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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 29 Gennaio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 5, 21-43

Siamo ancora lungo le rive del lago, luogo dei primi tempi della missione di Gesù. In questo passo evangelico Gesù incontra due donne, ambedue in fin di vita: la prima è una ragazzina figlia di un uomo illustre, il capo della sinagoga del luogo; la seconda una donna vicina alla morte e impura per le continue perdite di sangue che da anni la tormentano.

È scritto, infatti, nel libro del Levitico: «La donna che ha un flusso di sangue per molti giorni, o che lo abbia più del normale, sarà impura per tutto il tempo del flusso» (15, 25). Le unisce, inoltre, il numero dodici: dodici anni di dolore e sofferenza per la donna emoroissa e dodici anni di età per la bambina figlia di Giairo. Un numero non casuale.

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Due donne, due espressioni di fede diverse. Nel primo caso è il padre che chiede per la sua figlioletta, che sta morendo, la salvezza. Lo fa apertamente, mentre la folla lo accompagna e lo sostiene. Nel secondo caso una donna che di nascosto cerca di toccare il Signore, certa che in questo modo potrà guarire. Un gesto audace, vista la sua impurità, ma anche pieno di una fiducia sorprendente. Solo il Signore si accorge di lei. Eppure anche questa donna sarà invitata a uscire allo scoperto. Non deve vergognarsi della sua infermità, non deve temere niente da questo Maestro che supera ogni limite imposto dalle leggi di purità.

Gesù lo mostrerà di nuovo subito dopo prendendo per mano la figlia di Giairo ormai morta. Per ambedue ha gesti di tenerezza, chiamando “figlia” la donna con le perdite di sangue e preoccupandosi di dare da mangiare alla bambina restituita ai suoi genitori. Ben oltre la guarigione fisica. Per la loro fede.

Per riflettere

Qualche volte anche noi forse siamo tentati di vergognarci delle nostre malattie e infermità. Eppure non c’è niente di cui temere. Così come non c’è niente che dovrebbe trattenerci dal farci prossimi a colui o colei che soffre. Chi sta soffrendo vicino a noi? Riusciamo a vederlo con occhi di tenerezza?

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

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