6 settembre 2009
XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) Is 35,4-7a / Sal 145 / Gc 2,1-5 / Mc 7,31-37
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Guariti nel profondo
Al tempo di Gesรน, si credeva che la santitร fosse inversamente proporzionale alla distanza da Gerusalemme. La Giudea poteva ancora salvarsi, ma la Galilea e la Decapoli, oltre la Samaria, zone di confine, abitate da popolazioni miste, erano decisamente perdute. Gesรน inizia la sua predicazione proprio da lรฌ, dalle tribรน di Zabulon e Neftali, le prime a cadere sotto gli Assiri, seicento anni prima. Perchรฉ รจ venuto per i malati, non per giusti. Gesรน non fugge gli impuri e li condanna, come fanno i Perushim, i farisei. Li salva. La guarigione del Vangelo di oggi, fa esclamare alla folla โha fatto bene ogni cosa, ha fatto vedere i ciechi, ha fatto udire i sordi!โ. Entusiasmo condivisibile, ma che lascia lโamaro in bocca. Oggi parliamo della malattia e della guarigione.
Ma dove?
Vedo giร , lo ammetto, la fronte corrugata di qualcuno di voi. Sarรฒ chiaro: sarebbe meglio non ammalarsi e raramente ho visto gente trovare Dio e la fede nel dolore. Piรน spesso la si perde. La nostra predicazione รจ scivolata nella retorica su questi temi, scordandoci che il dolore e la malattia stravolgono una vita e, il piรน delle volte, annegano la fede. Preferisco cento volte essere guarito che offrire la mia sofferenza in comunione a Gesรน in croce, non diciamo fesserie! Avete ragione, occorre capirsi. Marco non intende proporre un Gesรน taumaturgo fine a se stesso, un Gesรน primario di una universale clinica delle guarigioni, un improbabile Harry Potter che soddisfa ogni esigenza. Migliaia di lebbrosi circolavano sulle strade polverose della Palestina e pochi di essi furono sanati, migliaia di ciechi disperati chiedevano l’elemosina ai bordi delle strade e pochissimi riebbero la vista. Gesรน non รจ venuto sulla terra a togliere la malattia, ma a darle una nuova dimensione.
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Salute e salvezza
Allora? Gesรน ha maturato in sรฉ una certezza: non รจ vero che โbasta la saluteโ. Lโuomo vuole immensamente di piรน, necessita di molte piรน cose. Abbiamo bisogno di salute, certo. Ma, molto di piรน desideriamo la felicitร . Ho visto, commosso, il coraggio rabbioso di certe madri farsi forza per sostenere il figlio handicappato; ho visto il gesto annoiato di chi ha tutto, salute, successo, denaro e si butta in un ago di siringa. Un desiderio ho sempre coltivato nel mio cuore, un desiderio colmo di ingenuitร : quello di intervistare i miracolati di Gesรน. Ho l’impressione, netta, che dopo la guarigione non sia solo avvenuto il miracolo della salute, ma quello della salvezza. Di fronte ad un malato Gesรน chiede: โCosa vuoi che ti faccia?โ. Assurdo, no? Vuole la guarigione! Ne siamo proprio certi? Gesรน sa che solo qualcosa di piรน grande puรฒ rendere felice il cuore dell’uomo. Come i dieci lebbrosi guariti, di cui uno solo, straniero, torna a ringraziare, Gesรน dice: โDieci sono stati sanati, ma uno solo si รจ salvatoโ. La malattia รจ mistero e misura del nostro limite, iattura e croce. Ma piรน della malattia cโรจ lโassenza di senso. Gesรน, guarendo, sta dicendo che il Regno ormai รจ arrivato, che la presenza del Padre sta contagiando il cuore di ogni uomo.
Malati
Qual รจ la tua malattia, amico lettore? Quale sofferenza hai nascosto in questi anni, per non ferire il tuo sposo o il tuo figlio? Quale cruccio dellโinfanzia, quale tragedia nella tua famiglia hanno spento il tuo sorriso? Quale paura tieni nascosta nella cantina del tuo castello interiore? Quale debolezza psicologica frena lo slancio del passo? Gesรน ti guarisce. Gesรน ti salva. Gesรน ti ama. La malattia รจ dimensione inevitabile tragica della nostra vita, che misura la nostra fragilitร , che rivela la dimensione del nostro infinito desiderio di gioia e di luce. Cristo รจ la nostra gioia, Cristo รจ la nostra luce. Siamo guariti nel profondo. Sogno e son desto ร per questo che Isaia, il grande e tenero Isaia, spalanca gli occhi davanti a un popolo rassegnato, sfiancato da settantโanni di prigionia a Babilonia, ormai convinto che Dio non ci sia piรน, e sogna. Sogna un ritorno, una terra in cui la sofferenza non esiste piรน e lโabbondanza delle acque che riempie i cuori. Un sogno che รจ anche quello di Dio e che si avvererร per Israele con il ritorno a Gerusalemme e, per noi, con la venuta del Regno. Questa salvezza, questa buona notizia, questo gioioso annuncio, ammonisce Giacomo, deve essere visibile sin dโora nelle nostre comunitร . Se lโasfalto del conformismo ha appiattito lโattenzione al povero, Giacomo ci richiama con forza alle nostre responsabilitร di salvati. La Chiesa, che รจ il popolo di chi รจ stato sanato dalle proprie ferite con lโolio della consolazione di Gesรน, imita lo stesso gesto verso lโumanitร fatta a pezzi e ferita dallโodio e dal peccato. E penso ai mille sconfitti che ho incontrato nella mia vita, alle sofferenze, alle tragedie che permeano il cuore dell’uomo. E a quanti, in nome del Nazareno, dedicano tempo e donano amore per alleviare il dolore. Buone notizie, amici, buone notizie da celebrare e da far diventare pane quotidiano e mano tesa ad accarezzare il fratello perso.
Noi siamo il volto di Dio per il fratello sconfitto.