Amore, non sacrifici
Il libro del Deuteronomio
Lโimportante libro del Deuteronomio, che conclude il Pentateuco, non trova concordi gli autori nellโindividuazione di una struttura letteraria. A titolo esemplificativo si vedano i commentari di S. Paganini (2011) e di G. Papola (anchโesso del 2011).
Dopo la messa in scena (Dt 1,1-5), si individua un primo discorso di Mosรจ (1,5โ4,43), a cui ne segue un secondo (4,44โ26,19 Paganini; 4,44โ28,68 Papola: lโalleanza allโHoreb). Per Papola รจ individuabile un terzo discorso di Mosรจ (28,69โ30,20: lโalleanza in Moab). Paganini individua la conclusione del Deuteronomio e del Pentateuco in 27,1โ34,12, mentre Papola scorge le ultime disposizioni e morte di Mosรจ in 31,1โ34,12.
Dopo la teofania e lโalleanza allโHoreb (4,44โ5,33), Paganini individua in Dt 6,1-25 lโesortazione allโosservanza della Legge, strutturata nel modo seguente: 6,1-3 Introduzione; 6,4-19 I comandi di YHWH; 6,20-25 Una catechesi in famiglia.
Dopo il titolo di 4,44-49, Papola vede invece in 5,1โ11,32 unโintroduzione parenetica alle leggi, e dopo 5,1โ6,3 (la rievocazione dellโHoreb. Il Decalogo), rinviene in 6,4โ8,20 lโesortazione alla fedeltร di Israele. La sua parte iniziale, 6,3-25, viene titolata: โFedeltร al primo comandamentoโ, con la seguente articolazione: 6,4-9 โAscolta, Israeleโ; 6,10-19 โNon dimenticare e non mettere alla provaโ; 6,20-25 โLa domanda del figlioโ.
La fedeltร di Israele a YHWH ha una dimensione spaziale โ non solo nel deserto ma anche nella terra della promessa (6,1-19; cf. 6,2) โ e una temporale โ i genitori hanno il dovere di trasmettere la fede ai figli e di insegnare loro a osservare la legge di YHWH (6,20-25).
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Perchรฉ tu โtemaโ YHWH
Il โcomando/miแนฃwฤhโ, le disposizioni e le norme che YHWH โha comandato/ha impartito/แนฃiwwฤhโ a Mosรจ di insegnare al popolo sono dati perchรฉ Israele le โmetta in pratica/laโฤลรดtโ. Lโobbedienza concreta รจ segno visibile della giusta risposta di Israele al Dio che lo ha liberato dalla schiavitรน dellโEgitto (cf. 4,45), in fedeltร allโalleanza stipulata allโHoreb (= Sinai). Lโalleanza โ afferma Mosรจ โ non รจ stata fatta con i nostri padri, ยซma con noi, che siamo qui oggi tutti viviยป (5,3). La parola di promessa e di impegno รจ sempre valida e attuale nellโoggi di chi ascolta la Parola e la vive dentro un popolo.
La finalitร dellโโosservanza concreta/fareโ รจ quella di sviluppare nel cuore di ciascuno un atteggiamento di riverenza e di ossequio religioso tipico della persona che si trova di fronte a una realtร ben piรน grande di lei, qual รจ YHWH.
โTemere-timore/yฤrฤโ-yirโฤhโ non รจ ciรฒ che noi oggi consideriamo โpauraโ di fronte a unโentitร divina sentita come minacciosa o punitiva. Esso rappresenta invece una sottomissione piena di venerazione e di riconoscenza a una divinitร che si รจ mostrata liberatrice, sempre a fianco del popolo di cui ha conosciuto e condiviso le sofferenze della schiavitรน e, infine, preoccupata di far sรฌ che il popolo di Israele rimanga nella libertร ricevuta per grazia e senza merito alcuno.
La situazione definitiva a cui vuole portare lโosservanza dei precetti di YHWH รจ quella in cui i singoli e il popolo vedano i loro giorni di vita allungati, possano godere la felicitร (โche ti vada bene/yรฎแนญabโ) e vedere la crescita numerica della popolazione (tirbรปn meโลd), la moltiplicazione che era lโoggetto della benedizione genesiaca di YHWH sulla prima umanitร (cf. Gen 1,28) e quella fatta ai padri (cf. Gen 16,10; 26,24; 48,16).
