Uno sguardo sul nostro essere mortali
Lโodierna pagina evangelica รจ un testo (Lc 12,13-21) presente nel solo vangelo secondo Luca, che non ha paralleli negli altri Sinottici. E le tematiche affrontate, di rilevanza sociale, sono particolarmente care a Luca: il lavoro, il possesso di beni, il rapporto con il denaro. La narrazione lucana ci mostra Gesรน mentre parla ai discepoli e a una numerosa folla (Lc 12,1). La richiesta di un anonimo che, di mezzo alla folla, gli chiede di farsi arbitro su una questione di ereditร e la secca risposta negativa di Gesรน, costituiscono la prima parte (12,13-15) della nostra pericope che poi, attraverso una frase di transizione con cui Gesรน mette in guardia i suoi uditori dalla cupidigia (12,15), prosegue e si conclude con una parabola (12,16-20) seguita da un commento applicativo che ne trae la morale (12,21). La parabola ha al suo centro un โuomo riccoโ (12,16) e โstoltoโ (12,20).
Gesรน rifiuta dunque di intervenire in una disputa tra fratelli per questioni di ereditร (cf. 12,13-14). Di fronte al penoso e purtroppo ricorrente spettacolo delle divisioni profonde che attraversano le famiglie quando si prospetta di dividere unโereditร , Gesรน si tira indietro e non si attribuisce compiti che nulla hanno a che fare con la missione che ha ricevuto dal Padre.ย Lโobbedienza al Padreย porta Gesรน a non sentirsi legittimato a intervenire sempre, in ogni caso e su questioni di qualsiasi ordine e natura. โChi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?โ (12,13). Ci si puรฒ chiedere che rapporto vi sia tra questo episodio e la successiva parabola. Credo che il legame si trovi in quella โmorteโ di cui si parla apertamente nella parabola (12,20), ma che รจ presente anche nel breve dialogo che apre la pericope e che verte su una questione di ereditร . โMaestro, diโ a mio fratello che divida con me lโereditร โ (12,13).
Gesรน si sottrae a questa richiesta e rifiuta di porsi come mediatore e giudice su questioni in cui si combattono, presumibilmente, piccole ingiustizie, interessi meschini, dissapori famigliari. Ora, lโereditร รจ uno dei modi con cui lโuomo tenta di addomesticare la morte, di farla rientrare nel mondo dei vivi. Noi trasmettiamo, lasciamo ereditร (non solo di tipo economico) ad altri per far passare qualcosa della nostra vita in altri che vivranno dopo che noi saremo morti. E di fronte alla morte, come agli altri aspetti che costituiscono il lato mancante della vita, cioรจ il lato che fa sperimentare la vita come mancanza, come perdita, come vuoto: morte, appunto, colpa, malattia, Gesรน non dร regole, non fornisce norme, non emana precetti o leggi, non si rifugia in soluzioni legali o giuridiche.
Gesรน invece ne fa lโoccasione affinchรฉ lโuomo possa conoscere il proprio cuore, possa vedere qual รจ il suoย ubi consistam, in che cosa pone il senso della sua vita e da che cosa la fa dipendere, e indica una soluzione nella via della relazione, la relazione con Dio e la relazione con gli altri uomini. Emblematico il finale della parabola: โciรฒ che hai accumulatoย di chiย sarร ?โ (12,20). Perchรฉ la vita non dipende dai beni ma sta appesa alle relazioni, ad altri a cui ci leghiamo per amore. E ancora: โCosรฌ รจ di chi accumula per sรฉ e non arricchisceย davanti a Dioโ (12,21): perchรฉ Dio รจ la fonte della vita e puรฒ richiedere questa notte stessa la tua vita.
Di fronte alla domanda dello sconosciuto, la risposta di Gesรน รจ pronta e indica un discernimento maturato da tempo nel profondo, e dunque sicuro di sรฉ. Gesรน guarda come dallโalto la domanda postagli e se ne estrania, la valuta estranea, forse suscitando lo stupore e la delusione nellโinterlocutore. Qual รจ il luogo di discernimento di Gesรน, il posto in cui si situa? Qual รจ questo luogo alto dove si fonda la sua libertร e la sua parresia? ร il luogo che, in obbedienza e comunione con Dio, integra la morte, che assume la morte come occhio veritativo, come sguardo che illumina il reale e dร luce e senso alla vita. Mosรจ, su indicazione di Dio, salรฌ sul monte Nebo e dallโalto vide la terra che sarebbe stata data in ereditร non a lui ma ai figli dโIsraele.
Guardรฒ la terra, per ordine di Dio, con lo sguardo di chi si prepara a morire. Sguardo non cinico nรฉ disperato, ma dolorosamente gioioso per i figli dโIsraele e timorosamente affidato alla bocca di Dio, al suo ordine, al suo bacio (Dt 34). Al contrario, la visione con cui il diavolo cerca di sedurre Gesรน conducendolo su un alto monte, gli mostra tutte le ricchezze e i regni del mondo promettendoglieli come โsuoiโ. ร una visione ubriacante che dimentica e rimuove la morte, che illude di onnipotenza lโessere umano, e puรฒ arrivare ad assolutizzare il mondano sostituendolo a Dio. Gesรน rigetta questa visione (Mt 4,8-10; Lc 4,5-8). Ma chi non la rigetta si ritrova preda della cupidigia, della bramosia, della voracitร di possesso, della bulimia di chi vuole darsi vita accumulando beni, riempiendosi, cercando di colmarsi e anestetizzando il vuoto che dal lato mancante della vita preme verso il suo centro. Quel vuoto, infatti, รจ lo spazio della relazione e la condizione dellโamore.
