Padre Emidio Alessandrini โ un francescano a me caro nella paternitร spirituale, recentemente scomparso โ ribadiva spesso una cosa che brilla particolarmente nella festa del Corpus Domini, solennitร di questa domenica: ยซCari amici, io rappresento la Chiesa e vi devo indicare mete altissime; non accontentatevi della povertร luccicante di questo mondoยป.
E ancora, il curato dโArs, S. Giovanni Maria Vianney,ย ai parrocchiani che affermavano di essere indegni di ricevere il Corpo di Cristo rispondeva: ยซร vero che non ne siete degniโฆ ma ne avete bisogno!ยป.
In queste โmete altissimeโ e in questo โbisognoโ troviamo due punti cardine della solennitร che celebriamo. Ne abbiamo bisogno, dice il santo curato, ma per fare cosa? A che ci serve questo cibo che oggi, sempre piรน spesso, si esige di ricevere senza comprendere le gravi considerazioni di san Paolo: ยซChi mangia il pane e beve il calice del Signore indegnamente mangia e beve la propria condannaยป (1Cor 11,29)?
Il corpo di Cristo, il pane del cielo, il cibo che al pari della manna permette di sopravvivere nel deserto, serve a raggiungere queste โmete altissimeโ di cui abbiamo disperato bisogno e ogni viaggio, ogni avventura ha un cibo specifico, piรน o meno adatto. Per scalare lโEverest non si puรฒ mangiare pesante prima di mettersi in cammino: si rischierebbe di soccombere nei passi impervi e nella fatica.
Sapientemente la liturgia colloca la solennitร del Corpus Domini dopo la SS. Trinitร , in cui Gesรน consegna la missione ai discepoli. E nella festa di questa domenica Gesรน offre se stesso come cibo necessario per portare a termine la missione โ che definiamo โsua volontร โ โ e che ci consente di permanere in essa. Non comprendere questa finalitร significa andare incontro alla condanna, ossia la perdita dellโesperienza di risurrezione, meta della missione.
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La Chiesa ha il dovere perenne di indicare il fine: la risurrezione, che segue alla crocifissione. ร uno stato noto come โvita eternaโ, che non ha nulla a che vedere con lo stato abituale di esistenza basato solo sulla sopravvivenza o su uno โstar beneโ, affannosamente inseguito e sempre piรน assurto a valore assoluto. Vita eterna non significa vita dopo la morte, ma vita piena, ricca, gravida di frutti e di grazia di Dio. Essa si riceve seguendo lo stesso percorso compiuto da Cristo, salendo e rimanendo sulla croce, ossia rimanendo nella propria missione secondo la volontร di Dio indicata dalla Chiesa โ nella sua autorevolezza ricevuta da Gesรน โ senza cedere al senso dellโoggi, perchรฉ ciรฒ che era vero ieri รจ vero anche oggi.
Uscire dalla propria missione significa scendere dalle croci a cui la vita puntualmente conduce, per aggirarle con soluzioni personali, alternative, non cristiane, come lโeutanasia, lโaborto, il divorzio, la menzogna, il furto, le dissipazioni e le varie โubriachezzeโ, presentate dal tentatore come uniche soluzioni, che privano della risurrezione; essa รจ invece la soluzione eco-friendly di Dio ai nostri problemi: รจ economica, non inquina, non lascia cadaveri lungo la via, ma solo risorti.
Non ha senso uscire dalla propria missione ed esigere di nutrirsi del Corpo di Cristo, che serve ad affrontare proprio ciรฒ da cui invece si sta scappando; serve a viaggiare nella direzione esattamente opposta a quella verso cui il fuggitivo, sofferente, arrabbiato e spaventato tende.
Fidiamoci di Dio, diamogli la possibilitร di salvarci sulla croce per trasformarci in salvatori nella risurrezione, di amarci affinchรฉ possiamo amare. Facciamo nostro lโapocrifo Quo vadis, Domine? quando siamo tentati di abbandonare la nostra missione e rimaniamo saldi nellโEucarestia.
Dio non ci deluderร .
Commento di don Luciano Condina
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli



