La fame e il cibo
Lโodierno brano evangelico presenta Gesรน che, insieme ai discepoli, si sposta nella zona montuosa non lontana da Tiberiade (Gv 6,1.3). Giovanni annota che una โgrande follaโ lo seguiva. Questa espressione, che qui indica le persone che lo seguivano perchรฉ avevano visto i segni che egli faceva sugli infermi, la ritroviamo, nel IV vangelo, solo nellโepisodio dellโingresso di Gesรน a Gerusalemme, quando si afferma che โla grande folla โฆ accorse non solo per Gesรน, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai mortiโ (Gv 12,9; cf. anche 12,12). Cโรจ un vedere i segni compiuti da Gesรน o i loro esiti (Lazzaro risuscitato da morte) che per Gesรน equivale a non fede. E Giovanni lโha annotato: โMolti, vedendo i segni che compiva, credettero nel suo nome.
Ma lui, Gesรน, non si fidava di loroโ (Gv 2,23-24). Gesรน non pone fiducia nella fede di chi crede in lui a partire dalla constatazione dei prodigi compiuti. Salito sul monte e postosi a sedere, nella posizione da cui solitamente impartiva il suo insegnamento (cf. Mt 5,1-2; Lc 5,3; Gv 8,2), in realtร Gesรน non pronuncia alcun insegnamento. Lโevangelista annota perรฒ la prossimitร della Pasqua (Gv 6,4) e poi lo sguardo di Gesรน sulla numerosa folla (Gv 6,5). La prossimitร della Pasqua, alla luce del racconto successivo, cioรจ il dono sovrabbondante del pane per le folle, รจ indicazione discreta del senso ultimo del dono del pane che sfama le folle. Ovvero, รจ segno e profezia del dono della vita che Gesรน fa alle moltitudini consegnando la propria vita alla morte. Quella morte che sarร vivificata nellโevento pasquale.
Giovanni riferisce lo sguardo di Gesรน sulle folle che vengono a lui. Che cosa vede Gesรน? Che cosa suscita in Gesรน il vedere quelle folle numerose che lo cercano? Gesรน si mostra preoccupato di dare loro da mangiare, di nutrirle. E pone una domanda a Filippo, una domanda che ha intento pedagogico, che vuole testare lโintelligenza di fede del discepolo: โDove potremo comprare il pane perchรฉ costoro abbiano da mangiare?โ (Gv 6,5). Lโiniziativa di sfamare le folle non viene dai discepoli (come nei Sinottici), ma direttamente da Gesรน. Non รจ motivata neppure dalla compassione nei confronti di folle stanche o smarrite o bisognose (come in Mc 6,34; 8,2; Mt 15,32). Il gesto di Gesรน รจ sovranamente gratuito: รจ unโazione, non una reazione. Nasce solo dal suo sguardo sulla folla in quel tempo prossimo alla Pasqua (cf. Gv 6,4). E cosรฌ il gesto appare rivelativo: sia in rapporto al Dio che nella Pasqua compirร il suo amore sovrabbondante per lโuomo donando il suo stesso Figlio per la vita del mondo, sia in rapporto allโuomo e alla sua fame non dovuta a particolari circostanze, ma fondamentale, costitutiva.
Questa fame non รจ una disgrazia, ma la veritร umana ordinata alla veritร di Dio che la precede e la fonda e che รจ il desiderio di Dio di consegnarsi allโuomo per aver comunione con lui e perchรฉ lโuomo abbia la vita in abbondanza. Potremmo dire che Gesรน vede nelle folle una fame che lui solo puรฒ saziare. E questa รจ la fame che lui stesso desta e che porta tanti uomini e tante donne a seguirlo, a desiderare la sua parola, a nutrirsi dei suoi insegnamenti. Egli รจ colui che desta la fame e che la sazia: รจ la fame e il cibo: โChi viene a me non avrร piรน fameโ (Gv 6,35). Gesรน, che a Cana aveva donato il vino migliore (Gv 2,1-12), che alla Samaritana aveva annunciato il dono dellโacqua che estingue la sete in eterno (Gv 4,14), ora dona il pane in abbondanza (Gv 6,12-13). Lui stesso รจ questo pane, rivelerร Gesรน nel discorso nella sinagoga di Cafarnao: โIo sono il pane della vita; chi viene a me non avrร fame e chi crede in me non avrร sete, mai!โ (Gv 6,34). E come il vino di Cana (Gv 2,9) e lโacqua della Samaritana (Gv 4,11) sono accompagnati dalla domanda sulla loro origine con lโavverbio pรฒthen, โda dove?โ, cosรฌ ora Gesรน stesso chiede a Filippo โda dove (pรฒthen) potremo comprare il pane โฆ?โ (Gv 6,5). E in Giovanni questo avverbio non indica tanto un luogo quanto la sorgente di ogni dono, lโorigine di ogni dono: Dio, il Padre: โOgni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dallโalto e discendono dal Padreโ (Gc 1,17).
Filippo non coglie lโintenzionalitร profonda della domanda di Gesรน e si arresta al piano materiale della monetizzazione del pane da acquistare rilevando lโassoluta inadeguatezza anche di una cifra significativa come duecento denari: โDuecento denari di pane non sono sufficienti neppure perchรฉ ognuno possa riceverne un pezzoโ (Gv 6,7). E in fondo, anche Andrea, altro discepolo che segnala a Gesรน la presenza di un ragazzo che ha quel poโ di cibo a partire dal quale Gesรน sfamerร le folle, รจ nella stessa logica: โCโรจ qui un ragazzo che ha cinque pani dโorzo e due pesci; ma che cosโรจ questo per tanta gente?โ (Gv 6,9). Gesรน, allora, prende lโiniziativa e lui stesso, in prima persona, prende quel cibo e lo distribuisce rendendo grazie. Tutti si cibano a sazietร e avanza ancora parecchio cibo (Gv 6,10-13).