Il tutto si avvererร nella terra della promessa di YHWH, dove scorrono latte e miele. Vi scorre la vita di dolcezza e di bontร perchรฉ e quando si vive secondo la parola di YHWH โ e solo per quello โ, non per le qualitร proprie del terreno, di per sรฉ non dappertutto fertile e ameno.
Ascoltare, custodire, fare
Il โtimoreโ si mostra concretamente nel โcustodire/mettere in pratica/liลกmลr/gr. LXX phylassesthaiโ gli imperativi liberanti di YHWH. In questo caso lโespressione ebraica le + inf. costrutto indica il gerundio โcustodendo/mettendo in praticaโ.
La valenza del verbo ลกฤmar รจ ricca e significativa. Esso abbraccia infatti la duplice connotazione della custodia premurosa in vista della messa in pratica. Questโultimo seme semantico รจ piรน chiaramente espresso perรฒ con il verboโโฤลฤh/fare/gr. poieลโ.
Si giunge in tal modo a distinguere e ad apprezzare una movenza spirituale dellโuomo biblico rispetto a YHWH, alla sua parola e ai suoi comandi. Essa รจ articolata in tre tappe, ben espressa anche nel NT fin nellโultimo libro della Bibbia, lโApocalisse.
Le tappe sono: โascoltare/ลกฤmaโ/gr. akouลโ; โcustodire/ลกฤmar/gr. tฤreล-phylassล; โpraticare/โฤลฤh/ gr. poieล-tฤreล (cf. Mt 19,17.20; 23,3; 28,20; Lc 18,21; Gv 8,51-52; 12,47; 15,10; 17,6; 22,7.9; Ap 1,1; 3,10; 12,17; 14,12). Si ritroverร la prima tappa della movenza nel comando di โascoltare/ลกฤmaโโ espresso in Dt 6,4.
La โcustodiaโ e la โmessa in praticaโ dei comandi di YHWH deve coinvolgere il flusso intergenerazionale delle persone, toccando il padre, il figlio e il nipote. La custodia si attua nel โparlare/dibbฤrโ, proclamare, โripetere/ลกinnฤhโ, โmormorare/ruminareโ la parola di YHWH in modo pervasivo.
Lโautore del Deuteronomio impiega in questa pericope un accorgimento letterario particolare, il merismo, con il quale si intende abbracciare la totalitร della vita dellโebreo liberato dalla schiavitรน. La parola imperativa di YHWH dovrร intridere la linearitร completa del tempo (ยซtutti i giorni della tua vitaยป) e lโampiezza globale degli spazi vitali del discepolo e di tutto il popolo di YHWH. Lโebreo ne dovrร parlare nel privato (ยซin casa tuaยป) e in pubblico (ยซquando camminerai per stradaยป), allโinizio della giornata (ยซquando ti alzeraiยป) e al suo termine (ยซquando ti coricheraiยป). Cioรจ dappertutto e sempre!
Mezรปzรดt, tepillin e แนญลแนญฤpรดt
I comandi del Signore dovranno essere ben presenti agli occhi di tutte le persone della famiglia e dellโambiente abitato pubblico. Si dovrร mettere per iscritto questo imperativo e porlo in una posizione ben visibile a tutti.
A partire dal postesilio, la tradizione ebraica ha messo in pratica in modo letterale questo comando scrivendo in ventidue righe il testo di Dt 6,4-9; 11,13-21 (secondo la prescrizione di Dt 6,19 e 11,20) e riponendo la piccola pergamena in un โastuccio/mezรปzฤhโ, fissato sullo stipite destro (plur. mezรปzรดt, da cui, per sineddoche, la denominazione di mezรปzฤh, sing. femm., attribuito allโastuccio) delle porte di casa (sing. delet/plur. delฤtรดt) e della cittร (sing. ลกaโar/plur. ลกeโฤrรฎm).
Sul lato posteriore della pergamena, visibile grazie a un foro nel contenitore, era scritto il nome di Dio. Entrando in casa (o nelle sue varie stanze, eccetto il bagno) o attraverso le porte della cittร , a tuttโoggi lโebreo osservante tocca la mezรปzฤhโ con le dita, che poi bacia con venerazione.
