Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 25 Settembre 2022

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Nel tempo abita la tenerezza di Dio

Dopo la parabola dellโ€™amministratore disonesto, Gesรน rivolge la parabola del ricco epulone ai farisei che si stavano facendo beffe di lui per quanto aveva detto sul denaro.
Il termine โ€œepuloneโ€ (derivato di โ€œรจpulumโ€œ cioรจ โ€œbanchettoโ€) non รจ piรน usato nel linguaggio comune; eppure tutti sanno che lโ€™espressione fa riferimento a una parabola che solo Luca racconta. La parabola รจ costruita su un duplice contrasto: il povero e il ricco, durante la vita e dopo la morte.

Una premessa: questo brano non parla dellโ€™โ€aldilร โ€ ma dellโ€™โ€œaldiquร โ€. Giร  ora, nello scorrere dei giorni, si decide il nostro destino futuro.
I due protagonisti sono descritti abilmente da Luca.

Ricco

Il ricco ha tutto, non gli manca nulla, si veste secondo la moda e gozzoviglia tra un banchetto e un ricevimento, non รจ cattivo nรฉ malvagio e non ha un nome. Di solito i ricchi del Vangelo di Luca sono anonimi. Il ricco trae la sua identitร  dalle sue ricchezze, ma a noi, nel racconto, giunge povero dโ€™identitร . Si puรฒ arrivare a un punto della vita in cui si perde persino il proprio nome e tutto questo perchรฉ si confonde la propria identitร  con ciรฒ che si possiede. Ma noi non siamo ciรฒ che abbiamo.

Povero

Poi cโ€™รจ il povero che non ha nulla, lโ€™unica cosa che possiede รจ un nome: Lazzaro, che vuol dire โ€œDio aiutaโ€. Lazzaro giaceva (il verbo โ€œballeinโ€, โ€œgettareโ€, dร  proprio lโ€™idea di un corpo gettato a terra) presso il portone della casa del ricco cercando qualche avanzo per sfamarsi. Anche i cani di strada (per gli ebrei era uno degli animali piรน immondi) lo molestavano.

Nelle parabole, i vangeli non usano mai dei nomi propri tranne qui. Per la Bibbia il nome รจ la persona stessa. Il suo nome, Lazzaro, รจ la sua vita: ha bisogno di Dio, ha bisogno che qualcuno lo aiuti, che Dio si prenda cura di lui.

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Amico lettore, vivi come quel ricco, insensibile, senza lasciarti toccare e ti troverai, giร  in questa vita, in un luogo di tormenti. Lโ€™eternitร  รจ giร  iniziata ora, lโ€™inferno non รจ altro che il prolungamento delle nostre scelte senza cuore. La morte in fondo รจ la fine del verbo avere e lโ€™inizio del verbo essere. Se viviamo la nostra vita solo per ciรฒ che abbiamo, scopriremo che lโ€™inferno sarร  vivere nellโ€™assenza del nostro essere. Dio non รจ mai nominato nella parabola ma sono certo che avrebbe ricordato fino allโ€™ultima briciola data al povero Lazzaro. Lโ€™inferno รจ non poter piรน amare. Ciรฒ che in vita รจ una possibilitร , dopo la morte รจ un abisso, e cโ€™รจ un abisso fra il ricco e Lazzaro.

Indifferenza

Mi sono sempre posto una domanda: come si erano comportati in vita Lazzaro e il ricco? Non sappiamo nulla della loro vita morale: non si parla nรฉ di disonestร , nรฉ di dissolutezza. Non si dice che il ricco fosse cattivo e Lazzaro buono, allora perchรฉ il ricco va negli inferi fra i tormenti e il povero Lazzaro no? Solo perchรฉ il primo รจ ricco e lโ€™altro povero?
Il ricco non รจ giudicato per la sua ricchezza ma perchรฉ non si accorge di Lazzaro, semplicemente non lo vede. Come ha fatto a non vederlo? Era lรฌ, mendicava tutti i giorni vicino al suo portone e neppure lo vede. Ecco il suo problema e la sua condanna: non accorgersi. Il suo peccato mortale รจ lโ€™indifferenza, il contrario dellโ€™amore non รจ lโ€™odio, ma lโ€™indifferenza. Il ricco non รจ condannato per le sue ricchezze, ma per la sua indifferenza. Questo รจ il centro della parabola. Lโ€™indifferenza li separa. Il ricco, lo ripeto, non fa nulla di male. Amico lettore, sicuro che anche tu non sia abitato dal minimalismo, dalla supponenza o dalla superficialitร ? Quanto dedichi alle persone che incroci ogni giorno? Quanto tempo doni per ascoltare le situazioni di bisogno che ti circondano? Quanto sei pronto a rinunciare alla frenesia quotidiana per offrire del tempo a un amico?
Coraggio, chiediamo a Dio un cuore che sappia amare con passione.

