Commento al Vangelo del 4 Novembre 2018 – p. Roberto Mela scj

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Amore, non sacrifici

Il libro del Deuteronomio
Lโ€™importante libro del Deuteronomio, che conclude il Pentateuco, non trova concordi gli autori nellโ€™individuazione di una struttura letteraria. A titolo esemplificativo si vedano i commentari di S. Paganini (2011) e di G. Papola (anchโ€™esso del 2011).

Dopo la messa in scena (Dt 1,1-5), si individua un primo discorso di Mosรจ (1,5โ€“4,43), a cui ne segue un secondo (4,44โ€“26,19 Paganini; 4,44โ€“28,68 Papola: lโ€™alleanza allโ€™Horeb). Per Papola รจ individuabile un terzo discorso di Mosรจ (28,69โ€“30,20: lโ€™alleanza in Moab). Paganini individua la conclusione del Deuteronomio e del Pentateuco in 27,1โ€“34,12, mentre Papola scorge le ultime disposizioni e morte di Mosรจ in 31,1โ€“34,12.

Dopo la teofania e lโ€™alleanza allโ€™Horeb (4,44โ€“5,33), Paganini individua in Dt 6,1-25 lโ€™esortazione allโ€™osservanza della Legge, strutturata nel modo seguente: 6,1-3 Introduzione; 6,4-19 I comandi di YHWH; 6,20-25 Una catechesi in famiglia.

Dopo il titolo di 4,44-49, Papola vede invece in 5,1โ€“11,32 unโ€™introduzione parenetica alle leggi, e dopo 5,1โ€“6,3 (la rievocazione dellโ€™Horeb. Il Decalogo), rinviene in 6,4โ€“8,20 lโ€™esortazione alla fedeltร  di Israele. La sua parte iniziale, 6,3-25, viene titolata: โ€œFedeltร  al primo comandamentoโ€, con la seguente articolazione: 6,4-9 โ€œAscolta, Israeleโ€; 6,10-19 โ€œNon dimenticare e non mettere alla provaโ€; 6,20-25 โ€œLa domanda del figlioโ€.

La fedeltร  di Israele a YHWH ha una dimensione spaziale โ€“ non solo nel deserto ma anche nella terra della promessa (6,1-19; cf. 6,2) โ€“ e una temporale โ€“ i genitori hanno il dovere di trasmettere la fede ai figli e di insegnare loro a osservare la legge di YHWH (6,20-25).

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Perchรฉ tu โ€œtemaโ€ YHWH
Il โ€œcomando/miแนฃwฤhโ€, le disposizioni e le norme che YHWH โ€œha comandato/ha impartito/แนฃiwwฤhโ€ a Mosรจ di insegnare al popolo sono dati perchรฉ Israele le โ€œmetta in pratica/laโ€˜ฤƒล›รดtโ€. Lโ€™obbedienza concreta รจ segno visibile della giusta risposta di Israele al Dio che lo ha liberato dalla schiavitรน dellโ€™Egitto (cf. 4,45), in fedeltร  allโ€™alleanza stipulata allโ€™Horeb (= Sinai). Lโ€™alleanza โ€“ afferma Mosรจ โ€“ non รจ stata fatta con i nostri padri, ยซma con noi, che siamo qui oggi tutti viviยป (5,3). La parola di promessa e di impegno รจ sempre valida e attuale nellโ€™oggi di chi ascolta la Parola e la vive dentro un popolo.

La finalitร  dellโ€™โ€œosservanza concreta/fareโ€ รจ quella di sviluppare nel cuore di ciascuno un atteggiamento di riverenza e di ossequio religioso tipico della persona che si trova di fronte a una realtร  ben piรน grande di lei, qual รจ YHWH.

