Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 28 Novembre 2021

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Dramma e speranza

La prima domenica di Avvento ci fa entrare in un nuovo anno liturgico (lโ€™annata liturgica C) in cui la pericope evangelica domenicale รจ tratta dal vangelo secondo Luca. Vangelo che, a differenza di tutti gli altri, costituisce la prima parte di unโ€™unica opera la cui seconda parte รจ consiste negli Atti degli Apostoli, che potremmo definire โ€œla prima storia del cristianesimoโ€. Costruendo questo complesso Luca ha voluto mostrare che la vita della Chiesa (di cui gli Atti narrano la nascita con la Pentecoste e poi i primi passi soprattutto attraverso le figure di Pietro e Paolo) รจ radicata in Cristo e trova in lui il suo centro di gravitร . Non a caso, gli Atti iniziano riassumendo cosรฌ il terzo vangelo: โ€œNel primo racconto, o Teofilo, ho trattato di tutto quello che Gesรน fece e insegnรฒ dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito santoโ€ (At 1,1-2). Il vangelo lucano contiene dunque โ€œciรฒ che Gesรน fece e insegnรฒโ€. E tra gli insegnamenti di Gesรน vi รจ il discorso escatologico, il discorso sulle cose ultime, da cui รจ tratta la pericope della I domenica di Avvento (Lc 21,25-28.34-36).

Nel suo discorso escatologico, Gesรน spiega che la distruzione del tempio non รจ segno della fine del mondo (Lc 21,5-9), ma inizio dei โ€œtempi delle gentiโ€ (Lc 21,24), che sono i tempi della storia, tempi che avranno fine con la venuta del Figlio dellโ€™uomo. Luca accenna appena alla parusia (โ€œAllora vedranno il Figlio dellโ€™Uomo venire su una nube con grande potenza e gloriaโ€: Lc 21,27), mentre mostra piuttosto le reazioni degli uomini a questo evento escatologico. Lโ€™accento รจ sulla storia che รจ il luogo in cui il credente รจ chiamato a sperare vigilando e pregando in mezzo a tribolazioni. La venuta gloriosa del Signore รจ vista da Luca nelle reazioni che produce sugli uomini: il dramma escatologico รจ un dramma umano, storico, esistenziale. Eventi catastrofici nella natura e nella storia, in cielo e in terra, che saranno motivo di angoscia e smarrimento, di attesa ansiosa, di paura e morte per tanti uomini, per i credenti potranno essere il segno dellโ€™avvicinarsi della salvezza. โ€œAlzatevi e levate il capo, perchรฉ la vostra liberazione รจ vicinaโ€ (Lc 21,28). Alzare il capo significa anche โ€œalzare gli occhiโ€ e vedere ciรฒ che a molti resta invisibile: la salvezza che avanza tra le tribolazioni storiche, il Regno che emerge da dietro le macerie della storia, la promessa del Signore che resta salda anche nellโ€™accumularsi delle rovine โ€œsulla terraโ€ (Lc 21,25). Nessun pessimismo, nessun far coincidere le catastrofi naturali e storiche, per quanto devastanti, le guerre, le pandemie, le crisi ecologiche con la fine del mondo, ma anche nessun cinismo, nessuna fuga dai dolori e dalle assurditร  del reale per rifugiarsi in una visione spiritualistica o ingenuamente ottimista.

Del resto, per Luca non solo gli โ€œuominiโ€, cioรจ โ€œi non-credentiโ€, sono sottomessi al rischio di essere soverchiati, schiacciati dagli eventi che devono succedere, ma anche i credenti se non veglieranno e non pregheranno (cf. Lc 21,34). Luca evoca discretamente ma efficacemente le paure collettive, le angosce planetarie che schiavizzano uomini e collettivitร  rendendoli preda di ciรฒ che potrร  accadere: โ€œgli uomini moriranno per la paura e per lโ€™attesa di ciรฒ che dovrร  accadere sulla terraโ€ (Lc 21,26). Per Luca il dramma escatologico รจ dramma storico globale, che investe lโ€™intera terra abitata, lโ€™ecumene (oikoumรฉne: Lc 21,26), โ€œla faccia di tutta la terraโ€ (Lc 21,35). In particolare sembra che Luca, parlando della paura di ciรฒ che in futuro accadrร , parla dellโ€™immaginazione del futuro che produce paure e angosce in tanti uomini, parla di rappresentazioni mentali che ingenerano ansia nelle persone fino a schiavizzarle e paralizzarle, quasi inducendole a gettarsi da sรฉ nel baratro. Per questo lโ€™esortazione alla vigilanza che seguirร  subito dopo (Lc 21,34.36) รจ anzitutto appello alla luciditร , alla sobrietร , a non cercare vie di stordimento e immunizzazione dal peso e dal dolore della realtร , a non lasciarsi ottundere dal โ€œrumoreโ€ degli eventi. Dietro agli eventi che non sono ancora accaduti ma che hanno tale potere di accasciare gli uomini occorre riconoscere in realtร  le narrazioni, le rappresentazioni, le immagini, le proiezioni di tali eventi, non gli eventi stessi.

