Commento al Vangelo del 19 Maggio 2019 – don Tonino Lasconi

Il Paradiso è un cantiere aperto

Non cerchiamo il Paradiso sulle nuvole. Costruiamolo!

È bellissima la città che l’apostolo Giovanni vede e descrive. Bellissima e consolante, perché è ciò che desideriamo e cerchiamo: niente lacrime, niente lamenti e affanni, e soprattutto non più la morte. Bellissima e consolante. Ma dove l’ha vista? Dove sta? Dove la immaginiamo noi, chiamandola Paradiso, in alto, sopra le nuvole, anzi, più in su di dove arrivano gli occhi dei mega telescopi?
E oltre che lassù, questa città bellissima e consolante è davvero per dopo?

La nostra fantasia può immaginarla lassù e per dopo, ma in realtà essa non sta lassù e non è per dopo, ma è quaggiù, dentro la nostra città terrena, adesso. È come il bimbo nel grembo della madre: la sua vita piena arriverà, ma è già lì. È come il chicco di grano nel terreno: la spiga matura arriverà, ma è già lì.

Questa città, che chiamiamo “paradiso”, non dobbiamo sognarla o aspettarla. Dobbiamo costruirla, giorno per giorno, con il comandamento “nuovo”: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Questo è il materiale che giorno dopo giorno porta avanti il cantiere sempre aperto per la costruzione della città nuova. Ogni lacrima asciugata, ogni affanno alleviato, ogni lamento consolato, ogni morte allontanata o alleviata nel suo strazio è materiale che tira su le mura della città nuova.

Questa è la fede cristiana e questa è la vita cristiana. La fede in questa città che si costruisce con l’amore reciproco e per tutti, nonostante le frane dell’egoismo, della violenza, dell’odio, della meschinità tentino di impedirne i lavori, apre i polmoni e incoraggia il cuore. La vita cristiana vissuta come quotidiana costruzione del paradiso spazza via la sensazione che il vangelo sia un reticolato di no che intristisce la città terrena.

E la comunità cristiana – sia parrocchia, sia associazione, sia gruppo, sia famiglia – abbandona l’immagine poco incoraggiante di gente devota e mesta più propensa a guardare indietro, a ciò che c’è stato, che verso quello che sta avvenendo. È così che può riacquistare il dinamismo della Chiesa degli Atti, dove Paolo e Barnaba visitano le comunità, incoraggiano i fedeli, prendono le decisioni necessarie, raccontano e condividono con la Chiesa «tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede».

Come si riconoscono gli operai del cantiere “paradiso”? Non hanno bisogno di nessuna casacca o gilet. L’unico segno di riconoscimento lo ha stabilito Gesù: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
Riusciamo immaginare quanto sono necessari in una società sempre più rissosa e arrabbiata questi silenziosi operai del cantiere “paradiso”?

Allora, cosa aspettiamo per entrare e partecipare?

Fonte: Paoline

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