Un Dio che โesageraโ
La parabola dei due debitori (Mt 18,21-35), al centro della liturgia odierna, รจ un esempio di patente esagerazione: un debito di cento denari (circa mezzo kg dโoro) confrontato con uno di diecimila talenti (equivalente a circa 340 tonnellate dโoro), dove alla fine una tale mostruosa differenza sembra che non conti niente: la remissione รจ garantita ad ambedue!
Che senso ha una tale esagerazione? Non รจ la prima nรฉ lโunica volta che questo capita nei vangeli. Si pensi a quanto ascoltato qualche domenica fa, dove il dono di cinque pani sfama cinquemila persone, si pensi al seminatore che sparge la sua semente ovunque, anche a costo di sprecarne tre quarti; si pensi al pastore buono che lascia novantanove pecore per ricuperarne una sola, si pensi al padre misericordioso che offre al figlio che lโha abbandonato e totalmente deluso un trattamento da festa nuziale.
Che senso hanno queste esagerazioni sistematiche? Quello di trasmetterci unโimmagine del Dio della Bibbia, del Dio di Gesรน, quel Dio che Giovanni ha raccolto nella brevissima formula: ยซDio รจ amoreยป (1Gv 4,8.16).
Dio รจ amore fuori misura
Si รจ giร accennato al rischio di banalizzare tale affermazione. Ma a collocarla nellโottica dellโโesagerazioneโ ci ha pensato san Bernardo nel suo trattatello Sul dovere di amare Dio, messo sotto il faro di un principio stabilito in risposta alla domanda che riguarda il perchรฉ amarlo, e la misura di tale amore. Ecco la risposta: ยซDio va amato perchรฉ รจ Dio, e la misura รจ amarlo fuori misura!ยป. Una frase cosรฌ scultorea vale la citazione nellโoriginale: ยซCausa diligendi Deum, Deus est; modus, sine modo diligereยป. Solo tre parole sono usate, ciascuna due volte: Deus e modus al centro, e il verbo diligere (amare) che le riguarda collocato ai lati, come per un abbraccio.
Dire che โDio รจ Dioโ, e che la misura รจ โfuori misuraโ, sembra non dire niente di concreto, ma se abbiamo una qualche idea di Dio come essere supremo, che sta al di lร del nostro piccolo orizzonte mentale, non si poteva rispondere diversamente al problema. Forse cโรจ un modo piรน vicino ai nostri discorsi di descrivere lโamore in questa dimensione dellโeccesso.
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Ci ha pensato la ยซparola dโoroยป (questo significa lโaggettivo che lo qualifica) di Pietro Crisologo, arcivescovo di Ravenna nel V secolo, grande amico di Leone Magno e sostenitore appassionato del dogma di Calcedonia, con la particolare sottolineatura dellโโumanitร โ del Verbo. Ecco quanto scrive: ยซLa forza dellโamore ignora il giudizio, non segue la ragione, non conosce misura; lโamore non si consola con lโimpossibilitร , non trova un rimedio nella considerazione della difficoltร . E perciรฒ va dove รจ condotto, non dove deve. Lโamore partorisce il desiderio, il desiderio cresce e si rafforza in ardore, lโardore si tende totalmente fino allโimpossibileยป (Sermone 147.6). E se si vuole una descrizione piรน concreta, lo stesso scrive nel medesimo sermone: ยซVedendo il mondo scosso e vacillante per la paura, subito Dio si mosse per richiamarlo con amore, invitarlo con la grazia, trattenerlo con la caritร , e stringerlo con lโaffettoยป (ibidem).
Lascio al lettore di approfondire la splendida progressione di una delicatezza che si esprime nel richiamare, invitare, trattenere, stringere affettuosamente qualcuno che รจ sempre in procinto di barcollare e cadere. In questa logica, il perdono rivela lโeccedenza dellโamore, il suo livello di fuori misura, unโidea che รจ nel cuore stesso della parola. Questa risulta dal termine base โdonoโ, qualificato dal prefisso โper-โ, che ha un valore di completezza, lo stesso che troviamo nei termini italiani โperfezione, perenne, perspicace, permeare, permanereโ ecc. Indica un attraversare qualcosa da cima a fondo, e insieme un senso di completezza. Il perdono, insomma, รจ un dono fuori misura. ร questo che lo rende difficile.
La premessa puรฒ essere sembrata troppo lunga, ma la ritengo necessaria per cercare di capire il nocciolo della parabola odierna, che รจ il perdono come eccedenza, soprattutto come ciรฒ che caratterizza lโagire di Dio. Questo chiama la nostra imitazione, ed รจ per essersi dimenticato di ciรฒ che era stato condonato a lui che il creditore spietato ha commesso un gravissimo errore.
Figli di un Padre misericordioso
Si parte, in effetti, proprio da qui, da una serie di saggi consigli del Siracide (27,33-28,9), che mettono in relazione lโatteggiamento di Dio con il nostro. Non cโรจ molto da spiegare. Lโodio, il rancore, la vendetta, la collera, la mancanza di misericordia sono condannati senza pietร , e un comportamento che non corrisponde a quello di Dio come puรฒ sperare di avere la sua pietร ? ยซColui che non ha misericordia per lโuomo suo simile, come puรฒ supplicare per i propri peccati?ยป.
La cosa รจ tanto piรน grave, perchรฉ, mentre il rapporto con Dio รจ asimmetrico, e Dio per sรฉ non ha alcun obbligo di perdonare chi trasgredisce, quando si tratta di uomini il rapporto รจ tra uguali, e dunque la diversitร di trattamento non ha nessuna giustificazione.