La folla coglie correttamente il gesto di Gesรน come segno che rivela qualcosa della sua identitร profonda (cf. Gv 6,14), ma ne trae conseguenze che Gesรน rigetta. Sapendo che volevano farlo re, Gesรน si ritira in solitudine sulla montagna (cf. Gv 6,15). La sua regalitร รจ altra e apparirร nella paradossale gloria del Crocifisso. Gesรน si ritira, โfa anacoresiโ, persino โfuggeโ, secondo alcuni testimoni della tradizione manoscritta (Gv 6,15). Fugge coloro che di un profeta vogliono fare un re, coloro che da un gesto di amore e di rivelazione vogliono trarre unโistituzione politica. Fugge chi lo applaude e lo acclama, fugge persino i propri discepoli, mostrando che a volte lโarte della fuga รจ lโunica possibilitร di salvaguardare la qualitร e la dignitร della propria vita e il carattere evangelico della propria fede. Notorietร e successo possono disumanizzare. Perchรฉ dunque questa fuga? Gesรน legge come tentazione lโintenzione delle folle, che potrebbe apparire un riconoscimento della sua potenza, perfino qualcosa di conforme al volere divino e che rende piรน efficace la sua missione. Ma Gesรน sa che la traduzione in potere politico di un gesto profetico รจ uccisione della profezia. Soprattutto, Gesรน sa che la tentazione avviene in situazioni quotidiane, mediante ministri umani e attraverso vie che a molti potrebbero apparire non tentazione satanica, ma volontร divina. Come discernere?
L’intento delle folle di fare re Gesรน รจ stravolgimento del suo gesto di donazione sovrabbondante in un do ut des in cui esse accordano potere su di loro a chi dona loro cibo e sussistenza. Accettare di essere re significherebbe entrare in un gioco perverso di potere in cui non vige il servire gli altri, ma il servirsi degli altri. E servirsene inducendo gli altri a dare il loro consenso grato allo sfruttatore. E questo si chiama abuso.
Il rifiuto di essere fatto re rivela che Gesรน non vuole che gli uomini si asserviscano, pagando con lโobbedienza e la sottomissione il pane che potrebbero ricevere. Gesรน chiama alla libertร e fa della sua vita un insegnamento di libertร . Egli rifiuta la logica del grande Inquisitore di Dostoevskij che afferma che, poichรฉ lโuomo non รจ allโaltezza della libertร , lโistituzione ecclesiastica ha dovuto rivestire gli abiti regali per andare incontro allโansia umana di inchinarsi davanti a qualcuno e per porre rimedio al dono insopportabile della libertร che Gesรน fece allโumanitร . โLโuomo non cerca Dio, ma miracoliโ, afferma il grande Inquisitore. Per questo, egli prosegue, โdal Tentatore noi accettammo … la spada di Cesare e ci proclamammo re della terra, gli unici re โฆ Chi mai infatti deve dominare gli uomini, se non quelli che dominano la loro coscienza e nelle cui mani รจ il loro pane?โ. Rifiutando la regalitร , Gesรน rifiuta di servirsi del miracolo e del potere come strumenti di asservimento dellโuomo; rifiuta il dominio sulla coscienza dellโaltro. Per Gesรน non esistono sudditi, ma fratelli.
Gesรน si rifiuta di piegare la fame, il bisogno ontologico dellโuomo, a un personale disegno di potere. E cosรฌ interdice anche alla chiesa e agli uomini di chiesa di sfruttare la debolezza e il bisogno umano, la sofferenza, la paura, la malattia, il peccato, la mediocritร degli uomini per indurli a consegnare la propria coscienza nelle mani di chi potrร assicurare loro comprensione, perdono e consolazione. Al contrario di quanto afferma il grande Inquisitore: โEssi finiranno per deporre la loro libertร ai nostri piedi e per dirci: โRiduceteci in schiavitรน, ma sfamateciโ. Comprenderanno essi stessi che libertร e pane terreno sono fra loro inconciliabili, giacchรฉ mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro!โ. Stando al linguaggio di Dostoevskij, Gesรน si rifiuta di servirsi di โmiracolo, autoritร e misteroโ per manipolare il consenso di una persona, per ergersi a padrone della sua coscienza. Se a Gesรน, secondo il grande Inquisitore, โla libertร della fede era piรน cara di tuttoโ, lโInquisitore, come ogni manipolatore e abusatore che si muove nello spazio ecclesiale, si erge a benefattore dellโumanitร portandola a rinunciare โal grave fastidio e al terribile tormento di dovere personalmente e liberamente decidereโ. Dice il grande Inquisitore: โtu non volesti privar lโuomo della libertร e respingesti lโinvito a mutare le pietre in pane, perchรฉ, cosรฌ ragionasti, quale libertร puรฒ mai esserci, se lโubbidienza รจ comprata con pani?โ. Purtroppo, la logica e il dinamismo psichico perverso del grande Inquisitore non รจ faccenda del passato, ma si ripresenta in ogni caso di abuso e manipolazione nella chiesa.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del: Monastero di Bose



