese e tutte le Scritture. Ora, confermato dal Padre, si prepara ad affrontare, solo, la passione.

  • Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.

Gesù comanda di fare silenzio, di attendere il momento opportuno per parlare dell’esperienza vissuta. È saggezza saper attendere e custodire nell’intimità quanto Dio ci fa sperimentare. È necessario, infatti, che gli interlocutori siano pronti a ricevere l’annuncio, altrimenti il messaggio viene reso vano.

“Visione”: è un richiamo al libro di Daniele che parla di visioni apocalittiche: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto” (Daniele 7,13-14).

I discepoli ci trasmettono la loro esperienza: Gesù crocifisso è lo stesso che si trasfigura e che risorge.

Il Signore regala anche a noi esperienze forti che ci fanno esclamare con Pietro: “È bello per noi stare qui!”. Sono momenti da custodire nel cuore per riuscire a superare la fatica, il dubbio, il dolore, che sono inevitabili nell’esistenza.

Quando scendiamo dalla montagna della trasfigurazione, cioè da momenti di intensa intimità con Gesù e ritorniamo a vivere nell’opacità della vita quotidiana, dobbiamo rimanere fedeli a Lui e rinvigorire la nostra fede alla luce dell’esperienza vissuta.

Con la sua Presenza nel cuore non dobbiamo temere alcun assalto del male. La convinzione che Egli è con noi sempre, glorioso e vittorioso, ci rende invincibili e ci incoraggia ad attraversare il mare del dolore e della morte, nella certezza di approdare alla Vita senza fine.

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Mt 17, 1-9 | Piccole Suore della Sacra Famiglia 157 KB 2 downloads

QUESTI È IL FIGLIO MIO, L’AMATO TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE – XVIII DOMENICA…

Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia