Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 21 Agosto 2022

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La lotta della fede

Nellโ€™odierna pagina evangelica Luca raggruppa alcune parole di Gesรน di cui troviamo dei paralleli dispersi in contesti diversificati ed espressi in maniere differenti nel vangelo secondo Matteo (Mt 7,13-14; 25,10-12; 7,22-23; 8,11-12; 19,30). Lโ€™insieme costruito dallโ€™evangelista costituisce la lunga e articolata risposta che Gesรน dร  alla domanda postagli da โ€œun taleโ€ (v. 23) circa il numero di coloro che si salveranno.

Nel v. 22 Luca sintetizza lโ€™attivitร  consueta di Gesรน durante il suo cammino verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51; 17,10): egli insegna mentre attraversa cittร  e villaggi (cf. Lc 8,1). Gesรน cammina e insegna. Potremmo dire che cammina insegnando e insegna camminando, ovvero: il suo stesso camminare, la strada che percorre รจ insegnamento. Gesรน sta seguendo il cammino stretto e angusto che lo porterร  a Gerusalemme, cioรจ alla croce salvifica. Se egli chiede ad altri sforzo e lotta (il verbo greco usato in Lc 13,24 รจย agonรญzomai) per entrare attraverso la porta stretta che conduce alla vita, lui stesso deve lottare, entrare nello sforzo e nel combattimento spirituale (agรณn: Lc 22,44) per assumere lโ€™evento doloroso della croce. Gesรน vive in prima persona ciรฒ che predica e che chiede ad altri.

Ed ecco che un anonimo lo interroga ponendogli una domanda, tuttโ€™altro che infrequente allโ€™epoca, sul numero dei salvati (v. 23). Troviamo domande analoghe poste a Gesรน in Lc 10,25 e 18,18. La maniera con cui รจ formulata la domanda (โ€œSonoย pochiย quelli che si salvano?โ€) sembra tradire la preoccupazione personale dellโ€™interlocutore di Gesรน e il suo timore di non far parte del numero dei salvati. La risposta di Gesรน, sottolineando che โ€œmoltiย cercheranno di entrare ma non ci riusciranno, non ne avranno la forzaโ€ (v. 24), disegna una prospettiva minacciosa che fa da sfondo alla sua esortazione a sforzarsi e lottare, a impegnare completamente se stessi perchรฉ la strada verso la salvezza รจ impervia. Il passaggio dal โ€œtuโ€ dellโ€™interlocutore al โ€œvoiโ€ della risposta di Gesรน (โ€œSforzateviโ€) allarga lโ€™orizzonte del discorso che si estenderร  ai confini della terra (Oriente e Occidente, Settentrione e Meridione: v. 29) e vedrร  la dialettica โ€œpochi-moltiโ€ trasformarsi in quella โ€œultimi-primiโ€ (v. 30). Se nel testo parallelo di Matteo (7,13-14) Gesรน, parlando di due porte, una larga e โ€œfacileโ€ che porta alla perdizione e una stretta e โ€œdifficileโ€ che conduce alla vita, chiede una scelta, Luca con lโ€™imperativo con valore durativo โ€œSforzateviโ€, invita aย lottare con perseveranza. Analogamente, altrove chiederร  di โ€œpregare sempre senza stancarsiโ€ (Lc 18,1). Gesรน non intende dire che lo sforzo arrivi a meritare la salvezza, ma che รจ il disporre tutto da parte dellโ€™uomo affinchรฉ la grazia della salvezza possa trovare un cuore ben disposto ad accoglierla.

Il messaggio di Gesรน รจ importante:ย la vita di fede richiede sforzo, fatica, lotta. Dunque anche sofferenza. La rimozione della fatica e della sofferenza dalla vita di fede รจ una tentazione. La fede รจ semplice, ma non facile. Anzi, per Paolo la fede รจ chiamata a divenire lotta: โ€œCombatti (agonรญzou) la buona battaglia (agรดna) della fedeโ€ (1Tm 6,12). Questa lotta egli la definisce โ€œbellaโ€ (1Tm 1,18), cioรจ positiva e diversa da tutte le battaglie mondane, le crociate ideologiche e le contese con altre creature o gruppi umani. Lโ€™unica battaglia che nasce legittimamente dalla fede e anzi รจ esigita dalla fede, รจ la battaglia che sgorga dal battesimo e dallโ€™aver rivestito Cristo: si combatte con armi spirituali (preghiera, pazienza, sobrietร , temperanza, dominio di sรฉโ€ฆ), contro il peccato (cf. Eb 12,1), il Maligno (cf. Ef 6,16) e non contro uomini o con armi e mezzi mondani (cf. Ef 6,12; 2Cor 10,3).ย La fede รจ condizione e fine di tale lotta: occorre lottare con fede, ma anche lottare per conservare la fede (2Tm 4,7). Questa lotta ha valenza escatologica ed รจ orientata soteriologicamente: il premio da conseguire (1Cor 9,24; Fil 3,12.14), รจ la โ€œcorona incorruttibileโ€ (1Cor 9,25), la corona che viene accordata soltanto a chi lotta โ€œsecondo le regoleโ€ (2Tm 2,5), la โ€œcorona di giustiziaโ€ (2Tm 4,8) che il Siยญgnore consegnerร  โ€œin quel giornoโ€ (2Tm 4,8); รจ dunque โ€œla salvezzaโ€ (1Ts 5,9), โ€œla vita eternaโ€ (1Tm 6,12), il compimento della vocazione ricevuta. Il cristiano non รจ chiamato solo a iniยญziare, ma anche ad avanzare verso il compimento che, in ogni caso, sarร  dono di Dio e della sua grazia, della sua misericordia (Rm 9,16).