Non sarebbe troppo azzardato tentare unโ€™ermeneutica di questi testi intravedendo il potere del sistema comunicativo che crea narrazioni parallele alla realtร  ma distanziate da essa fino a sostituirla e a spacciarsi per vera realtร . Ciรฒ che รจ particolarmente interessante รจ infatti che questi eventi catastrofici che saranno colti come segno di โ€œfineโ€ da tanti, saranno motivo di smarrimento, angoscia, paura e morte per molti uomini, per i credenti potranno essere segno di inizio e di vita, segno dellโ€™avvicinarsi della salvezza, della vita: โ€œQuando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perchรฉ la vostra liberazione รจ vicinaโ€ (Lc 21,28). I credenti potranno proprio allora vedere che quella fine รจ lโ€™inizio della salvezza e potranno stare in piedi nellโ€™atteggiamento di chi ha una speranza, una direzione di marcia, un senso. Ecco che il cristiano, colui che crede la resurrezione di Cristo dai morti, mostra questa sua qualitร  sapendo scorgere speranza e luce lร  dove non cโ€™รจ che buio e distruzione. E qui va detto che questa distinzione fra โ€œgli uominiโ€ e โ€œvoiโ€ non รจ una distinzione rigida fra non-credenti e credenti, ma in realtร  anche il credente conosce la synochรฉ (Lc 21,25: CEI traduce โ€œangosciaโ€), cioรจ la strettezza di cuore, lโ€™angoscia, lโ€™essere in balia di paure e fantasmi o credenze che lo agiscono; conosce lโ€™aporรญa (Lc 21,25: CEI traduce โ€œansiaโ€), cioรจ il perdere il cammino, lo smarrimento, lโ€™essere disorientato, spiazzato e reso fuori luogo dagli eventi che accadono; conosce la paura, phรฒbos (Lc 21,26) la paura che arriva a paralizzare e dominare; conosce la prosdokรญa (Lc 21,26), cioรจ lโ€™attesa ansiosa, piena di insicurezza e di incertezza. Alla luce di queste parole si puรฒ dare un contenuto piรน preciso alla vigilanza. Vigilare significa lottare positivamente contro lโ€™angoscia, non perdere la bussola e proseguire il cammino intrapreso, ritrovare forza e coraggio che impediscono alla paura di condurre alla morte (v. 26: โ€œmoriranno di pauraโ€), nutrire la speranza cristiana e non cadere nella disperazione.

In particolare, la vigilanza tende a impedire โ€œlโ€™appesantimento del cuoreโ€ (v. 34), il suo ispessirsi che lo conduce a perdere luciditร , il suo rivestirsi di una corazza che lo difenda dalle sofferenze della vita. La vigilanza รจ lotta contro lโ€™abitudine e la sua influenza anestetica. In particolare, lโ€™ammonizione mette in guardia dallโ€™ottundimento dei sensi e dellโ€™intelligenza che puรฒ venire da unโ€™angoscia che si sfoga negli eccessi del mangiare e del bere, da una paura della morte che viene esorcizzata nelle sfrenatezze sessuali, da un non-senso che si manifesta nelle preoccupazioni ossessive per se stessi. รˆ cosรฌ che lโ€™attesa del Signore veniente puรฒ divenire realtร  quotidiana, vissuta โ€œin ogni momentoโ€ (v. 36). Attendere il Signore nella vigilanza e nella preghiera significa farlo regnare sul nostro oggi e conoscerne dunque la venuta giร  qui e ora. E significa essere irrobustiti, ricevere forza cosรฌ da perseverare nelle tribolazioni e nelle prove e discernere in esse lโ€™avvicinarsi della salvezza.

Esortando a โ€œstare attenti a voi stessiโ€ Gesรน dร  unโ€™indicazione spirituale e, con il prosieguo del suo parlare, indica che lo squilibrio spirituale (non vigilare, non pregare, non stare attenti a se stessi) si manifesta in squilibri del corpo e della psiche, in eccessi che impediscono di avere una visione equilibrata delle cose e della realtร . Dietro alle โ€œdissipazioni e ubriachezzeโ€ (in crapula et ebrietate: Lc 21,34) vanno riconosciute le dissolutezze che si accompagnano alle ubriacature, la vertigine, lโ€™estasi artificiale che allontana dalla realtร  e non consente piรน di dare il giusto peso alle cose. Questi eccessi conducono a unโ€™uscita da sรฉ non nella via della relazione con lโ€™altro, ma nella via della deresponsabilizzazione, dellโ€™incoscienza. Essi spingono anche a quelle sfrenatezze sessuali che, in stato di sobrietร , ci si inibisce dal fare. Ma poi si parla di โ€œaffanni della vitaโ€. Potremmo anche tradurre con โ€œangosce esistenzialiโ€. Si tratta della preoccupazione smodata per il proprio io, sia la propria salute o la propria riuscita, il proprio corpo o il proprio successo, la propria immagine. Anche qui la visione della realtร  non รจ piรน oggettiva, ma offuscata da un io troppo ingombrante e invadente, che occupa tutto lo spazio.

Di fronte a questi pericoli ecco dunque lโ€™esortazione: โ€œVegliate in ogni momento pregando, perchรฉ abbiate la forza di sfuggire a tutto ciรฒ che sta per accadere e di comparire (lett. โ€œstare in piediโ€) davanti al Figlio dellโ€™Uomoโ€ (Lc 21,36). Preghiera e vigilanza, che pongono il credente alla presenza di Dio, mostrano una valenza escatologica: vivendo alla presenza del Signore nellโ€™oggi, il credente si prepara a incontrarlo e a stare in piedi davanti a lui, con atteggiamento di franchezza, fiducia e libertร , alla sua venuta.


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose