Commento al Vangelo del 27 Agosto 2023 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

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TU SEI IL CRISTO

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – MATTEO 16,13-20

In quel tempo 13. Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».

La liturgia odierna ci presenta la professione di fede di Pietro, punto di riferimento della nuova comunità dei discepoli di Cristo. Il brano si colloca prima del racconto della Trasfigurazione, nel momento in cui Gesù getta le basi per la sua Chiesa in modo che la sua missione sia continuata dai discepoli, dopo la sua passione, morte, risurrezione.

Gesù si trova nella regione di Cesarea di Filippo, vicino alle sorgenti del Giordano, ai piedi del versante meridionale del monte Hermon. Anticamente vi sorgeva il tempio del dio pagano Pan, per cui la città si chiamava Panion. Successivamente Filippo, figlio di Erode, la chiamò Cesarea, in onore di Cesare Augusto.

Gesù sceglie Cesarea di Filippo per essere riconosciuto come il vero Figlio di Dio, al posto dei falsi dei pagani e degli imperatori romani, considerati di origine divina. Si autodefinisce anche con il titolo di “Figlio dell’uomo”, in collegamento con la profezia di Daniele 7,13-14.

Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».

I discepoli riferiscono che il popolo riteneva Gesù come Giovanni Battista risuscitato (cfr. Erode Antipa in Matteo 14,1) dal momento che il suo comportamento era molto sobrio e viveva predicando. Altri paragonavano Gesù ad Elia in quanto si aspettavano il suo ritorno perché era salito al cielo in modo miracoloso (2 Re 2,11). Altri ancora ritenevano che fosse Geremia, profeta perseguitato (Geremia 7,26 e Matteo 23,29-24,2).

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».

Gesù utilizza il metodo pedagogico delle domande per far crescere i suoi discepoli. Chiede loro di rispondere apertamente su quale importanza Egli abbia nella loro vita.

L’interrogativo di Gesù scandaglia in profondità il senso del rapporto con Lui; mette in moto una ricerca personale. Non basta più una risposta preconfezionata, da manuale. Bisogna uscire dal conoscere intellettivo o nozionistico ed entrare nella sfera dell’esperienza.

Gesù chiede ai discepoli di tutti i tempi se Egli è davvero così importante tanto da dare la vita per Lui.

Di fronte a Gesù siamo chiamati a prendere posizione e a pronunciare la nostra professione di fede. Stare con Lui, vivere di Lui deve essere un’esperienza che ci coinvolge profondamente, tanto che senza di Lui nulla ha senso per noi: «Prima di conoscere te io non esistevo» (Ilario di Poitiers).

Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Pietro ha condiviso la vita con Gesù ed ora lo proclama come Cristo, cioè Messia (equivalente greco del termine ebraico). Si espone e, a nome di tutti, proclama che Egli è il Salvatore, l’Unto, cioè il consacrato del Signore, venuto dalla discendenza di Davide e atteso da tutto il popolo di Israele. Esprimersi in questo modo era pericoloso e Gesù stesso non voleva manifestarsi in quanto tale prima del tempo, a causa delle persecuzioni che sapeva di dover subire. L’attesa politica del Messia liberatore provocava attese che non corrispondevano al messaggio di Gesù.

“Figlio del Dio vivente” è una proclamazione ancora più elevata, più spirituale e divina, che esula dal significato politico del primo termine.

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.

Certe intuizioni non vengono dalla conoscenza umana, ma sono opera di Dio, per mezzo del suo Spirito. È per questo che Pietro viene acclamato da Gesù con il titolo di “beato”, destinatario, cioè di una rivelazione ricevuta dall’alto.

E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

Dal passo del Vangelo di Matteo 10,2 sappiamo che Pietro è il nuovo nome di Simone, forse per il fatto che il suo carattere forte lo rendeva affidabile, come una roccia. Utilizzando il gioco di parole tra “Pietro” e “pietra”, che in ebraico sono simili, Gesù afferma che sarà Pietro la roccia, il fondamento della Chiesa e sarà così forte che nulla prevarrà contro di essa, né imperi umani, né potenze demoniache presenti nel mondo invisibile e sotterraneo.

A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

L’espressione di Gesù è un richiamo ad Isaia 22,20-25 in cui si parla dell’insediamento di Eliakim come portiere del palazzo reale. Il compito di aprire e chiudere le porte gli conferiva poteri molto importanti e incontestabili.

Pietro (e poi tutta la comunità, come si evince da Matteo 18,18) ha il potere di stabilire regole, di concedere deroghe, di ammettere persone nella comunità cristiana, di estromettere i cattivi testimoni o coloro che scandalizzano.

Dio stesso appoggerà le decisioni di Pietro (dei suoi successori e di tutta la comunità) e le ratificherà.

Anche a ciascuno di noi è chiesto di essere solida roccia sulla quale può appoggiarsi chi sta per cadere, chi ha paura, chi è provato dalla vita.

Anche noi siamo chiamati ad essere chiavi che aprono, testimoni che permettono alle persone di entrare nel mistero di Dio per incontrarlo.

Non dobbiamo impedire a nessuno di entrare nel Regno dei Cieli: non chiavi che bloccano la porta, ma che la spalancano a Cristo Signore.

  • Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Gesù ordina ai suoi discepoli di tacere per non essere frainteso nel suo ruolo di messia spirituale. Non è ancora giunto il tempo della sua manifestazione. La sua gloria non passa attraverso il potere, ma attraverso la sofferenza, la passione, la morte. Infatti, verrà riconosciuto come Cristo solo nel momento del sacrificio supremo sulla croce.

Chiediamo allo Spirito Santo la grazia di riconoscere che Gesù è il Figlio del Dio vivente per diventare suoi testimoni convinti e credibili.

Saremo rocce solide, chiavi che aprono, annuncio gioioso che Cristo ci ha trasformato la vita e ci ha regalato il Cielo, non per nostro merito, ma per la sua grande misericordia.

Rivolgiamogli la nostra dichiarazione di fede: “Tu sei il respiro della mia vita, Tu sei la forza delle mie deboli membra, Tu sei il sorriso del mio volto stanco, Tu sei il battito del mio cuore smarrito, Tu sei la salute del mio corpo malato, Tu sei la speranza nella mia disperazione, Tu sei il conforto nel mio fallimento, Tu sei unica gioia nel mio incedere triste, Tu sei eternità oltre la mia morte, Tu sei Tutto per me”.

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TU SEI IL CRISTO XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – MATTEO 16,13-20 …

Suor Emanuela Biasiolo delle Piccole Suore della Sacra Famiglia