โ€œTemere-timore/yฤrฤ“โ€™-yirโ€™ฤhโ€ non รจ ciรฒ che noi oggi consideriamo โ€œpauraโ€ di fronte a unโ€™entitร  divina sentita come minacciosa o punitiva. Esso rappresenta invece una sottomissione piena di venerazione e di riconoscenza a una divinitร  che si รจ mostrata liberatrice, sempre a fianco del popolo di cui ha conosciuto e condiviso le sofferenze della schiavitรน e, infine, preoccupata di far sรฌ che il popolo di Israele rimanga nella libertร  ricevuta per grazia e senza merito alcuno.

La situazione definitiva a cui vuole portare lโ€™osservanza dei precetti di YHWH รจ quella in cui i singoli e il popolo vedano i loro giorni di vita allungati, possano godere la felicitร  (โ€œche ti vada bene/yรฎแนญabโ€) e vedere la crescita numerica della popolazione (tirbรปn meโ€™ลd), la moltiplicazione che era lโ€™oggetto della benedizione genesiaca di YHWH sulla prima umanitร  (cf. Gen 1,28) e quella fatta ai padri (cf. Gen 16,10; 26,24; 48,16).

Il tutto si avvererร  nella terra della promessa di YHWH, dove scorrono latte e miele. Vi scorre la vita di dolcezza e di bontร  perchรฉ e quando si vive secondo la parola di YHWH โ€“ e solo per quello โ€“, non per le qualitร  proprie del terreno, di per sรฉ non dappertutto fertile e ameno.

Ascoltare, custodire, fare
Il โ€œtimoreโ€ si mostra concretamente nel โ€œcustodire/mettere in pratica/liลกmลr/gr. LXX phylassesthaiโ€ gli imperativi liberanti di YHWH. In questo caso lโ€™espressione ebraica le + inf. costrutto indica il gerundio โ€œcustodendo/mettendo in praticaโ€.

La valenza del verbo ลกฤmar รจ ricca e significativa. Esso abbraccia infatti la duplice connotazione della custodia premurosa in vista della messa in pratica. Questโ€™ultimo seme semantico รจ piรน chiaramente espresso perรฒ con il verboโ€œโ€˜ฤล›ฤh/fare/gr. poieลโ€.

Si giunge in tal modo a distinguere e ad apprezzare una movenza spirituale dellโ€™uomo biblico rispetto a YHWH, alla sua parola e ai suoi comandi. Essa รจ articolata in tre tappe, ben espressa anche nel NT fin nellโ€™ultimo libro della Bibbia, lโ€™Apocalisse.

Le tappe sono: โ€œascoltare/ลกฤmaโ€˜/gr. akouลโ€; โ€œcustodire/ลกฤmar/gr. tฤ“reล-phylassล; โ€œpraticare/โ€˜ฤล›ฤh/ gr. poieล-tฤ“reล (cf. Mt 19,17.20; 23,3; 28,20; Lc 18,21; Gv 8,51-52; 12,47; 15,10; 17,6; 22,7.9; Ap 1,1; 3,10; 12,17; 14,12). Si ritroverร  la prima tappa della movenza nel comando di โ€œascoltare/ลกฤmaโ€˜โ€ espresso in Dt 6,4.

La โ€œcustodiaโ€ e la โ€œmessa in praticaโ€ dei comandi di YHWH deve coinvolgere il flusso intergenerazionale delle persone, toccando il padre, il figlio e il nipote. La custodia si attua nel โ€œparlare/dibbฤ“rโ€, proclamare, โ€œripetere/ลกinnฤhโ€, โ€œmormorare/ruminareโ€ la parola di YHWH in modo pervasivo.

Lโ€™autore del Deuteronomio impiega in questa pericope un accorgimento letterario particolare, il merismo, con il quale si intende abbracciare la totalitร  della vita dellโ€™ebreo liberato dalla schiavitรน. La parola imperativa di YHWH dovrร  intridere la linearitร  completa del tempo (ยซtutti i giorni della tua vitaยป) e lโ€™ampiezza globale degli spazi vitali del discepolo e di tutto il popolo di YHWH. Lโ€™ebreo ne dovrร  parlare nel privato (ยซin casa tuaยป) e in pubblico (ยซquando camminerai per stradaยป), allโ€™inizio della giornata (ยซquando ti alzeraiยป) e al suo termine (ยซquando ti coricheraiยป). Cioรจ dappertutto e sempre!

