Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 26 Dicembre 2021

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Dopo “tre giorni” essi [Maria e Giuseppe] lo ritrovarono nel tempio. Sembra un presagio ed un’anticipazione narrativa della morte di Gesù, da cui dopo tre giorni, fu ritrovato come Risorto. Il ritrovare Gesù dopo averlo perduto fa pensare ad un’autentica rivelazione della sua identità: Gesù è perduto come figlio di Maria e Giuseppe, ma ritrovato come Figlio di Dio: “Perché mi cercavate?”—risponde Gesù a sua madre, sganciandosi dall’autorità paterna e materna—“non sapevate che devo occuparmi delle cose del padre mio?” conclude rivelando se stesso come Figlio di Dio. Alla fine del Vangelo anche le donne che lo avevano lasciato sotto la croce lo sentivano perduto quella mattina che andarono a cercarlo al sepolcro (Lc24, 3). E i due uomini che apparvero in vesti sfolgoranti chiesero loro con lo stesso tono di sorpresa che sentiamo qui a Gesù “Perché cercate tra i morti il vivente?”.

Questo racconto assume un valore prolettico e annuncia, sotto forma di un semplice episodio della vita del Gesù ancora bambino, nella sua prima visita a Gerusalemme per Pasqua, quanto gli accadrà nella seconda e ultima Pasqua, la sua, quando ciò che è perduto sarà ritrovato e ciò che è morto tornerà in vita. (Rosanna Virgili, I Vangeli tradotti e commentati da quattro bibliste)

Per riflettere

Nel Tempio di Gerusalemme, in questo preludio della sua missione salvifica, Gesù associa a sé sua Madre; Ella non sarà più soltanto Colei che lo ha generato, ma la Donna che, con la propria obbedienza al Disegno del Padre, potrà collaborare al mistero della Redenzione. E così Maria, conservando nel suo cuore un evento così carico di significato, giunge ad una nuova dimensione della sua cooperazione alla salvezza. (Papa Giovanni Paolo II, 15 gennaio 1997)

Preghiera finale

Maria, sono tante le volte in cui noi non comprendiamo il disegno di Dio.
Fa’ che l’umiltà e la sofferenza
del tuo non capire le parole di Gesù al tempio
siano di sostegno alla insofferenza, all’orgoglio
e talora alla superbia del nostro non capire.
Medica, con la tua dolcezza e perseveranza,
col tuo silenzio paziente,
la ribellione che spesso accompagna
le nostre riflessioni sulla nostra vita, sulla vita delle comunità e della Chiesa.
Donaci di partecipare al tuo “Sì”
che rimane tale nella più dolorosa oscurità,
nella sofferta incomprensione,
fino al momento della Croce e della Resurrezione.
(Carlo Maria Martini)