Miracoli

Il ricco chiede invano un segno clamoroso, come il suo ritorno sulla terra per convertire i suoi cinque fratelli alla misericordia. Ma Abramo รจ lapidario: ยซSe non ascoltano Mosรจ e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai mortiยป. La morte non converte, รจ la vita che lo fa. Non sono i miracoli o le visioni a cambiare il cuore. I miracoli possono impressionare ma non necessariamente convertire. Siamo sinceri: dopo duemila anni continuiamo a chiedere segni, rischiamo di vivere la fede come una forma di superstizione che ha poco a che vedere con una relazione dโ€™amore tra noi e Dio. Corriamo il rischio di andare dietro ad apparizioni e miracoli, ponendo continuamente delle condizioni a Dio, invece di interpretare i tanti segni che Lui ci manda nella quotidianitร .

La richiesta continua di miracoli rivela una fede piccola che ha bisogno di segni prodigiosi, senza riconoscere il grande prodigio della presenza del Figlio di Dio in mezzo a noi. Gesรน di Nazareth chiederร  di prestare attenzione a due grandi segni: quello della profezia dei tanti che, come Giona, invitano a convertirci (cambiare testa) e la ricerca della sapienza che mise in moto la regina di Saba per verificare la fama del re Salomone: insomma, basta mettersi in ascolto della profezia e della sapienza.

Gesรน stesso non ha tentato di convincere attraverso i miracoli: la fede lโ€™ha pretesa prima del miracolo. Se non cโ€™รจ fede, Gesรน non lo compie il miracolo, il che vuol dire che Gesรน non intende ottenere la fede a colpi di miracoli. Non รจ il miracolo che genera la fede, ma, al contrario, รจ la fede che genera il miracolo. In fondo, di fronte a un miracolo, se uno non vuole credere, puรฒ trovare mille motivi per farlo, perchรฉ il miracolo non obbliga a credere, ma puรฒ essere solo dโ€™aiuto, lasciando libera la decisione. Insomma, il miracolo non toglie alla fede il suo aspetto di libertร . Eโ€™ al servizio della fede e non intende offrire in alcun modo una certezza. Dio non usa la violenza per imporre la sua veritร , neppure fa miracoli lร  dove gli uomini pretendono segni che permettano loro di sottrarsi al rischio della fede. Insomma, i segni di Dio non sono cosรฌ evidenti da togliere ogni dubbio possibile.

Poveri

Dobbiamo confessarlo: i poveri ci sono dโ€™imbarazzo perchรฉ sono ยซil sacramento del peccato del mondoยป (G. Moioli) e quando li incrociamo, sovente, finiamo per dare loro le briciole, o anche qualche aiuto, ma tenendoli distanti da noi. Che cosa fare davanti alle ingiustizie, alla povertร ? Ecco la domanda che nasce da questa parabola. Possiamo rifugiarci nella preghiera, con il rischio di essere una consolazione a buon mercato (scherzando, amo ripetere: quando preghiamo Dio per gli affamati, cosa ci aspettiamo, che faccia panini per tutti?) oppure la nostra fede puรฒ farsi servizio, impegno concreto. Ma prima di tutto, amico lettore, ciรฒ che conta รจ essere compassionevoli. Prima di tutto siamo chiamati ad avere compassione, a essere presi โ€œfin nelle viscereโ€ con un amore totale e sentire il dolore dellโ€™altro come lo sente Dio.

La bella notizia di questo brano? Il tempo รจ il luogo della tenerezza di Dio. Abbiamo la possibilitร  di sceglierci il futuro, perchรฉ solo dove cโ€™รจ vera libertร , ci potrร  essere vera gioia.

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