Mentre eravamo nemici
Dopo aver pronunciato i โguaiโ rivolti a ricchi e gaudenti (Lc 6,24-26), Gesรน imprime una brusca sterzata al suo discorso rivolgendosi a folle e discepoli che lo stanno ascoltando e indicando loro la โvia altraโ, che รจ anche la โvia altaโ, sublime e difficile, di chi รจ chiamato a essere โmisericordioso come il Padre รจ misericordiosoโ (Lc 6,36). Lโavversativa forte posta allโinizio del v. 27 (โMa a voi che ascoltate io dicoโ, eco in realtร ben piรน forte del โma io vi dicoโ del discorso della montagna di Matteo) dice lโalteritร che il cristiano รจ chiamato a narrare nella sua vita. Questa alteritร รจ la santitร contenuta nella vocazione cristiana. Al cuore di tale santitร -alteritร vi รจ lโamore per il nemico: โAmate i vostri nemiciโ (Lc 6.27.35) รจ il comando che contiene in inclusione lโintero passo di Lc 6,27-35). Questo amore รจ di per sรฉ unโavversativa mite e potentissima nei confronti del sentire e pensare mondano. Il nemico รจ specificato come colui che odia, maledice, maltratta ed esprime la sua inimicizia con la violenza fisica, con il furto, con la richiesta e la pretesa.
Ovviamente lโinimicizia trova infiniti altri modi di esprimersi, ma lโindicazione che emerge dalle parole di Gesรน รจ: si risponda facendo non-violenza. Non semplicemente con una risposta che non sia violenta, che dunque si sottragga alla specularitร ripetitiva del gesto violento subito, ma con unโazione positiva di segno opposto. Cosรฌ ci si mostra piรน forti della violenza subita e si passa dalla reazione allโazione: come si comporterร colui che odia e maltratta, che calunnia e pretende, al gesto positivo dellโoffeso? Come reagirร di fronte a chi non lo riduce al suo gesto violento, non lo considera odio personificato, ma lo considera una persona e, in obbedienza alla regola dโoro (โCome volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loroโ: Lc 6,31), gli fa il bene? Amando il nemico gli offro la libertร di essere una persona migliore, di emendarsi dalla violenza: gli dico che puรฒ amarsi.
Certo, il comando di amare il nemico ci immerge nella dimensione ossimorica della fede cristiana. Anzitutto rendendo lโamore oggetto di comando. ร possibile comandare lโamore? Nella Bibbia il comando che Dio dร allโuomo non รจ solo โordineโ, ma ancheย rivelazione di una possibilitร . Prima di dire โtu deviโ, il comando dice โtu puoiโ. Anzi, si fonda sul โtu puoiโ. Dunque, mentre chiede fiducia in colui da cui viene il comando, sollecita anche fiducia in sรฉ da parte di colui che tale comando riceve. Il comando puรฒ svegliare lโuomo a capacitร , possibilitร e risorse di cui egli non era cosciente. Anzi che egli nemmeno immaginava: e chi mai si sognerebbe di rispondere in modo benevolo, caritatevole e mite a chi lโoffende, lโumilia, lo calunnia, gli fa il male?
Ma soprattutto lโossimoro รจ presente nellโaccostamento dellโamore alla figura del nemico. Qui va specificato che il comando non si pone sul piano sentimentale, non ordina di provare sentimenti di affetto per chi ci odia: esso si pone su un piano operativo, concreto, effettivo ben piรน che affettivo, e indica azioni concrete da mettere in atto e comportamenti da assumere. Lโossimoro cristiano si manifesta nella follia di amare chi amabile non รจ: e il non amabile per eccellenza รจ il nemico. Cristo ha amato il nemico mentre era nemico (cf. Gv 13,1ss.) e Dio ha mostrato il suo amore per noi perchรฉ, mentre noi eravamo nemici e peccatori, Cristo รจ morto per noi (cf. Rm 5,6-11). Cosรฌ, lโamore mosso dalla fede in Cristo ama il non amabile. Ha scritto magnificamente Eberhard Jรผngel: โLโagape, la charitas, ama non soltanto chi giร di per sรฉ รจ desiderabile, ma anzitutto chi desiderabile non รจ affatto e che, mediante questo amore, diviene desiderabile piรน di ogni altra cosa. Cosรฌ e soltanto cosรฌ lโamore ha il sopravvento sulla mancanza di amore. ร in questa vittoria che i cristiani credono, quando confessano che Dio altro non รจ che amoreโ.
Ma chiediamoci: comโรจ possibile amare il nemico? Anzitutto, ricordando che il nemico รจ sempre un essere umano, dunque un fratello. โUn uomo, qualunque cosa ti faccia, รจ un fratelloโ (Giovanni Crisostomo); il nemico che mi fa del male รจ un fratello che il male ha allontanato da me e ha allontanato anche dalla sua umanitร . Del resto, chi รจ il nemico? Il nemico รจ lโamico, il vicino, colui che mi รจ accanto. Gesรน ha trovato in Giuda, uno dei Dodici, chi si รจ fatto suo nemico personale, e in Pietro, da lui stabilito primo tra i Dodici, chi lโha tradito.