Mezรปzรดt, tepillin e แนญลแนญฤpรดt
I comandi del Signore dovranno essere ben presenti agli occhi di tutte le persone della famiglia e dellโ€™ambiente abitato pubblico. Si dovrร  mettere per iscritto questo imperativo e porlo in una posizione ben visibile a tutti.

A partire dal postesilio, la tradizione ebraica ha messo in pratica in modo letterale questo comando scrivendo in ventidue righe il testo di Dt 6,4-9; 11,13-21 (secondo la prescrizione di Dt 6,19 e 11,20) e riponendo la piccola pergamena in un โ€œastuccio/mezรปzฤhโ€, fissato sullo stipite destro (plur. mezรปzรดt, da cui, per sineddoche, la denominazione di mezรปzฤh, sing. femm., attribuito allโ€™astuccio) delle porte di casa (sing. delet/plur. delฤtรดt) e della cittร  (sing. ลกaโ€˜ar/plur. ลกeโ€˜ฤrรฎm).

Sul lato posteriore della pergamena, visibile grazie a un foro nel contenitore, era scritto il nome di Dio. Entrando in casa (o nelle sue varie stanze, eccetto il bagno) o attraverso le porte della cittร , a tuttโ€™oggi lโ€™ebreo osservante tocca la mezรปzฤhโ€ con le dita, che poi bacia con venerazione.

In occasione dei momenti di preghiera, vengono usati i tepillin (termine postbiblico). Sono sottili strisce di cuoio alle quali รจ giร  unito lโ€™astuccio/mezรปzฤh. Esse vengono attorcigliate attorno al capo, facendo in modo che lโ€™โ€œastuccio/mezรปzฤhโ€ si trovi posizionato in mezzo alla fronte (fungendo cosรฌ da โ€œpendaglio/แนญลแนญฤpรดtโ€, come ordina Dt 6,8).

Vengono attorcigliate inoltre anche intorno al braccio sinistro, facendo in modo che la mezรปzฤh si trovi nella posizione piรน vicina al cuore.

โ€œAmareโ€ solo YHWH
รˆ infatti con tutto il โ€œcuore/lฤ“bฤb/gr. LXX kardiaโ€, con tutto lโ€™โ€œanimo/nepeลก/gr. LXX psychฤ“โ€ e con tutta lโ€™โ€œenergia/forza/mezzi economici/meโ€™ลd/gr. LXX dynamisโ€ che Israele dovrร  โ€œamare/โ€™ฤhabโ€ YHWH.

In molti testi biblici lโ€™amore non รจ tanto un sentimento, quanto lโ€™osservanza concreta delle clausole inserite nellโ€™alleanza stipulata con YHWH. Un re vassallo โ€œamavaโ€ il re sovrano fornendogli risorse economiche, militari e sottomissione politica.

Lโ€™ebreo fedele โ€œamerร โ€ YHWH con tutto il proprio โ€œcuore/lฤ“bฤbโ€, cioรจ con tutta la propria capacitร  intellettiva, decisionale, memoriale e di coscienza morale. Lo โ€œamerร โ€ con tutto il proprio โ€œanimo/nepeลกโ€, cioรจ tutte le proprie capacitร  psichiche e vitali e, infine, lo โ€œamerร โ€ con tutta la propria โ€œforza/energia/mezzi materiali/meโ€™ลdโ€.

