Unโunica vite, unโunica linfa di vita
Nel vangelo secondo Giovanni ci sono parole di Gesรน alle quali purtroppo siamo abituati e che dunque ascoltiamo o leggiamo in modo superficiale. In veritร confesso che queste parole mi sembrano folli, mi sembrano pretese assurde, che un uomo equilibrato non puรฒ avanzare. Solo quando le leggo o le ascolto quali parole del Risorto vivente, del Kรฝrios, del Signore in mezzo alla sua chiesa (cf. Gv 20,19.26), mi sento di accoglierle come parole di veritร e di vita. Ma allora mi danno quasi le vertigini e mi fanno sentire inadeguato di fronte alla rivelazione del misteroโฆ I brani giovannei che ascoltiamo nel tempo pasquale e che innanzitutto testimoniano โ come si vedeva domenica scorsa โ le affermazioni di Gesรน โIo sonoโฆโ, possono urtarci, possono sembrare incomprensibiliโฆ eppure sono parole del Signore!
La pagina odierna รจ tratta dai cosiddetti โdiscorsi di addioโ (cf. Gv 13,31-16,33), parole che il Risorto glorioso e vivente rivolge alla sua chiesa. Gesรน afferma: โIo sono la vite vera e il Padre mio รจ lโagricoltore, il vignaioloโ. Per un ebreo credente la vite รจ una pianta familiare, che insieme al grano e allโolivo contrassegna la terra di Israele; รจ la pianta da cui si trae โil vino, che rallegra il cuore umanoโ (Sal 104,15); รจ la pianta coltivata da sempre nella terra di Palestina, simbolo di una vita sedentaria e di una cultura attestata, simbolo della vita abbondante e gioiosa. Proprio la vite era stata assunta dai profeti come immagine del popolo di Israele, della comunitร del Signore: vite scelta, strappata allโEgitto e trapiantata nella terra promessa da Dio stesso (cf. Sal 80,9-12), coltivata con cura e amore dal Signore, che da essa attende frutti (cf. Is 5,4). Gesรน, rivelando di essere lui la vite vera (alethinรฉ) โ come Geremia proclama di Israele: โTi ho piantato quale vite vera (alethinรฉ)โ (Ger 2,21 LXX) โ si definisce lโIsraele autentico, piantato da Dio, dunque pretende di rappresentare in sรฉ tutto il suo popolo, proprietร del Signore. Egli รจ la vite vera e Dio โ chiamato da Gesรน con audacia โPadreโ โ รจ il vignaiolo, colui che la coltiva.
Nella loro predicazione i profeti si erano piรน volte serviti di questa immagine per parlare dei credenti: Dio รจ il vignaiolo che ama la sua vigna ma da essa รจ frustrato (cf. Is 5,1-7; Ger 2,21; 5,10; 6,9; 8,13); Dio รจ il vignaiolo che piange la sua vigna, un tempo rigogliosa ma ora bruciata e desolata (cf. Os 10,1; Ez 15,1-8); Dio รจ il vignaiolo invocato in soccorso della sua vigna devastata e recisa (cf. Sal 80,13-17). Sรฌ, Gesรน, il Messia di Israele, รจ la vigna che ricapitola in sรฉ tutta la storia del popolo di Dio, assumendo i suoi fallimenti, le sue cadute e le sue sofferenze. Egli รจ nel contempo il testimone dellโamore fedele di Dio che, nella sua misericordia inesauribile, rinnova lโalleanza con il suo popolo.
Gesรน รจ anche la vigna che รจ la sua comunitร , la chiesa, e โ come dice Paolo servendosi della metafora del corpo che, seppur formato dal capo e dalle membra, รจ uno solo (cf. Rm 12,4-8; 1Cor 12,12-27) โ egli รจ la pianta e i credenti in lui sono i tralci: ma la pianta della vite รจ sempre una e una sola linfa la fa vivere! Il Padre vignaiolo, avendo cura di questa vite e desiderando che faccia frutti abbondanti, interviene non solo lavorando la terra e coltivando la ma anche con la potatura, operazione che il contadino fa dโinverno, quando la vite non ha foglie e sembra morta. Conosciamo bene la potatura necessaria affinchรฉ la vite possa non disperdere la linfa e cosรฌ produrre non fogliame, non tralci frondosi ma senza frutto: una vite deve dare grappoli formati e grandi, nutriti fino alla maturazione. Quando il contadino pota, allora la vite โpiangeโ dove รจ tagliata, fino a quando la ferita guarisce e si cicatrizza. La potatura tanto necessaria รจ pur sempre unโoperazione dolorosa per la vite, e molti tralci sono tagliati e gettati fuori della vigna, si seccano e sono destinati al fuocoโฆ
Gesรน non ha paura di dire che anche suo Padre, Dio, deve compiere tale potatura, che la vita che egli รจ deve essere mondata e che dunque deve sentire nel suo stesso corpo le ferite per i tralci tagliati e staccati da lui. ร la stessa parola di Dio che compie questa potatura, perchรฉ essa รจ anche giudizio che separa; del resto, non era stata proprio la parola di Dio a mondare la comunitร di Gesรน, con lโuscita dal cenacolo di Giuda il traditore, la sera precedente la passione (cf. Gv 13,30)? Per i discepoli di Gesรน cโรจ la necessitร di rimanere tralci della vite che egli รจ, di rimanere (verbo mรฉno) in Gesรน (facendo rimanere in loro le sue parole) come lui rimane in loro.ย […] Continua a leggere il testo nel blog di Enzo Bianchi



