Commento al Vangelo del 4 luglio 2010 – Paolo Curtaz

Data:

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4 luglio 2010
XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Is 66,10-14 / Sal 65 / Gal 6,14-18 / Lc 10,1-12 .17-20 (forma breve: Lc 10,1-9)

Dio ha un sogno: svelare ad ogni uomo il tesoro nascosto nel campo, far scoprire ad ogni persona la propria dignitร , il proprio carisma da mettere a servizio del Regno, manifestarsi ad ognuno come il Dio della misericordia e della consolazione. Ma Dio non vuole salvare il mondo senza di noi, non ci tratta come burattini, vuole, desidera, chiede al nuovo Israele, ai settantadue discepoli protagonisti del Vangelo di oggi, a noi, di diventare discepoli, narratori di Dio. Senza fanatismi, senza scorciatoie o nostalgie, ricercando una piena e matura umanitร , il Signore ci chiede di costruire la Chiesa.

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Professionisti

Pensavo fosse chiaro a tutti, ma cosรฌ non รจ.

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Quando uso l’usurato termine “Chiesa”, spontaneamente la stragrande maggioranza di noi pensa al proprio parroco, o al Papa, o ai Vescovi o a chissร  che. Questa distinzione in cristiani di prima e seconda classe รจ durissima a morire e non รจ bastato un Concilio per farci entrare nella corretta prospettiva biblica. Ogni discepolo fa parte della Chiesa, ad ognuno รจ affidato il Vangelo da vivere e da annunciare, secondo il proprio carisma e il proprio ministero.

Nell’unica Chiesa ci sono fratelli chiamati a costruire comunitร , altri a conservare il deposito della fede, altri a manifestare in coppia l’amore che Cristo ha per la Chiesa, altri a vivere la continenza per il Regno. Ma ad ognuno, lo ripeto, รจ affidato l’annuncio.

Peggio

I nostri paesi di tradizione cristiana rischiano di sedersi sugli allori, di confondere la cultura cristiana con l’appartenenza a Cristo. รˆ bello che il nostro paese senta ancora una forte appartenenza ai valori cristiani (almeno a certi valori), ma questo non significa incontrare Dio.

Quant’รจ difficile annunciare Cristo ai cristiani! Sanno giร  tutto!

Chi annuncia la speranza del Vangelo all’ottanta per cento dei battezzati che non celebra la presenza del Risorto ogni settimana? Chi consola, scuote, incoraggia, ascolta i tantissimi che credono di credere? Tu, amico, lettore.

Stile

Questa รจ la sfida: far uscire Dio dalle chiese, riportarlo lร  dove aveva deciso di vivere, tra la gente. Strapparlo dagli angusti abiti del sacro in cui l’abbiamo relegato per farlo infine tornare in quella umanitร  che aveva deciso di assumere. Gesรน ci indica con precisione lo stile e la modalitร  di questo annuncio, lo stile da assumere.

I discepoli sono mandati a due a due, precedendo il Signore.

Non dobbiamo convertire nessuno: รจ Dio che converte, รจ lui che abita i cuori. A noi, solo, il compito di preparargli la strada. In coppia veniamo mandati: l’annuncio non รจ atteggiamento carismatico di qualche guru, ma dimensione di comunitร  che si costruisce, fatica nello stare insieme. L’annuncio รจ fecondato dalla preghiera: perchรฉ non diventare silenziosi terroristi di bene, seminando benedizioni e preghiere segrete lร  dove lavoriamo? Affidando al Signore, invece di giudicare?

Il Signore ci chiede di andare senza troppi mezzi, usando gli strumenti sempre e solo come strumenti, andando all’essenziale. Lo so, amiche catechiste: il corso di nuoto o la settimana bianca sono mille volte piรน attraenti della vostra stentata ora di catechismo. Ma voi avete una cosa che a nessun allenatore รจ chiesta: l’amore verso i vostri ragazzi.

Il Signore ci chiede di portare la pace, di essere persone tolleranti, pacificate. Nessuno puรฒ portare Dio con la supponenza e la forza, l’arroganza dell’annuncio ci allontana da Dio in maniera definitiva.

Infine il Signore ci chiede di restare, di dimorare, di condividere con autenticitร . Noi non siamo diversi, non siamo a parte: la fatica, l’ansia, i dubbi, le gioie e le speranze dei nostri fratelli uomini sono proprio le nostre, esattamente le nostre.

Gioite!

รˆ faticoso e crocifiggente, lo so. Lo sa anche Paolo che, pur convertendo il bacino del Mediterraneo, sente tutto il limite del suo carattere. Ma, come Isaia, siamo chiamati a incoraggiare gli esiliati di ritorno da Babilonia, a volare alto, a sognare in grande, a costruire il sogno di Dio che รจ la Chiesa. E pazienza per i risultati che mancano: รจ un’epoca di profezia, la nostra.

Smettiamola di restare impantanati nella routine, superiamo le paure del mondo, non valutiamo i risultati come un’azienda del sacro: gioiamo amici, i nostri nomi sono scritti nei cieli, Dio giร  colma i nostri cuori e ci affida il Regno.

Paolo Curtaz

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