In occasione dei momenti di preghiera, vengono usati i tepillin (termine postbiblico). Sono sottili strisce di cuoio alle quali รจ giร unito lโastuccio/mezรปzฤh. Esse vengono attorcigliate attorno al capo, facendo in modo che lโโastuccio/mezรปzฤhโ si trovi posizionato in mezzo alla fronte (fungendo cosรฌ da โpendaglio/แนญลแนญฤpรดtโ, come ordina Dt 6,8).
Vengono attorcigliate inoltre anche intorno al braccio sinistro, facendo in modo che la mezรปzฤh si trovi nella posizione piรน vicina al cuore.
โAmareโ solo YHWH
ร infatti con tutto il โcuore/lฤbฤb/gr. LXX kardiaโ, con tutto lโโanimo/nepeลก/gr. LXX psychฤโ e con tutta lโโenergia/forza/mezzi economici/meโลd/gr. LXX dynamisโ che Israele dovrร โamare/โฤhabโ YHWH.
In molti testi biblici lโamore non รจ tanto un sentimento, quanto lโosservanza concreta delle clausole inserite nellโalleanza stipulata con YHWH. Un re vassallo โamavaโ il re sovrano fornendogli risorse economiche, militari e sottomissione politica.
Lโebreo fedele โamerร โ YHWH con tutto il proprio โcuore/lฤbฤbโ, cioรจ con tutta la propria capacitร intellettiva, decisionale, memoriale e di coscienza morale. Lo โamerร โ con tutto il proprio โanimo/nepeลกโ, cioรจ tutte le proprie capacitร psichiche e vitali e, infine, lo โamerร โ con tutta la propria โforza/energia/mezzi materiali/meโลdโ.
La pratica concreta e le motivazioni religiose derivanti dalla libertร acquisita formeranno la struttura vertebrale della vita di Israele nei secoli. Lo porteranno a cantare la propria fede, anรฎ maโamin, di fronte alla bocca nera dei forni crematori nei lager nazisti. Lo porteranno a credere, anche se YHWH ha fatto di tutto perchรฉ Israele lo dimenticasse: ยซNon vi รจ popolo piรน eletto di uno sempre colpito โ afferma Yossl Rakover in un brano del suo tremendo racconto ambientato a Varsavia, il 28 aprile 1943 โ. Anche se non credessi che un tempo Dio ci abbia destinati a diventare popolo eletto, crederei che ci abbiano resi eletti le nostre sciagure. Credo nel Dio di Israele, anche se ha fatto di tutto perchรฉ non credessi in lui. Credo nelle sue leggi, anche se non posso giustificare i suoi atti. Il mio rapporto con lui non รจ piรน quello di uno schiavo verso il suo padrone, ma di un discepolo verso il suo maestro. Chino la testa dinanzi alla sua grandezza, ma non bacerรฒ la verga con cui mi percuote. Io lo amo, ma amo di piรน la sua Legge, e continuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui. Dio significa religione, ma la sua Legge rappresenta un modello di vita, e quanto piรน moriamo in nome di quel modello di vita, tanto piรน esso diventa immortale. Perciรฒ concedimi, Dio, prima di morire, ora che in me non vi รจ traccia di paura e la mia condizione รจ di assoluta calma interiore e sicurezza, di chiederTi ragione, per lโultima volta nella vitaยป.
Lโebreo fedele โamerร โ solo YHWH. Non sarร sottomesso ossequiosamente a nessunโaltra divinitร , ma solo al Dio che lo ha liberato dallโEgitto e lo ha accompagnato nel cammino dopo aver stretto con esso lโalleanza allโHoreb/Sinai. Dallโidolatria, Israele passa allโenoteismo, al monoyahwismo e poi al monoteismo sempre piรน puro. Segno della sua liberazione avvenuta sarร infatti il suo โservizio liturgico/โฤbadโ verso il solo YHWH sul monte Horeb/Sinai (cf. Es 3,12).
Adonai Elohenu Adonai Echad
Per mettere in pratica un comando, bisogna amarlo. Per amare, occorre conoscere chi lโha dato. Per conoscere chi lโha dato, bisogna ascoltare cosa dice di sรฉ. Nel profondo. Al di lร delle precomprensioni, pregiudizi, paure e ribellioni.