Per Gesรน laย preghieraย รจ parte costitutiva dello sforzo e vi dร  forma. Al Getsemani Gesรน combatterร  pregando e cosรฌ troverร  forza per proseguire il suo cammino (Lc 22,43: lโ€™angelo gli โ€œdร  forzaโ€; verboย enischรฝo). Non a caso, qui Gesรน invita il suo interlocutore e chiunque voglia percorrere il cammino della salvezza, a sforzarsi e combattere perchรฉ molti โ€œnon avranno la forzaโ€ (verboย ischรฝo: Lc 13,24) di entrare attraverso la porta stretta della salvezza.ย Lo sforzo come apertura alla grazia emerge proprio nellโ€™affermazione della forza donata attraverso la preghiera.

A differenza di Matteo che parla di due porte, per Luca vi รจ unโ€™unica porta che conduce alla salvezza ed รจ una porta โ€œstrettaโ€. รˆ possibile che nella tradizione allโ€™origine dellโ€™immagine vi fosse il riferimento alla piccola e angusta porta che permetteva lโ€™ingresso in cittร  a ritardatari o a chi aveva urgenze, una volta che la grande e pesante porta principale della cittร  stessa era stata chiusa al sopraggiungere della notte. Tuttavia Luca, usando il termineย thรฝraย (vv. 24-25), nonย pรฝleย (cf. Lc 7,12: porta della cittร  di Nain), allude alla porta di una casa che il padrone di casa (v. 25:ย oikodespรณtes) a un certo punto chiude impedendo lโ€™ingresso. Lโ€™immagine รจ simile a quella della parabola dellโ€™amico importuno che, bussando a tarda notte alla porta di casa di un amico si sente dire: โ€œLa porta รจ giร  chiusaโ€ (Lc 11,7). In questo modo Luca fa slittare il punto focale del discorso dallโ€™elemento spaziale della casa e della porta a quello temporale: cโ€™รจ un troppo tardi da cui guardarsi. E dunque, finchรฉ cโ€™รจ tempo e si รจ in tempo, occorre pregare, nutrire la relazione con il โ€œpadrone di casaโ€ per non sentirsi dire โ€œNon so di dove sieteโ€ (v. 25), vedersi chiudere la porta in faccia ed essere estromessi dalla sala del banchetto del Regno (โ€œsederanno a mensa nel Regno di Dioโ€: v. 29). Inoltre, lโ€™immagine della porta che viene chiusa in modo irrevocabile si colora di una tinta escatologica e si avvicina al senso della porta chiusa della sala delle nozze da cui restano irrimediabilmente escluse le vergini stolte nella parabola matteana (Mt 25,1-13). La figura del padrone di casa e il dialogo che viene messo in scena tra lui e gli esclusi (vv. 25-27) mostra che il varcare la porta che introduce alla salvezza necessitร  sรฌ di sforzo e lotta, ma anche di relazione: occorre conoscere il โ€œpadrone di casaโ€, essere da lui conosciuti, avere relazione e consuetudine con lui. Luca sta dicendo cheย la salvezza รจ questione di relazione. Relazione con il Signore che inizia qui e ora, che si nutre di fede e di preghiera e che spera di divenire comunione con lui per sempre.

Lo sforzo richiesto al credente comprende poi anche la salutare inquietudine di chi non puรฒ vantare garanzie quanto alla salvezza. La sentenza del Signore-padrone di casa (v. 25) che proclama la sua non-relazione con chi gli sta chiedendo di aprire la porta (โ€œNon so di dove sieteโ€) suscita lo sconcerto e la rivendicazione scandalizzata degli esclusi che tuttavia rinviano a una vicinanza e conoscenza esteriore, non profonda, di lui, non interiorizzata: il Signore, che qui appare come giudice, rivela che essi sono rimasti alla porta della comunione con lui, non sono mai entrati con lui in una conoscenza profonda. Mangiare insieme a qualcuno o sentire alcune sue parole non significa introiettare una presenza: si puรฒ vivere accanto, vicino, semplicemente incrociandosi con lโ€™altro, senza mai veramente incontrarsi. Se poi accordiamo a quella comunione di tavola e ascolto dellโ€™annuncio di Gesรน (v. 26) una valenza piรน profonda in riferimento alla celebrazione eucaristica e allโ€™ascolto della parola di Dio, anche qui dobbiamo rilevare che lโ€™appartenenza ecclesiale o la frequentazione sacramentale possono divenire ostacoli alla veritร  della relazione con il Signore se si trasformano in presunzione di salvezza. Il giudizio del Signore spiazza certezze e convinzioni umane e disloca le posture assunte: chi riteneva di essere vicino a lui (v. 26) viene svelato essere uno sconosciuto per Gesรน; altri che erano distanti e non conoscevano Gesรน diventano i suoi commensali nel banchetto del Regno (vv. 28-29). I primi diventano ultimi e gli ultimi primi (v. 30). Vi รจ dunque unaย posturaย richiesta dalla relazione con il Signore:ย lโ€™umiltร ,ย la non presunzione di sรฉ e la non pretesa. Il riferimento a quanti sederanno a mensa nel Regno di Dio provenendo dai quattro angoli della terra indica che la grazia del Signore ha aperto โ€œla porta della fede anche ai paganiโ€ (At 14,27). Lโ€™immagine delย convito escatologicoย estende a livello universale ciรฒ che Gesรน ha vissuto nelle contrade della Giudea e della Galilea quando viveva la commensalitร  con pubblicani e peccatori e quando la sua pratica di umanitร  narrava che cosโ€™รจ una vita salvata: una vita umanamente piena e dedita allโ€™amore, una vita obbediente nella gioia alla volontร  di Dio, una vita capace di amare la terra e gli uomini e di servire nella libertร  e per amore Dio, il Padre.

A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose