Don Luciano Condina – Commento al Vangelo del 17 Ottobre 2021

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Permettiamo al Padre di essere con noi e la vita potrร  diventare una grande avventura

Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, in due occasioni si rivelano molto simpatici nellโ€™assurditร  dei loro interventi. Una volta, usciti da un villaggio samaritano che non li accoglie, chiedono โ€“ molto cristianamente โ€“ a Gesรน: ยซSignore, vuoi che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi?ยป (Lc 9,54). Lezione sulla caritร  non ancora recepita. Inoltre, nel vangelo di questa domenica, molto umilmente dicono a Gesรน: ยซConcedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistraยป (Mc 10,37). Lezione sullโ€™umiltร  non ancora appresa. Oltretutto essi non stanno chiedendo, stanno esigendo: ยซMaestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemoยป (Mc 10,35).

Questo generalmente รจ lโ€™approccio che noi abbiamo nel rivolgerci a Dio: Egli deve fare ciรฒ che noi gli chiediamo. A quella richiesta arriviamo dai nostri percorsi, spesso idolatrici, in cui Dio generalmente non รจ stato molto preso in considerazione. E a un certo punto, quando le cose si complicano, esigiamo che intervenga a farci da cappellano personale su cose che, magari, con Lui non cโ€™entrano nulla.

ยซVoi non sapete quello che chiedeteยป (Mc 10,38). Questo รจ il problema di tante richieste che vengono fatte a Dio. Gesรน ha appena fatto ai discepoli il terzo annuncio della passione ed essi, invece, pensano alla gloria. La vita si profila cupa e dolorosa e noi chiediamo a Dio di non toglierci quelle quattro cose che ci danno un briciolo di sicurezza ma ci impediscono di sperimentare la sua gloria. Invece di sperimentare la sua gloria nella nostra vita, gli chiediamo di darci una gloria solo nostra, che ci pone al di sopra degli altri e, dunque, distanti dagli altri; infatti gli altri dieci apostoli giustamente si indignano parecchio di fronte alla richiesta dei due fratelli (Mc 10,41).

Cโ€™รจ poco da fare: la gloria di Dio, la gloria vera, puรฒ essere sperimentata solo affrontando la tempesta, la bufera, lโ€™incendio, la difficoltร , la malattia, lโ€™abbandono, la solitudineโ€ฆ in una parola: la croce. Lโ€™errore dellโ€™uomo รจ considerarla un incidente di percorso che non deve verificarsi, per il quale magari si incolpa Dio. Invece Gesรน passa dalla croce e da quella scaturisce la risurrezione. Non cโ€™รจ risurrezione senza croce che la precede. Non si puรฒ toccare con mano la gloria di Dio se non durante e dopo una croce.

Dio non toglie lโ€™incendio verso cui stai entrando, bensรฌ ti dร  gli strumenti per non morire ustionato. Ti mostra che con Lui tu sei piรน forte dellโ€™incendio e puoi affrontare qualunque cosa da sacerdote, re o profeta, con la dignitร  piรน alta cui lโ€™uomo รจ destinato. E finchรฉ di questo non si fa esperienza la fede rimane una pratica esteriore, uperficiale. Chiediamo allora a Dio di non allontanare da noi il calice amaro, ma di berlo come Gesรน, con la sua dignitร , la sua forza, la sua fede. Egli, per poterlo fare, prega ardentemente il Padre: lo stesso facciamo noi. Cristo รจ sacerdote, re e profeta perchรฉ il Padre รจ con lui.

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Lo stesso possiamo essere noi, se permettiamo al Padre di essere con noi. Dio, in quanto Padre, รจ disposto a fare qualunque cosa per la nostra santitร , il suo piรน grande progetto per noi. Solo cosรฌ la vita diventerร  una grande avventura in cui Dio puรฒ scrivere, attraverso la nostra esistenza, pagine nuove di santitร , di bellezza luminosa, preziosa per il mondo, che brancola nel buio agognando miraggi di felicitร  illusorie che puntualmente si frantumano sulla croce di turno.


Commento di don Luciano Condina

Fonte – Arcidiocesi di Vercelli