Commento al Vangelo del 11 marzo 2018 – Monastero Matris Domini

Collocazione del brano

Continua il nostro cammino quaresimale con l’aiuto dell’evangelista Giovanni. In questa domenica ci viene proposta la continuazione del dialogo con Nicodemo, un membro del Sinedrio che va da Gesù di notte per parlare con Lui e comprendere meglio il suo messaggio. Dopo il loro dialogo, il capitolo 3 continua con un discorso di Gesù riguardante la salvezza degli uomini grazie all’innalzamento del Figlio.

Ritroviamo qui alcuni elementi del Prologo di Giovanni: la luce, il rifiuto di credere, la partecipazione alla vita divina. Il Figlio manifesta ciò che muove Dio, il suo amore assoluto, e l’importanza decisiva della scelta di ciascuno, ciò che ci muove, e la nostra responsabilità.

In quel tempo Gesù disse a Nicodemo: 14 «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,

Nel versetto precedente leggiamo che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo e dunque egli è il “luogo” in cui avviene la rivelazione di Dio. Venendo da Dio, il Figlio ne possiede l’autorità ed essendosi fatto uomo può comunicare agli uomini le parole di Dio. Simmetricamente nel v. 14 si afferma che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato. E’ chiaro il riferimento alla morte in croce. Però per Giovanni la morte in croce è già una glorificazione. La croce porta già in sé la gloria della resurrezione e quella finale, escatologica. L’elevazione del Figlio dell’uomo sulla croce simboleggia in senso forte l’elevazione nella gloria. Quindi la croce è il segno della salvezza, come un tempo lo fu il serpente innalzato da Mosé (vedi Numeri 21; Sapienza 16,7).

15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

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Vi è una condizione per avere la vita, ossia il credere. Credere nel Figlio di Dio, il Figlio innalzato sulla croce. Come gli Israeliti dovevano guardare il serpente di bronzo per essere salvi, così ora si deve guardare, cioècredere in Gesù per avere la vita.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

L’evangelista ripercorre ora il disegno di salvezza a partire dalle sue origini, ossia l’amore di Dio. L’affermazione Dio ama il mondo è tipica della prima parte del vangelo di Giovanni (dal cap. 13 sarà sostituita dall’amore del Padre verso i discepoli). All’origine del piano di salvezza e del ruolo del Figlio sta Dio e il suo amore per il mondo. Il mondo in Giovanni ha due significati: indica tutta l’umanità che ha bisogno di essere salvata, oppure è riferito a quanti si oppongono alla luce divina.

Il Figlio unigenito è un riferimento a Gn 22, ad Abramo ed Isacco, il figlio unico e diletto. Dio dona il Figlio; l’affermazione non si riferisce solo alla morte in croce, ma a tutta la missione del Figlio nel mondo. In questo modo appare chiaramente che Gesù è colui che rivela il Padre e mette l’umanità in grado di comunicare con Dio.

17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Giovanni ora ripresenta il tema del versetto precedente e parla dell’invio (ha mandato) del Figlio per la salvezza: Dio vuole che tutta l’umanità partecipi della sua stessa vita. Il verbo giudicare viene qui utilizzato proprio nel senso di condanna.

In Gv 12,47 ritroveremo l’affermazione sulle labbra di Gesù: “Non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvare il mondo”, al contrario in Gv 5,22 afferma che il Padre: “non giudica alcuno” perché “ha rimesso interamente il giudizio al Figlio”. Le affermazioni non sono in contraddizione in quanto il giudizio di cui si parla non è l’esercizio di un potere che Gesù attua sull’uomo, che resterebbe un oggetto passivo. L’Inviato del padre al contrario è una presenza che provoca necessariamente una presa di posizione da parte dell’uomo. E’ da questa scelta che dipende il giudizio: incontrare Colui che rivela il Padre offre la partecipazione alla sua stessa vita, è il punto finale dell’Alleanza.

18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Troviamo qui un ulteriore sviluppo del tema del giudizio collegato alla fede nel Figlio unigenito di Dio. Credere in Gesù significa avere la vita, non credere al contrario è scegliere la morte definitiva. Vediamo qui un richiamo a Dt 30,15-19 in cui la fedeltà alla Legge era la via per giungere alla vita. Mentre il tema del giudizio nella Bibbia in genere è collegato agli ultimi tempi, in Giovanni abbiamo un anticipazione all’oggi Anche di fronte a Gesù la decisione è personale: si tratta di credere all’amore che egli rivela, l’unica opera richiesta per avere la vita è la fede nel Figlio (cfr. Gv 6,29).

Dio dona la vita attraverso il Figlio, chi non aderisce a lui con la fede si autoesclude dalla vita.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.

Negli ultimi tre versetti l’evangelista si sofferma sulla realtà di questo giudizio e sul fatto che gli uomini sembrano preferire le tenebre alla luce; il riferimento è al prologo e ai brani in cui Gesù si definisce “la luce”. Vi è però un elemento nuovo, relativo alle opere. Cosa sono queste opere? Siamo semplicemente su di un piano morale, del comportamento? Si tratta certo dell’agire dell’uomo, agire che però prende sempre le mosse dal credere.

20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Per capire cosa intenda Giovanni per opere facciamo riferimento a un suo altro testo in cui il termine è abbinato alla fede: Gv 6,28-29: “Che cosa dobbiamo fare per operare le opere di Dio?” domandano i giudei e Gesù risponde: “L’opera di Dio è che crediate in Colui che egli ha mandato”. La decisione di fede è l’opera per eccellenza che Dio si aspetta dall’uomo, l’opera è la scelta positiva o negativa che il singolo fa di fronte alla rivelazione offerta dal Figlio di Dio.

Così le opere riguardano la scelta religiosa personale, l’atteggiamento assunto di fronte alla rivelazione fatta ad Israele, alla parola di Dio dell’Antica Alleanza. Chi la rifiuta non può neppure ricevere l’ulteriore rivelazione del Figlio di Dio, Gesù. Naturalmente i giudei sono i primi interessati, ma il testo non esclude tutti gli altri popoli: la luce del Logos, ci ha ricordato il prologo, ha raggiunto tutti.

Meditatio

  1. Cosa provo nel guardare al Crocifisso?
  2. Mi è mai capitato di preferire le tenebre alla luce?
  3. Quando ho praticato opere di bene che dovevano essere esposte alla luce?

Preghiamo

(Orazione della IV domenica di Quaresima anno B)

Dio buono e fedele, che mai ti stanchi di richiamare gli erranti a vera conversione e nel tuo Figlio innalzato sulla croce ci guarisci dai morsi del maligno, donaci la ricchezza della tua grazia, perché rinnovati nello spirito possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

A cura delle Monache dell’Ordine dei Predicatori (domenicane) del Monastero Matris Domini

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
della IV Domenica del Tempo di Quaresima – Anno B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 11 Marzo 2018 anche qui.

Gv 3, 14-21
Dal Vangelo secondo Giovanni

14E come Mosé innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. 16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 11 – 17 Marzo 2018
  • Tempo di Quaresima IV
  • Colore Viola
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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