Commento al Vangelo del 23 dicembre 2018 – Wilma Chasseur

BEATA E BENEDETTA

L’Avvento è tempo propizio per meditare su Maria. Questa fanciulla straordinaria che, dopo l’annuncio dell’Angelo, si affretta ad andare da Elisabetta, percorrendo nientemeno che 150 chilometri, distanza che separava Nazareth dalla città di Giuda – l’attuale Ain Karim – dove viveva Elisabetta, per annunciarle la buona novella. E’ la prima visita e il primo viaggio importante di Gesù che ha già iniziato la sua esistenza, esistenza storica chiaramente perché quella eterna c’è sempre stata. Dio vive già sulla terra in quel piccolo bimbo che cresce silenziosamente nel seno di Maria. Ed ella non fa altro che la volontà del Signore nel seguire l’impulso di andare da Elisabetta a comunicarle la buona novella.

L’annuncio di Maria

E’ il primo annuncio fatto da Maria. “Ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo” e capì subito che in Maria e per Maria era Gesù stesso che incontrava. Ed esclamò a gran voce: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”. Nel cuore di Elisabetta c’era dunque già la certezza non solo che il Signore era presente in Maria, ma anche che era l’autore di questo incontro. E terminò dicendo: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. Frase ispirata fra tutte, nella quale si congiungono l’Antica e la Nuova Alleanza. Già Abramo infatti, quasi duemila anni prima, aveva creduto che la sua discendenza sarebbe stata “numerosa come le stelle del cielo” (Genesi 1,5), proprio quando lui non poteva avere discendenti suoi perché Sara era sterile. Aveva creduto dunque nella sola parola del Signore, perché la promessa di una discendenza sua era umanamente irrealizzabile. Ma la fede di Maria supera anche quella di Abramo e va infinitamente oltre il ragionevole.
Chiediamo dunque a Lei, piena di fede e piena di grazia, la docilità allo Spirito Santo. A Lei che non è mai stata, neanche per una frazione di secondo, sotto il potere del nemico e in balia di cattive ispirazioni. Chiediamole la grazia di diventare un po’ più come Lei “zolla innocente, fiorita e profumata aiuola nell’immensa palude dell’umanità” (Paolo VI ).

Ravvivare la speranza

Scriveva Paul Evdokimov: “Il mondo è sempre più un mondo senza Dio, perché è un mondo senza Madre, quindi Dio non vi può nascere”. E quindi non c’è più neanche il Natale! Infatti la società attuale sta snaturando il Natale: non è più celebrato secondo il suo significato etimologico come nascita di qualcuno, ma solo come festa delle luminarie, delle baldorie, dell’assalto alle vetrine, dove il festeggiato è sempre più assente, anzi, non si sa neanche più che ci sia o chi sia. Si festeggia, ma non c’è nessun festeggiato, come diceva il cardinal Biffi.
Eppure quel nascituro ha spaccato la Storia in due: prima di Lui e dopo di Lui.

Chiediamo dunque a Maria di ravvivare la nostra speranza per portarla nel mondo intero. C’è tanto pessimismo nei cuori, paure, ansie, e questo non edifica un mondo nuovo, ma spegne la speranza e inaridisce l’anima. Facciamoci portatori di speranza e di pace. Scriveva Charles Pèguy: “La fede che preferisco – dice Dio – è la speranza”.

L’atteggiamento specifico dei cristiani deve essere la speranza, cioè la certezza che Lui è con noi, cammina con noi e ci conduce per mano. Come dice questa bella poesia di cui non ricordo l’autore: “Possa la strada venirti incontro, possa Dio tenerti sul palmo della mano fino al prossimo incontro. Al termine della via, non c’è la via, ma il traguardo; al termine dell’inverno, non c’è l’inverno, ma la primavera, al termine della morte non c’è la morte, ma la vita”.

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