Commento al Vangelo del 21 agosto 2016 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 21 agosto 2016 (il brano del Vangelo è a fine articolo) XXI Domenica del Tempo Ordinario, a cura di Paolo Curtaz.

Evviva

Brucia, Cristo.

E la fede ci divora come un fuoco, ci illumina come una torcia, ci scalda l’anima.

Brucia.

Brucia d’amore, però. È bene ribadirlo in questi tempi in cui qualcuno brandisce la fede per uccidere, impone le proprie idee, anche religiose, fanatico credente che incanala tutte le proprie frustrazioni in una causa che crede santa.

E noi discepoli siamo chiamati a lasciarci ardere.

Senza spaventarci, ma restando prudenti.

Senza contrapporre fanatismo a fanatismo, ma senza lasciarci annientare.

Brandendo alta la fiaccola della fede, di Cristo, del vangelo che libera l’uomo, non lo rende schiavo o sottomesso.

In questa Europa spaesata e divisa, rinchiusa su se stessa, stordita e pusillanime, il sacrificio dei nuovi martiri è lì a dirci, ancora una volta, che martire è chi preferisce Cristo alla propria vita, chi preferisce morire a rinnegare il Vangelo. Non è martire chi uccide, figuriamoci.

Come padre Jacques, che certo non pensava, celebrando la messa feriale in una chiesa mezza vuota d’estate, di dare la vita a Cristo a ottant’anni. Ma lui la vita gliel’aveva donata il giorno del suo sacerdozio.

E noi tiepidi cristiani dovremmo sobbalzare a queste notizie.

Non d’orrore, ma di stupore. Di questo Dio che rende forti gli inermi.

Ed essere più credenti, più veri, più saldi.

Molti, in questo momento vorrebbero chiudersi dentro le roccaforti, respingendo un nemico astuto ed aggressivo, che fa leva sui nostri fantasmi e sulla nostra lunga astinenza alle guerre.

Isaia, invece, ci invita ad allargare le tende, a fare davvero del nostro messaggio un messaggio cattolico, cioè universale. Perché Dio chiama tutti a convertirsi al suo vero volto di misericordia.

Noi cattolici di vecchia data, anzitutto.

Ma ogni uomo, anche gli islamici. Che scoprano di essere figli, non sottomessi.

[ads2]E gli altri?

“Sono molti quelli che si salvano?”

Il devoto fedele che pone la domanda, evidentemente mettendosi tra il gruppo dei salvati, non sa in quale vespaio si è cacciato. È la tentazione di sempre: sapere se siamo in regola o no, se i punti accumulati per la promozione sono sufficienti a ricevere il premio, se – insomma – possiamo stare al sicuro, se il posto in Paradiso è prenotato.

E se un Papa venuto dai confini del mondo ci rammenta che il vangelo non è così, non rilascia patenti, non garantisce salvezza a suon di meriti, apriti cielo! Certo: togliere i confini ci destabilizza.

Ma ci rende liberi di seguire il Maestro sul serio.

Colui che non ha dove posare il capo.

Sono in regola

È la tentazione che colpisce noi discepoli, noi cattolici di lungo corso, quando smarriamo la dimensione dell’attesa (ricordate?), l’ansia del discepolato, quando crediamo che le mura della città siano talmente robuste da non necessitare, in fondo, della veglia della sentinella.

Colpisce come un cancro noi discepoli, quando, dopo una strepitosa e travolgente esperienza di Dio, sentiamo d’improvviso di essere entrati in un gruppo a parte, e guardiamo con sufficienza “gli altri”, quelli che non capiscono, che non conoscono, quelli che hanno fatto altri percorsi di Chiesa, quelli che la domenica, a Messa, si annoiano e non colgono la dimensione dell’interiorità, quelli che, fuori, non capiscono e ci attaccano, ci insultano, ci offendono, ci giudicano, ci attaccano.

A noi, oggi, Dio rivolge la sua urticante Parola.

Mantenere la vita di fede necessita di uno sforzo, dice il Signore, occorre passare per una porta stretta.

Nelle città fortificate c’era sempre la porta principale, sprangata durante la notte e sorvegliata. E una più piccola, ascosta, conosciuta solo ai cittadini, per le sortite notturne.

La strada stretta del vangelo non ha a che fare col sacrificio o la penitenza, ma con la diversità.

Tutti seguono il flusso, senza porsi problemi, lasciando ad altri la fatica del pensare.

Noi no.

Pensiamo, prima di agire. E preghiamo. E amiamo.

E il vangelo, sempre, resta l’ultimo criterio di giudizio, anche se non l’unico.

Fatica

La vita è fatta di alti e bassi, di momenti esaltanti e di fatiche immani, ma non esiste altro modo per vivere.

La lettera agli ebrei ci dice che possiamo vivere i momenti bui e faticosi come un’opportunità di conversione, per guardare all’essenziale. La prova è opportunità: possiamo ripiegarci su noi stessi e spegnerci o entrare più in profondità e scoprire il volto di Dio. La prova può diventare l’opportunità per una conversione, per una correzione di rotta, anche se mentre si vive se ne farebbe volentieri a meno.

Il Vangelo è esigente, ovvio.

Non severo o difficile, ma autentico e impegnativo, come lo è salire su una montagna o affrontare una prova sportiva.

Il nostro mondo tende a semplificare la vita, ad appianare le difficoltà.

Bene, ottimo.

Ma non sempre funziona.

Disabituati alla lotta, troppi, oggi, gettano la spugna alla prima difficoltà, sul lavoro come nel rapporto di coppia.

Gesù ci ammonisce: per farsi trovare da Dio e restare nella sua luce bisogna faticare, lottare, non ci sono scorciatoie. Passare per una porta stretta.

Tutta la vita per diventare cristiani

Ci vuole tutta la vita per diventare cristiani, tutta la vita per diventare uomini, tutta la vita per liberarci dai troppi condizionamenti che ci impediscono di cogliere l’assoluto di Dio in noi.

Attenti, allora, al rischio dell’abitudine, al modo più triste di essere cristiani, che è quello di credere di credere, di confondere la propria sensibilità, il proprio stile di preghiera, la propria esperienza in un gruppo con l’unico modo di essere cristiani.

Avremo delle sorprese, ammonisce il Signore.

Persone che giudichiamo lontane da Dio, persone che in cuor nostro devotamente giudichiamo come peccatori e lontani da Dio, li vedremo a mensa col Signore. Perché l’uomo guarda l’apparenza, Dio guarda il cuore. Animo, amici, Dio ci vuole bene e ci prende sul serio, ci scuote se necessario, ci invita, ora e sempre a diventare veramente discepoli secondo il suo cuore.

Proprio perché ci ama ci corregge, invitandoci a superare la tentazione del sentirci arrivati.

Evviva.

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XXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc 13, 22-30
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 21 – 27 Agosto 2016
  • Tempo Ordinario XXI, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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