Paganini evidenzia come, a livello grammaticale e sintattico, la frase di Dt 6,4 possa essere tradotta in quattro modi diversi:
1) YHWH, nostro Dio, รจ un unico YHWH (una frase);
2) YHWH, nostro Dio, YHWH รจ unico (una frase);
3) YHWH รจ nostro Dio, YHWH solo (una frase);
4) YHWH รจ nostro Dio,YHWH รจ unico (due frasi).
La prima traduzione sottolinea lโunicitร di YHWH (monoyahwismo, YHWH รจ lโunico Dio di Israele).
La seconda afferma lโunicitร di YHWH. Tradurre con โunoโ rispecchia la tradizione ebraica, ma tradurre con โunicoโ รจ piรน esatta dal punto di vista del Deuteronomio, dal momento che il testo non vuole proporre unโinterpretazione monoteistica della fede in YHWH, ma piuttosto unโinterpretazione monolatrica.
La terza e la quarta versione fanno di โnostro Dioโ un predicato divino. Questa formulazione sarebbe singolare allโinterno del Deuteronomio.
La terza traduzione รจ quella proposta dallโesegesi rabbinica tradizionale di epoca medievale. Sottolinea non lโunicitร di YHWH ma la sua capacitร di relazione particolare che si รจ instaurata tra YHWH e il popolo. YHWH รจ โnostro Dioโ, perchรฉ si trova in comunione con il popolo.
La quarta versione sottolinea invece la caratteristica divina dellโunicitร piuttosto che la sua dimensione relazionale. Il senso non รจ monoteistico, ma monoyahwistico.
Il Dio di Israele รจ un โDio passionaleโ (Dt 4,23) che non permette al suo Israele di avere unโaltra divinitร .
Dt 6,4 โ conclude Paganini โ, indipendentemente dalla traduzione che viene scelta, ยซafferma che YHWH รจ il Dio unico di Israele. Questa unicitร non nega lโesistenza delle divinitร degli altri popoli, ma sottolinea la particolaritร del rapporto di comunione che si viene a instaurare mediante il patto di alleanza tra YHWH e Israele [โฆ] appare chiaro come lโaffermazione di Dt 4,35.39 voglia proporsi come chiave di lettura previlegiata anche per Dt 6,4. Le quattro possibili traduzioni [โฆ] non sono da leggere in contrasto fra loro, si completano a vicenda esprimendo differenti aspetti della figura di YHWHยป.
Il comandamento primo di tutti
Secondo il Vangelo di Marco, alle cinque dispute galilaiche di Mc 2,1โ3,6 fanno da pendant le cinque controversie gerosolimitane (Mc 12,27โ12,37), sostenute da Gesรน nellโโarea templare/hyeronโ nel corso di una discussione franca con i sadducei e i farisei. Questi gruppi religiosi erano sostenuti entrambi dai propri esperti biblisti e giuristi (gli scribi, a maggioranza farisaica come indirizzo).
Nella quarta disputa gerosolimitana (Mc 12,28-34), uno scriba di ispirazione religiosa farisaica, avendo sentito che Gesรน aveva risposto bene ai sadducei (chiudendo loro la bocca, aggiunge con ironia feroce Mt 22,34), si accosta a lui per chiedere un suo parere circa una questione discussa. Mt 22,35 e Lc 10,25 affermano che lo fece โper metterlo alla prova/peirazลnโ (Mt)/โekpeirazลnโ (Lc).
Probabilmente, il proposito dello scriba non era ostile in se stesso, ma il contesto al calor bianco lo poteva rendere tale. Egli imposta una maqloqet, una disputa religiosa โ come verrร chiamata nel rabbinismo posteriore โ su un tema controverso tra le maggiori scuole di pensiero del momento (cf. Hillel e Shammai).
Alla domanda circa il comandamento piรน grande, Gesรน risponde citando Dt 6,4, letto nella prima lettura odierna (e commentato qui sopra). Nella citazione di Gesรน, prima dellโelemento finale โforzaโ, viene inserito il termine โmente/dianoiaโ, che รจ assente nellโebraico del TM e nel greco della traduzione della LXX. Esso esplicita probabilmente ulteriormente il termine ebraico per โcuoreโ. Mc riporta quindi la sequenza: cuore-anima-mente-forza; Mt ha la sequenza: cuore-anima-mente; Lc ha cuore-anima-forza-mente.