La pratica concreta e le motivazioni religiose derivanti dalla libertร  acquisita formeranno la struttura vertebrale della vita di Israele nei secoli. Lo porteranno a cantare la propria fede, anรฎ maโ€™amin, di fronte alla bocca nera dei forni crematori nei lager nazisti. Lo porteranno a credere, anche se YHWH ha fatto di tutto perchรฉ Israele lo dimenticasse: ยซNon vi รจ popolo piรน eletto di uno sempre colpito โ€“ afferma Yossl Rakover in un brano del suo tremendo racconto ambientato a Varsavia, il 28 aprile 1943 โ€“. Anche se non credessi che un tempo Dio ci abbia destinati a diventare popolo eletto, crederei che ci abbiano resi eletti le nostre sciagure. Credo nel Dio di Israele, anche se ha fatto di tutto perchรฉ non credessi in lui. Credo nelle sue leggi, anche se non posso giustificare i suoi atti. Il mio rapporto con lui non รจ piรน quello di uno schiavo verso il suo padrone, ma di un discepolo verso il suo maestro. Chino la testa dinanzi alla sua grandezza, ma non bacerรฒ la verga con cui mi percuote. Io lo amo, ma amo di piรน la sua Legge, e continuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui. Dio significa religione, ma la sua Legge rappresenta un modello di vita, e quanto piรน moriamo in nome di quel modello di vita, tanto piรน esso diventa immortale. Perciรฒ concedimi, Dio, prima di morire, ora che in me non vi รจ traccia di paura e la mia condizione รจ di assoluta calma interiore e sicurezza, di chiederTi ragione, per lโ€™ultima volta nella vitaยป.

Lโ€™ebreo fedele โ€œamerร โ€ solo YHWH. Non sarร  sottomesso ossequiosamente a nessunโ€™altra divinitร , ma solo al Dio che lo ha liberato dallโ€™Egitto e lo ha accompagnato nel cammino dopo aver stretto con esso lโ€™alleanza allโ€™Horeb/Sinai. Dallโ€™idolatria, Israele passa allโ€™enoteismo, al monoyahwismo e poi al monoteismo sempre piรน puro. Segno della sua liberazione avvenuta sarร  infatti il suo โ€œservizio liturgico/โ€˜ฤbadโ€ verso il solo YHWH sul monte Horeb/Sinai (cf. Es 3,12).

Adonai Elohenu Adonai Echad
Per mettere in pratica un comando, bisogna amarlo. Per amare, occorre conoscere chi lโ€™ha dato. Per conoscere chi lโ€™ha dato, bisogna ascoltare cosa dice di sรฉ. Nel profondo. Al di lร  delle precomprensioni, pregiudizi, paure e ribellioni.

Paganini evidenzia come, a livello grammaticale e sintattico, la frase di Dt 6,4 possa essere tradotta in quattro modi diversi:
1) YHWH, nostro Dio, รจ un unico YHWH (una frase);

2) YHWH, nostro Dio, YHWH รจ unico (una frase);

3) YHWH รจ nostro Dio, YHWH solo (una frase);

4) YHWH รจ nostro Dio,YHWH รจ unico (due frasi).

La prima traduzione sottolinea lโ€™unicitร  di YHWH (monoyahwismo, YHWH รจ lโ€™unico Dio di Israele).

La seconda afferma lโ€™unicitร  di YHWH. Tradurre con โ€œunoโ€ rispecchia la tradizione ebraica, ma tradurre con โ€œunicoโ€ รจ piรน esatta dal punto di vista del Deuteronomio, dal momento che il testo non vuole proporre unโ€™interpretazione monoteistica della fede in YHWH, ma piuttosto unโ€™interpretazione monolatrica.

La terza e la quarta versione fanno di โ€œnostro Dioโ€ un predicato divino. Questa formulazione sarebbe singolare allโ€™interno del Deuteronomio.

La terza traduzione รจ quella proposta dallโ€™esegesi rabbinica tradizionale di epoca medievale. Sottolinea non lโ€™unicitร  di YHWH ma la sua capacitร  di relazione particolare che si รจ instaurata tra YHWH e il popolo. YHWH รจ โ€œnostro Dioโ€, perchรฉ si trova in comunione con il popolo.