ร possibile amare il nemico ricordando che noi siamo i nemici amati da Dio proprio nel nostro essere nemici (โmentre eravamo nemiciโ: cf. Rm 5,6-10): รจ possibile amare il nemico fondandosi sulla fede in Cristo che sulla croce ha abbattuto la logica dellโinimicizia (cf. Ef 2,14), ha risposto agli oltraggi e alle violenze invocando il perdono sui suoi aguzzini (1Pt 2,23; Lc 23,34). Sulla croce, quando lo scatenamento dellโinimicizia nei confronti di Gesรน ha raggiunto il suo apice, Gesรน ha narrato definitivamente lโamore di Dio per noi. Lโuniversalitร dellโamore di Dio in Cristo va intesa dunque in profonditร prima che in estensione: Dio, amandoci, ci ama anche nel nostro essere non amabili, fa regnare il suo amore anche su ciรฒ che in noi non รจ amabile.
Questa profonditร รจ la condizione dellโestensione universale dellโamore. Amare il prossimo, ancor prima che il nemico, implica, ricorda Gesรน, lโamore di sรฉ: โAmerai il tuo prossimo come te stessoโ (Mc 12,31). Per attuare questo comando occorre vincere quellโodio di sรฉ che presso gli umani รจ infinitamente piรน frequente e radicato rispetto allโamore di sรฉ. Occorre conoscere, nominare e accogliere il nemico interiore. Occorre amare, cioรจ smettere di odiare le parti di sรฉ che non vorremmo vedere in noi e che pure ci abitano. Occorre arrendersi alla loro presenza e anzi, accoglierle. Dire loro di sรฌ. Perdonarsi di ospitarle, ovvero di essere come siamo. Non ci sarร mai nessun amore del nemico senza questa accettazione del nemico interiore. Senza arrivare ad โamareโ le parti di noi che odiavamo.
Ma ancora: come giungere ad amare il nemico? Occorre un lavoro su di sรฉ assai articolato. Questo lavoro comporta anzitutto il rinunciare alla vendetta, al rendere male per male (cf. Rm 12,14-21). Quindi occorre riconoscere che si sta soffrendo la situazione di inimicizia e riconoscere la collera che ci abita e che si manifesta in discorsi e pensieri interiori contro colui che si รจ fatto nostro nemico. La collera รจ anche rivelazione di noi, non solo denuncia dellโaltro. Ascoltarla ci aiuta a leggerci e a cogliere le nostre zone di maggiore vulnerabilitร . E ci puรฒ portare ad addomesticarla e a volgerla in energia non distruttiva, ma positiva e vitale. Poter parlare con qualcuno della situazione dolorosa di inimicizia che si sta vivendo รจ importante per prendere un certo potere su una situazione che rischia di schiacciarci, di sfuggirci di mano. E puรฒ aiutare il faticoso percorso verso la comprensione dellโaltro e della sua inimicizia. Comprensione che non significa giustificazione, ma cambiamento del nostro sguardo su di lui.
Questa base di lotta e dialogo interiore, di fatica e sofferenza profonde, costituisce il fondamento dellโamore per il nemico. Della concreta prassi per cui ci convinciamo a compiere gesti di dialogo, di apertura e di โbeneโ per lโaltro. Purtroppo la realtร presenta una quantitร di situazioni infinitamente piรน articolate e complesse in cui oltre ai due entrano un terzo, o altri ancora, o gruppi umani, e in cui si manifestano atteggiamenti di rifiuto, di non trasparenza, di inganno, di menzogna che rendono intricato e quasi impossibile il percorrere una via di comprensione. Di certo, perchรฉ si possa arrivare a dare una qualche forma di praticabilitร al dettato evangelico dellโamare il nemico, occorre che esista una base di fiducia. Ma spesso lโinimicizia esprime proprio la morte della fiducia. E allora, la scalata verso la vetta dellโamore per il nemico si fa ancora piรน improba. E comunque, mentre ci lasciamo interrogare dal comando di amare il nemico, dobbiamo anche interrogarci sulla possibilitร che noi diventiamo nemici di altri, entrando nelle spirali dellโodio e dellโinimicizia.
Davvero dunque, lโamore che il cristiano riesce ad avere verso il suo nemico รจ grazia, รจ dono di Dio, รจ amore di Dio in lui. Non a caso, il testo evangelico per tre volte afferma essere una grazia (chรกris), piรน che un merito, lโandare oltre le misure umane di reciprocitร e corrispondenza (cf. Lc 6,32.33.34; la Bibbia CEI traduce: โquale gratitudine vi รจ dovuta?โ).
Il discorso evangelico sullโinimicizia ha anche una dimensione ecclesiologica importante: la chiesa, se vive la radicalitร evangelica, conosce certamente persecuzioni e inimicizie a causa del Nome di Cristo; ma la stessa radicalitร evangelica impedisce alla chiesa di fabbricarsi dei nemici, di dar nome di nemico ad โaltriโ, a categorie di persone o a gruppi umani che semplicemente sono segnati da diversitร di religione, di cultura, di costumi etici, o di modo di vivere la stessa fede cristiana. Sempre infatti la creazione del nemico รจ il prodotto della trasformazione di unโalteritร parziale in alteritร assoluta. Lโalteritร come occasione di comunione e non di inimicizia: questa la sfida che dal comando di amare il nemico viene alla chiesa di ogni tempo.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