Torna opportuna, invece, la frequente meditazione del Salmo 102, letto oggi in risposta alla prima lettura, un esercizio eccellente per mantenere e nutrire la memoria dei benefici che riceviamo continuamente da Dio, base assolutamente necessaria per coltivare in noi sentimenti di misericordia: ยซQuanto il cielo รจ alto sulla terra, cosรฌ la sua misericordia รจ potente su quelli che lo temono. Quanto dista lโoriente dallโoccidente, cosรฌ egli allontana da noi le nostre colpeยป. Troviamo ancora il linguaggio dellโesagerazione, dellโeccedenza, e questo รจ per noi fonte di una perenne fiducia che non รจ scalfita da alcuna offesa che ci venga fatta, se vogliamo essere figli del Padre misericordioso.
โEssere in Dioโ
Il brano paolino (Rm 14,7-9) riporta il discorso a unโaltra veritร fondamentale: ยซSia che viviamo, sia che moriamo, siamo nel Signoreยป. Il Signore รจ la forza della nostra vita, il respiro dei nostri giorni, che resta in noi anche nellโesperienza estrema della morte. Conviene tornare spesso su questa convinzione.
Ogni volta che mi trovo a fare questi discorsi, mi torna alla mente un passo di Isacco della Stella che mi colpรฌ fin dal primo momento che vi incappai: ยซIn quelle cose che sono del nostro padre uomo, essendo il nostro corpo ancora animale e avendo la necessitร di esistere, o piuttosto di transitare nellโessere, cerchiamo soltanto il vitto e il vestito, e non ci colga nessuna tentazione se non umanaยป (Sermone 8,11, in I Sermoni, vol. II, p. 199). Noi non siamo โessereโ, perchรฉ la sostanza dellโessere รจ Dio, mentre per noi lโesistenza รจ solo un โtransitoโ nellโessere, fino a che non arriviamo alla perfezione della vita eterna.
Lโaveva giร capito bene santโAgostino, che scrive con linguaggio filosofico: ยซIo non sarei, mio Dio, non sarei affatto se tu non fossi in me; o meglio, io non sarei se io non fossi in te, poichรฉ tutto da te, tutto per te, tutto in teยป (Confessioni 1,2,2), o, come dice con ancor maggiore precisione Giuliana di Norwich: ยซร una grande beatitudine per lโuomo essere tolto dalla pena, piรน che se la pena fosse tolta dallโuomo. Perchรฉ, se la pena fosse tolta da noi, potrebbe tornare ancora. Invero รจ una consolazione sovrana e una contemplazione beatissima, per unโanima che ama, il sapere che saremo strappati dalla penaยป (Una rivelazione dellโamore, c. 64, p. 286-87).
ร davvero grande sentirsi di โessere in Dioโ, e da questa sensazione/convinzione non puรฒ che sgorgare quellโeccesso di dono che รจ il perdono. La riflessione mi ha portato a ricuperare una frase trovata un giorno per caso: ยซVoi entrerete in paradiso con le mani vuote, con il cuore aperto: porterete il vostro desiderio. ร tuttoยป (p. Prosper Monier s.j., 1886-1977). Come negare che questo รจ il traguardo di una libertร interiore assoluta, che ha per madre e sorella una povertร interiore altrettanto assoluta?
Lo spazio non consente ulteriori sviluppi che permettono di conoscere questa figura affascinante e poco nota da noi. Rimando al sito Internet a lui consacrato, segnalando il file Vous รชtes appelรฉs ร la libertรฉ, che contiene anche un video con unโentusiasmante intervista, presente anche in altri profili.
A questo punto non รจ piรน necessario alcun commento alla parabola, perchรฉ il suo punto รจ chiaro: per la fede รจ necessario vivere con la testa e il cuore โimmersiโ nel perdono di Dio. Ho visto per caso un sarcofago che sta nella cripta della chiesa di San Giovanni in Foro a Verona (X-XII secolo) dove, ai lati di Cristo, sono raffigurati i fratelli Pietro e Andrea. Mentre costui รจ identificato con la croce su cui sarebbe morto, a Pietro viene dato come segno significativo, oltre le chiavi, un gallo che sta sulla sua testa. Scelta incredibile, ma straordinaria. Allโapostolo รจ chiesto di mantenere la memoria del suo peccato e insieme del suo pentimento, le lacrime scaturite dallo sguardo compassionevole di Cristo, la seconda piรน importante della prima.
Si legga questa sintesi di s. Bernardo: ยซIn due cose รจ compresa la totalitร della vita spirituale: da una parte, la considerazione di noi stessi suscita in noi un turbamento e una tristezza salutari, dallโaltra, la considerazione di Dio ci ridona respiro e ci consola con la gioia che viene dallo Spirito Santo. Da una parte, deriviamo il timore e lโumiltร , dallโaltra, la speranza e la caritร ยป (Sermoni Diversi V,5, in Opere di san Bernardo, vol. IV, p. 87).
Il verbo โrespirareโ รจ usato spesso da san Bernardo, e ci ricorda che il cuore della meditazione non รจ il ricordo ansioso e deprimente dei propri errori, pur necessario, ma la memoria coltivata e gustata dei benefici continui e generosi che riceviamo da Dio. Se dovessi fare una sintesi della sintesi, direi che, in fondo, si puรฒ condensare lโidea di fede in un solo principio: vivere respirando nel perdono incommensurabile di Dio.
Fonte – Settimana News
Commento a cura di Nico Guerini