La quarta versione sottolinea invece la caratteristica divina dellโ€™unicitร  piuttosto che la sua dimensione relazionale. Il senso non รจ monoteistico, ma monoyahwistico.

Il Dio di Israele รจ un โ€œDio passionaleโ€ (Dt 4,23) che non permette al suo Israele di avere unโ€™altra divinitร .

Dt 6,4 โ€“ conclude Paganini โ€“, indipendentemente dalla traduzione che viene scelta, ยซafferma che YHWH รจ il Dio unico di Israele. Questa unicitร  non nega lโ€™esistenza delle divinitร  degli altri popoli, ma sottolinea la particolaritร  del rapporto di comunione che si viene a instaurare mediante il patto di alleanza tra YHWH e Israele [โ€ฆ] appare chiaro come lโ€™affermazione di Dt 4,35.39 voglia proporsi come chiave di lettura previlegiata anche per Dt 6,4. Le quattro possibili traduzioni [โ€ฆ] non sono da leggere in contrasto fra loro, si completano a vicenda esprimendo differenti aspetti della figura di YHWHยป.

Il comandamento primo di tutti
Secondo il Vangelo di Marco, alle cinque dispute galilaiche di Mc 2,1โ€“3,6 fanno da pendant le cinque controversie gerosolimitane (Mc 12,27โ€“12,37), sostenute da Gesรน nellโ€™โ€œarea templare/hyeronโ€ nel corso di una discussione franca con i sadducei e i farisei. Questi gruppi religiosi erano sostenuti entrambi dai propri esperti biblisti e giuristi (gli scribi, a maggioranza farisaica come indirizzo).

Nella quarta disputa gerosolimitana (Mc 12,28-34), uno scriba di ispirazione religiosa farisaica, avendo sentito che Gesรน aveva risposto bene ai sadducei (chiudendo loro la bocca, aggiunge con ironia feroce Mt 22,34), si accosta a lui per chiedere un suo parere circa una questione discussa. Mt 22,35 e Lc 10,25 affermano che lo fece โ€œper metterlo alla prova/peirazลnโ€ (Mt)/โ€œekpeirazลnโ€ (Lc).

Probabilmente, il proposito dello scriba non era ostile in se stesso, ma il contesto al calor bianco lo poteva rendere tale. Egli imposta una maqloqet, una disputa religiosa โ€“ come verrร  chiamata nel rabbinismo posteriore โ€“ su un tema controverso tra le maggiori scuole di pensiero del momento (cf. Hillel e Shammai).

Alla domanda circa il comandamento piรน grande, Gesรน risponde citando Dt 6,4, letto nella prima lettura odierna (e commentato qui sopra). Nella citazione di Gesรน, prima dellโ€™elemento finale โ€œforzaโ€, viene inserito il termine โ€œmente/dianoiaโ€, che รจ assente nellโ€™ebraico del TM e nel greco della traduzione della LXX. Esso esplicita probabilmente ulteriormente il termine ebraico per โ€œcuoreโ€. Mc riporta quindi la sequenza: cuore-anima-mente-forza; Mt ha la sequenza: cuore-anima-mente; Lc ha cuore-anima-forza-mente.

Diversamente dai Vangeli di Matteo e Luca, nel Vangelo di Marco Gesรน risponde alla domanda dello scriba facendo una distinzione classificatoria fra il โ€œprimo/prลtฤ“โ€ comandamento (amare Dio ecc.) e โ€œun secondo/deutera hautฤ“โ€ (lโ€™amore del prossimo), e conclude dicendo che non cโ€™รจ altro comandamento piรน grande di questi.

Gesรน risponde servendosi delle parole della Torah, citando esplicitamente Dt 6,4-5 e Lv 19,8. Nel Vangelo di Marco egli distingue due comandamenti e li considera i piรน grandi probabilmente perchรฉ collegati dal verbo โ€œamareโ€, che รจ lโ€™atteggiamento divino e umano allโ€™apice di ogni sentimento e alla radice di ogni motivazione religiosa.