La risposta di Gesรน al suo anonimo interlocutore risale dal piano esteriore delle dispute al piano interiore delย cuore: egli mette in guardia tutti dallaย cupidigia, dallโaviditร , dalla brama di possedere. Lโaviditร proviene dal cuore (cf. Mc 7,22) ed รจ equiparabile allโidolatria (cf. Col 3,5). E la cupidigia che qui emerge a proposito di unโereditร famigliare รจ la stessa che ostacola lโottenimento dellโereditร del Regno di Dio (cf. 1Cor 6,10; Ef 5,5). Lโidolatria dร illusioni di vita, ma produce morte. Laย vitaย non consiste nei beni, dice Gesรน. E nasce per noi la domanda: in che cosa consiste la vita? In che cosa facciamo consistere la nostra vita? โMa che รจ mai la vostra vita?โ chiede Giacomo ai ricchi che dicono โOggi o domani andremo nella tal cittร e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagniโ, mentre non sanno e non possono sapere โche cosa sarร domaniโ (Gc 4,13-14).
La cupidigia, la logica dellโaccumulo e del possesso sono una via che gli umani percorrono per scongiurare la morte: risposta fallimentare a un problema reale. Al problema radicale che la morte pone a ogni vita e a tutta la vita. E questoย mettere le mani sul futuroย viene rimproverato anche al ricco insensato della parabola che fra sรฉ e sรฉ dice di avere a disposizione molti anni illudendosi di poter padroneggiare il tempo. La cecitร a cui la ricchezza dร origine รจ evidenziata nella figura del ricco stupido, letteralmente โsenza intelligenzaโ (รกphron: 12,20). Egli pensa di possedere anche ciรฒ che per definizione รจ indisponibile: il tempo, il futuro, la vita. E il binomio ricchezza โ stupiditร รจ espresso in modo tale che il โpienoโ della ricchezza sembra camuffare il desolante โvuotoโ, la penosa carenza di intelligenza e di sapienza del ricco. La carenza di intelligenza diviene anche mancanza di relazioni e rifiuto di fraternitร perchรฉ lโorizzonte interiore ed esistenziale del ricco รจ tutto assorbito dal proprioย ego: egli โarricchisceย per sรฉโ (12,20) dimenticando Dio e i fratelli. Il peccato รจ sempre, ricorda Agostino, โripiegamento del cuore su di sรฉโ.
Colpisce il fatto che la parabola che Gesรน narra abbia un unico protagonista, almeno prima dellโintervento di Dio nel v. 20, e sia costituita da un monologo interiore dellโuomo che, giร ricco, viene beneficiato ulteriormente da un raccolto particolarmente abbondante della sua campagna (12,16). Il dialogo con sรฉ stesso รจ una forma letteraria con cui lโautore svela il carattere del protagonista e consente al lettore di entrare nellโanimo del personaggio e di coglierne i movimenti interiori, i dubbi, le riflessioni e infine le decisioni a cui perviene e le basi su cui fonda tali decisioni. Interessante la successione tra la domanda โChe farรฒ?โ (12,17) e la risoluzione โFarรฒ cosรฌโ (12,18), che troviamo analoga nel monologo interiore dellโamministratore disonesto.
Nella situazione critica in cui si viene a trovare, questโultimo si chiede โChe farรฒ?โ (Lc 16,3) e si risponde โSo che cosa farรฒโ (16,4). Il lettore si trova di fronte a una sorta di radiografia dellโanima del protagonista, segue il cammino dei suoi ragionamenti e puรฒ raffrontarli con i propri modi di pensare, di riflettere, di reagire alle situazioni della vita. Come in uno specchio egli puรฒ vedere riflessa la propria interioritร nella interioritร del personaggio che gli viene presentata โal lavoroโ, e puรฒ passare alla riflessione sui propri modi di prendere decisioni e di agire. E cosรฌ, il lettore si sente direttamente riguardato dalla parola e dalla domanda che Dio pone al termine della parabola.
E lโinsegnamento da trarre รจ quello della memoria della propria condizione di caducitร e mortalitร che anche la tradizione sapienziale veterotestamentaria ricorda a piรน riprese come necessaria per vivere con sapienza e umiltร e per sapersi rapportare con saggezza ai beni terreni (Sal 39,6-7; Sir 11,18-19). In effetti, lโaviditร , la brama di ricchezza inganna lโuomo promettendogli di poter avere tutto, comprare e possedere tutto: โTutto, infatti, obbedisce al denaroโ, dice Qoelet (10,19). Tommaso dโAquino dirร : โCon le ricchezze uno acquista la possibilitร di commettere qualsiasi peccato e di soddisfare tutti i desideri peccaminosi: ecco in che modo la cupidigia รจ la radice di tutti i maliโ. La memoria della morte รจ qui elemento che salva lโumanitร stessa dellโuomo preservandola da illusioni dallโesito catastrofico.
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A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