Diversamente dai Vangeli di Matteo e Luca, nel Vangelo di Marco Gesรน risponde alla domanda dello scriba facendo una distinzione classificatoria fra il โprimo/prลtฤโ comandamento (amare Dio ecc.) e โun secondo/deutera hautฤโ (lโamore del prossimo), e conclude dicendo che non cโรจ altro comandamento piรน grande di questi.
Gesรน risponde servendosi delle parole della Torah, citando esplicitamente Dt 6,4-5 e Lv 19,8. Nel Vangelo di Marco egli distingue due comandamenti e li considera i piรน grandi probabilmente perchรฉ collegati dal verbo โamareโ, che รจ lโatteggiamento divino e umano allโapice di ogni sentimento e alla radice di ogni motivazione religiosa.
Il primo comandamento, quello che chiede lโamore assoluto verso Dio, รจ ben affermato in Dt 6,4-5, ma si evidenzia nella pratica dellโaltro, pure affermato nella Torah in Lv 19,18. Se, nella prassi quotidiana, lโamore per il prossimo, il secondo comandamento citato da Gesรน, รจ quello immediato, il primo, visibile e controllabile (cf. il limpidissimo pensiero di 1Gv 4,19-20), cartina di tornasole del proprio amore per Dio asserito a parole, di fatto essa deriva la sua capacitร motivazionale e spirituale dallโamore offerto a Dio in risposta al suo โamore originaleโ, alla sua โgrazia originaleโ (cf. 1Gv 4,19). Se non amo Dio, infatti, non riesco ad amare il prossimo che magari si presenta come mio โavversario/nemicoโ, una persona indisponente, violenta, non amabileโฆ
Gesรน si rifร alla Torah e collega strettamente i due comandamenti, dando loro un ruolo primaziale rispetto a tutti gli altri (613 nella casistica rabbinica). Altri maestri ebrei erano arrivati allo stesso risultato.
Gesรน amplierร poi in modo smisurato le connotazioni presenti nel termine โprossimoโ: Si confronti solo, a titolo di esempio, Mt 6,43-48 sullโamore verso i โnemiciโ e Lc 10,29-37, la parabola del โBuon Samaritanoโ, raccontata in risposta alla domanda di uno circa lโidentitร concreta del โprossimoโ.
Gesรน, soprattutto, inviterร a โfarsi prossimoโ verso tutti e a considerare โprossimoโ lโultimo che uno possa immaginare. Nel caso del malcapitato viandante โ giudeo, probabilmente โ, un odiato ed eretico samaritano!
Tranciante a questo riguardo lโinsegnamento di rabbi Hillel, riportato da Talmud, Shabbat 31a. Brandendo una stecca di legno lunga mezzo metro, lโirascibile rabbi Shammai (50 a.C.ย circa โย 30ย circa d.C.) aveva scacciato un pagano che gli aveva promesso di convertirsi se prima gli avesse insegnato lโintera Torah mentre se ne stava su un piede solo. Il gentile rabbi Hillel (110 a.C. โ 10 d.C.), invece, lo convertรฌ e gli disse: ยซNon fare agli altri ciรฒ che non vorresti fosse fatto a te: questa รจ tutta la Torah. Il resto รจ โcommento/pรชrรปลกฤhโ. Vaโ e studiaยป.
Piรน di olocausti e sacrifici
Lo scriba riconosce a pieni voti e condivide cordialmente la bontร e la correttezza della risposta di Gesรน, forse giร udita da lui nella sua formazione biblico-giuridica. Riprende la risposta di Gesรน e, di suo, vi aggiunge una considerazione di giudizio di alto profilo.
Lo scriba riconosce che lโatteggiamento di amore nei confronti di Dio e del prossimo โ secondo lโaccezione che poteva aver presente lui, non necessariamente ancora quella di Gesรน โ รจ superiore valorialmente agli olocausti e ai sacrifici con i quali si pensava di entrare in comunione con Dio, di ottenerne il perdono, di ringraziare il Signore per i suoi benefici ecc.