Il primo comandamento, quello che chiede lโ€™amore assoluto verso Dio, รจ ben affermato in Dt 6,4-5, ma si evidenzia nella pratica dellโ€™altro, pure affermato nella Torah in Lv 19,18. Se, nella prassi quotidiana, lโ€™amore per il prossimo, il secondo comandamento citato da Gesรน, รจ quello immediato, il primo, visibile e controllabile (cf. il limpidissimo pensiero di 1Gv 4,19-20), cartina di tornasole del proprio amore per Dio asserito a parole, di fatto essa deriva la sua capacitร  motivazionale e spirituale dallโ€™amore offerto a Dio in risposta al suo โ€œamore originaleโ€, alla sua โ€œgrazia originaleโ€ (cf. 1Gv 4,19). Se non amo Dio, infatti, non riesco ad amare il prossimo che magari si presenta come mio โ€œavversario/nemicoโ€, una persona indisponente, violenta, non amabileโ€ฆ

Gesรน si rifร  alla Torah e collega strettamente i due comandamenti, dando loro un ruolo primaziale rispetto a tutti gli altri (613 nella casistica rabbinica). Altri maestri ebrei erano arrivati allo stesso risultato.

Gesรน amplierร  poi in modo smisurato le connotazioni presenti nel termine โ€œprossimoโ€: Si confronti solo, a titolo di esempio, Mt 6,43-48 sullโ€™amore verso i โ€œnemiciโ€ e Lc 10,29-37, la parabola del โ€œBuon Samaritanoโ€, raccontata in risposta alla domanda di uno circa lโ€™identitร  concreta del โ€œprossimoโ€.

Gesรน, soprattutto, inviterร  a โ€œfarsi prossimoโ€ verso tutti e a considerare โ€œprossimoโ€ lโ€™ultimo che uno possa immaginare. Nel caso del malcapitato viandante โ€“ giudeo, probabilmente โ€“, un odiato ed eretico samaritano!

Tranciante a questo riguardo lโ€™insegnamento di rabbi Hillel, riportato da Talmud, Shabbat 31a. Brandendo una stecca di legno lunga mezzo metro, lโ€™irascibile rabbi Shammai (50 a.C.ย circa โ€“ย 30ย circa d.C.) aveva scacciato un pagano che gli aveva promesso di convertirsi se prima gli avesse insegnato lโ€™intera Torah mentre se ne stava su un piede solo. Il gentile rabbi Hillel (110 a.C. โ€“ 10 d.C.), invece, lo convertรฌ e gli disse: ยซNon fare agli altri ciรฒ che non vorresti fosse fatto a te: questa รจ tutta la Torah. Il resto รจ โ€œcommento/pรชrรปลกฤhโ€. Vaโ€™ e studiaยป.

Piรน di olocausti e sacrifici
Lo scriba riconosce a pieni voti e condivide cordialmente la bontร  e la correttezza della risposta di Gesรน, forse giร  udita da lui nella sua formazione biblico-giuridica. Riprende la risposta di Gesรน e, di suo, vi aggiunge una considerazione di giudizio di alto profilo.

Lo scriba riconosce che lโ€™atteggiamento di amore nei confronti di Dio e del prossimo โ€“ secondo lโ€™accezione che poteva aver presente lui, non necessariamente ancora quella di Gesรน โ€“ รจ superiore valorialmente agli olocausti e ai sacrifici con i quali si pensava di entrare in comunione con Dio, di ottenerne il perdono, di ringraziare il Signore per i suoi benefici ecc.

Con una sola frase egli relativizzava unโ€™enorme mole di regole giuridico-religiose che nella Mishnah del 200 d.C. e nei due Talmud, babilonese e gerosolimitano dei sec. V-VII, andranno a formare dei trattati di notevole spessore.

