Commento al Vangelo del 3 febbraio 2015, Candelora – don Antonello Iapicca

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Mc 5, 21-43
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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Il lembo che ci salva

 

Il flusso del sangue è, nella Bibbia, vita che si perde e morte che lambisce l’esistenza. Per questo l’emorragia rendeva impuri, impedendo il culto, e quindi la relazione con Dio e con il prossimo, come un anticipo dell’inferno. Non ci stiamo dentro anche noi, soli, dopo aver “dilapidato ogni avere” rincorrendo una pienezza e una pace mai trovate. Forse oggi, con pochissima vita dentro come l’emorroissa, stiamo “peggiorando”, perché l’emorragia ci ha prosciugato la forza per perdonare e chiedere perdono, per amare e donarci. Ma il Signore è vicino a noi e passa beneficandosi tratta semplicemente di raggiungerlo e toccarlo, perché forse non lo abbiamo mai fatto. Da piccoli chissà, al catechismo, ma poi la scuola, gli amici, i giornali, ci hanno succhiato il sangue con ideologie e ragionamenti, e abbiamo creduto che ce l’avremmo fatta molto meglio da soli, senza preti e tabù. O forse in Chiesa ci siamo rimasti, toccando Cristo con una mano, mentre con l’altra abbracciavamo il mondo, consegnandogli la vita reale di ogni giorno. Comunque sia, di fronte alla sofferenza ci siamo accorti di non avere forza e risposte, perché dentro non abbiamo vita eterna, più forte della morte. Sino ad oggi, infatti, abbiamo toccato Gesù come “la folla”, superficialmente. Diversamente dall’emorroissa. Per lei toccare il lembo del mantello di Cristo era questione di vita o di morte. Così si avvicina umile ma con audacia, sa che deve rischiare il tutto per tutto, e lo tocca con la mano che è la carne offerta al suo dolore e alla sua impotenza. Impura tocca il puro, infrangendo la legge. Per questo Gesù si accorge di lei: “Chi mi ha toccato?”, chi mi ha attirato dentro alla sua impurità? Ecco, questo significa toccare davvero Cristo: attirarlo dentro di sé, sino al fondo dei propri peccati, perché li distrugga nel perdono. Solo così si può guarire davvero, essere cioè “salvati”. Solo se Cristo scende nel nostro intimo può arrestare alla fonte il flusso di morte che ci avvelena la vita. Ma essa “è solo addormentata, non è morta!”. Nulla di quanto speravamo e desideravamo è destinato alla corruzione; tutto si addormenta nella debolezza della carne per risvegliarsi e trasfigurarsi nell’incontro con Cristo. Lui cerca la debolezza, l’inutilità, la povertà, i peccati, quello che nessuno vuole. Per questo è l’unico che ci ama davvero. Coraggio allora, tocchiamo il lembo del suo mantello. Come? Ascoltando la sua Parola, di cui sono immagine i filatteri che pendevano dal lembo del mantello di un rabbì; e accostandoci ai sacramenti, nei quali il flusso dei nostri peccati può raggiungere Cristo perché da Lui esca la “potenza” che ci risuscita.

Fonte

Don Antonello Iapicca
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761-8078 Takamatsu
JAPAN

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