Lo voglio
Lโinizio del vangelo di Marco non finisce di stupirci.
Gesรน ha iniziato il suo ministero guarendo un indemoniato nella sinagoga, per ricordare alla sua comunitร , e a noi, che la prima conversione da fare รจ allโinterno della Chiesa che, troppe volte, ha una visione โdemoniacaโ della fede, come di qualcosa che intercetta la vita quotidiana nella visione di un Dio venuto a rovinarci.
Gesรน passa poi dalla sinagoga alla casa di Pietro, guarisce la suocera, perchรฉ la comunitร รจ composta da persone guarite per servire, da peccatori perdonati. Poi dalla casa alla piazza, lร dove Gesรน incontra ogni povertร e la redime.
Qual รจ il segreto della forza interiore di Gesรน? Come riesce a risanare senza farsi travolgere? Rubando tempo al sonno per restare da solo in preghiera in ascolto del Padre.
Il silenzio e lโinterioritร sono essenziali per sopravvivere. Per trovare il coraggio di incontrare tutto quel dolore. Per liberare tutti quei demoni che uccidono.
Il silenzio e lโinterioritร ci sono necessari per non cedere alla disperazione in questo tempo fragile e violento, in un futuro in certo in cui i tamburi di guerra, le mille crisi internazionali arrivano nelle nostre case lasciandoci senza parole e senza speranza. Perciรฒ รจ essenziale il deserto.
Essenziale a Lui, il Signore. E a noi.
Pietro lo raggiunge, irritato, tutti ti cercano!
Come a dire: fatti trovare! Cosa fai qui. perditempo?
Sciocco che sei, Pietro!
Sciocchi noi quando pensiamo di dettare lโagenda a Dio. Di possederlo. Di orientarlo.
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No, Gesรน non tornerร a Cafarnao. Non vuole installarsi. Non vuole appartenere a qualcuno.
Non ha dove posare il capo il Figlio dellโuomo.
Andrร per i villaggi. O cosรฌ vorrebbe. Ma qualcosa urge.
Lebbre
Il primo capitolo del vangelo di Marco finisce con un incontro.
Un incontro che interrompe il progetto del Signore di annunciare la buona notizie in altri villaggi. Come accade anche a noi quando abbiamo tante idee ma poi dobbiamo fare i conti con la realtร . Non sempre positiva.
Un lebbroso si avvicina al Signore, quando avrebbe dovuto tenersene a distanza.
La lebbra รจ una malattia della povertร . Malattia che ti fa marcire la carne addosso. Malattia che ti rende solo. Che azzera gli incontri, che impedisce gli abbracci.
Una malattia vista, dai contemporanei, come una punizione divina. Che suscita ribrezzo negli sguardi e giudizio e condanna inappellabile.
Si butta in ginocchio il lebbroso. Dovrebbe stare lontano da una persona sana. Ma il dolore rende ciechi e folli. Chiede di essere purificato, non guarito. Di vedere cadere il marcio che gli attanaglia le carni e lโanima. Anni di rabbia, di umiliazione, di ribellione. Di sensi di colpa, di giri di testa, di bestemmie verso un destino cinico e baro.
Chiede di essere purificato. Che รจ ben piรน di essere guarito. Chiede un cambiamento prodono di sรฉ, chiede di tornare ad essere o di diventare quel capolavoro che Dio ha in mente. Di togliergli da dosso ogni pensiero, azione, giudizio, emozione che imputridiscono e fiaccano.
Gesรน lo vede e, cosรฌ scrive Marco/Pietro, si arrabbia (non cโรจ compassione come scritto nei nostri testi). Si arrabbia verso lโopera del male, verso la discriminazione che ha fatto di un ammalato un maledetto e un escluso. Non ama il dolore, Dio. Non ama la sofferneza.
Si arrabbia e agisce: lo tocca. Non resta contagiato, ma contagia il lebbroso con la sua energia divina, con la sua anima di luce e di pace.
Rivela al lebbroso e a noi: Dio vuole che siamo guariti, purificati. Dio vuole che rinasciamo. Dio non ama dolore e sofferenza. La malattia non รจ destinazione ultima.
ร guarito il lebbroso. La sua pelle risorge.
Questo รจ il Dio che Gesรน vive e racconta: un Dio che vuole la nostra salvezza, un Dio felice che ci vuole felici. Ma accade qualcosa di strano.
Taci
Con veemenza il Maestro chiede al lebbroso guarito di tacere, di rientrare in se stesso, di accogliere questa purificazione come opportunitร , senza disperdersi. E di andare dai sacerdoti a verificare lโavvenuta guarigione: davanti al miracolo capiranno? O, come vedremo nei successivi capitoli, chiuderanno il loro cuore?
Ma la gioia รจ troppa. E non riesce a tacere. Racconta il fatto. Letteralmente cโรจ scritto che racconta la parola al punto che la fama di Gesรน si diffonde ovunque.
Come la suocera di Pietro, guarita per servire, il lebbroso รจ purificato per annunciare.
Questi siamo noi: guariti per servire, guariti per raccontare.
Tanto piรน credibili perchรฉ portiamo sulla nostra carne i segni della malattia che ha sconvolto le nostre vite. Gesรน รจ venuto a guarire gli ammalati, coloro che riconoscono la propria fragilitร e si affidano.
A volte, invece, invochiamo compassione, guarigione, salvezza. O, piรน realisticamente, una grazia, uscire da una sofferenza, riuscire a superare una malattia, ottenere un favore. E, se accade, quando, accade, arrivederci a grazie. Passata la festa, gabbato lu santo.
Il lebbroso no, diventa testimone. Talmente entusiasta da costringere Gesรน a cambiare i suoi piani per non essere scambiato per un santone qualsiasi.
Che tenero!
Bene se siamo guariti. Bene se siamo usciti dal marcio che ci taglia da noi stessi e dagli altri. Bene se in Cristo abbiamo riconosciuto il Signore che ci ama, che vuole purificarci.
Ma di quella guarigione avvenuta o che sta avvenendo siamo chiamati a diventare testimoni,
perchรฉ siamo guaritori feriti.
Perchรฉ la Chiesa รจ la comunitร dei perdonati e dei salvati, non dei perfettini col sopracciglio alzato, dei salutisti dellโanima sempre a criticare la vita altrui.
Qualunque sia la lebbra che deturpa il tuo volto, Dio vuole che tu guarisca.
Dio vuole la tua felicitร (e sa in cosa consiste). Tu?
Sappiti amato.
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