Lo scriba รจ consapevole della negazione dialettica presente in Os 6,6: ยซVoglio โ€œlโ€™amore/แธฅesedโ€ e non โ€œsacrifici/zebaแธฅโ€ยป. Il che significa non tanto lโ€™abolizione di qualsiasi tipo di sacrifici cultuali e di liturgie comunitarie, quanto la preminenza dellโ€™amore personale che implica il dono esistenziale di sรฉ rispetto allโ€™offerta di realtร  che rimangono in ogni caso esteriori alla propria persona. In questo caso si relativizza, senza negarla, la seconda realtร , per sottolineare con forza la primazia della prima.

Si confronti, in posizione opposta, ยซNon sono venuto tanto a chiamare i giusti, quanto i peccatoriยป (Mc 2,17; Lc 4,32 aggiunge: ยซa conversioneยป).

La Torah รจ ricca di insegnamenti che hanno potuto costituire il sostrato sul quale ha avuto modo di crescere la consapevolezza dello scriba. ยซIl Signore gradisce forse i sacrifici?ยป, si chiede Samuele, che prosegue nel suo severo monito a Saul per lโ€™azione che gli costerร  il trono e la vita: ยซObbedire รจ meglio dei sacrificiยป (1Sam 15,22). ยซTu non gradisci il sacrificio, se offro olocausti, tu non li accettiยป, deve riconoscere con atteggiamento penitente il salmista.

ยซBada ai tuoi passi quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicinati per ascoltare piuttosto che offrire sacrifici, come fanno gli stolti, i quali non sanno di fare del maleยป, ammonisce da parte sua il saggio realista Qoรจlet. ยซPraticare la giustizia e lโ€™equitร  per il Signore vale piรน di un sacrificioยป, sentenzia invece Pr 21,3.

ยซCosa gradita al Signore รจ tenersi lontano dalla malvagitร , sacrificio di espiazione รจ tenersi lontano dallโ€™ingiustiziaยป, ricorda il libro del Siracide (Sir 35,5). Cโ€™era addirittura chi sacrificava servendosi dei beni sottratti ai poveriโ€ฆ ยซSacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveriยป, si trova cosรฌ costretto a denunciare lโ€™โ€œinfanticidioโ€ il sapiente (Sir 34,24).

Reciso รจ YHWH secondo Ger 6,20: ยซโ€ฆ I vostri olocausti non mi sono graditi, non mi piacciono i vostri sacrificiยป.

Lo scriba del Vangelo di Marco che risponde in quel modo a Gesรน, โ€œsaggiamente/con profonditร  di comprensione/โ€˜avendo menteโ€™/nounechลsโ€, non รจ lontano dal Regno, dal pensiero di Gesรน e dalla sua offerta di vita.

Lo scriba ben istruito e onesto intellettualmente รจ sulla buona strada.

Ha giร  riconosciuto che la Torah ha attuato un bel ribaltamento di valori.

Gli manca solo un ultimo passettinoโ€ฆ

Essere ribaltato da Gesรน.

Commento a cura di padre Roberto Mela scj – Fonte del commento: Settimana News

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO โ€“ Anno B

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Vendi quello che hai e seguimi.

Mc 12, 28-34
Dal Vangelo secondoย Marco

28Allora si avvicinรฒ a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandรฒ: ยซQual รจ il primo di tutti i comandamenti?ยป. 29Gesรน rispose: ยซIl primo รจ: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio รจ lโ€™unico Signore; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo รจ questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non cโ€™รจ altro comandamento piรน grande di questiยป. 32Lo scriba gli disse: ยซHai detto bene, Maestro, e secondo veritร , che Egli รจ unico e non vi รจ altri allโ€™infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta lโ€™intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale piรน di tutti gli olocausti e i sacrificiยป. 34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesรน gli disse: ยซNon sei lontano dal regno di Dioยป. E nessuno aveva piรน il coraggio di interrogarlo.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 04 – 10 Novembre 2018
  • Tempo Ordinario XXXI
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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