Con una sola frase egli relativizzava unโenorme mole di regole giuridico-religiose che nella Mishnah del 200 d.C. e nei due Talmud, babilonese e gerosolimitano dei sec. V-VII, andranno a formare dei trattati di notevole spessore.
Lo scriba รจ consapevole della negazione dialettica presente in Os 6,6: ยซVoglio โlโamore/แธฅesedโ e non โsacrifici/zebaแธฅโยป. Il che significa non tanto lโabolizione di qualsiasi tipo di sacrifici cultuali e di liturgie comunitarie, quanto la preminenza dellโamore personale che implica il dono esistenziale di sรฉ rispetto allโofferta di realtร che rimangono in ogni caso esteriori alla propria persona. In questo caso si relativizza, senza negarla, la seconda realtร , per sottolineare con forza la primazia della prima.
Si confronti, in posizione opposta, ยซNon sono venuto tanto a chiamare i giusti, quanto i peccatoriยป (Mc 2,17; Lc 4,32 aggiunge: ยซa conversioneยป).
La Torah รจ ricca di insegnamenti che hanno potuto costituire il sostrato sul quale ha avuto modo di crescere la consapevolezza dello scriba. ยซIl Signore gradisce forse i sacrifici?ยป, si chiede Samuele, che prosegue nel suo severo monito a Saul per lโazione che gli costerร il trono e la vita: ยซObbedire รจ meglio dei sacrificiยป (1Sam 15,22). ยซTu non gradisci il sacrificio, se offro olocausti, tu non li accettiยป, deve riconoscere con atteggiamento penitente il salmista.
ยซBada ai tuoi passi quando ti rechi alla casa di Dio. Avvicinati per ascoltare piuttosto che offrire sacrifici, come fanno gli stolti, i quali non sanno di fare del maleยป, ammonisce da parte sua il saggio realista Qoรจlet. ยซPraticare la giustizia e lโequitร per il Signore vale piรน di un sacrificioยป, sentenzia invece Pr 21,3.
ยซCosa gradita al Signore รจ tenersi lontano dalla malvagitร , sacrificio di espiazione รจ tenersi lontano dallโingiustiziaยป, ricorda il libro del Siracide (Sir 35,5). Cโera addirittura chi sacrificava servendosi dei beni sottratti ai poveriโฆ ยซSacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveriยป, si trova cosรฌ costretto a denunciare lโโinfanticidioโ il sapiente (Sir 34,24).
Reciso รจ YHWH secondo Ger 6,20: ยซโฆ I vostri olocausti non mi sono graditi, non mi piacciono i vostri sacrificiยป.
Lo scriba del Vangelo di Marco che risponde in quel modo a Gesรน, โsaggiamente/con profonditร di comprensione/โavendo menteโ/nounechลsโ, non รจ lontano dal Regno, dal pensiero di Gesรน e dalla sua offerta di vita.
Lo scriba ben istruito e onesto intellettualmente รจ sulla buona strada.
Ha giร riconosciuto che la Torah ha attuato un bel ribaltamento di valori.
Gli manca solo un ultimo passettinoโฆ
Essere ribaltato da Gesรน.
Commento a cura di padre Roberto Mela scj – Fonte del commento: Settimana News
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO โ Anno B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 4 novembre 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Verde
- Dt 6, 2-6; Sal 17; Eb 7, 23-28; Mc 12, 28-34
Vendi quello che hai e seguimi.
Mc 12, 28-34
Dal Vangelo secondoย Marco
28Allora si avvicinรฒ a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandรฒ: ยซQual รจ il primo di tutti i comandamenti?ยป. 29Gesรน rispose: ยซIl primo รจ: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio รจ lโunico Signore; 30amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo รจ questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non cโรจ altro comandamento piรน grande di questiยป. 32Lo scriba gli disse: ยซHai detto bene, Maestro, e secondo veritร , che Egli รจ unico e non vi รจ altri allโinfuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore, con tutta lโintelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale piรน di tutti gli olocausti e i sacrificiยป. 34Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesรน gli disse: ยซNon sei lontano dal regno di Dioยป. E nessuno aveva piรน il coraggio di interrogarlo.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 04 – 10 Novembre 2018
- Tempo Ordinario XXXI
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 3
Fonte: LaSacraBibbia.net
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