Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 29 Marzo 2020

Cristo è l’Acqua viva, Cristo è la Luce vera, Cristo è la Vita! Siamo giunti in questa V domenica di Quaresima alla terza tappa del percorso di incontro con il Signore che la Chiesa ci sta proponendo mediante il Vangelo di Giovanni. Gesù, di fronte al dramma della morte dell’amico Lazzaro, si autopresenta solennemente come Risurrezione e Vita. Nel gergo della nostra gente spesso sentiamo dire: “Solo alla morte non c′é rimedio“.

É vero, non c’è alcun rimedio umano alla morte. Per quanto la scienza possa progredire, conquistare gli astri e scendere nelle minuscole profondità della materia, la morte rimane un ostacolo umanamente insormontabile. Esiste, però, un altro rimedio: ha un nome e un volto, il Nome e il Volto di Cristo. Una delle innumerevoli pagine della Scrittura, che cercando di gettare luce su questo mistero, ci ricorda: “Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono” (Sap 2,23-24).

Questa morte, però, non ha l’ultima parola. Nel Figlio di Dio che ha assunto la nostra umanità in sè, compresa l’esperienza tragica della morte, che ha voluto sperimentare in prima persona sul Calvario, essa è stata sconfitta per sempre. Un canto della liturgia pasquale ce lo ricorda: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (Sequenza di Pasqua). Il segno che Gesù compie sul suo amico Lazzaro, facendolo tornare alla vita terrena dopo la morte, è la conferma della sua Parola e della sua potenza. L’amicizia di Cristo con Lazzaro lo porta a soffrire umanamente per questa morte, pur sapendo che essa non avrà la meglio.

Egli, allora, lo sceglie come segno per annunciare il Vangelo della Vita Eterna! Gesù sapeva che Lazzaro, dopo qualche anno, sarebbe morto di nuovo, ma voleva dare un indizio di credibilità a tutti i suoi discepoli, di ogni epoca. La morte non è la fine di tutto. Essa è piuttosto un passaggio, l’incontro più importante della nostra vita, con l’Eterno. Credere in Cristo, Morto e Risorto, coltivare la nostra amicizia con Lui, diventa il farmaco della nostra immortalità.

Se la leggiamo in questa ottica, non dovremmo vedere l’ora di realizzare questo incontro. Eppure, la debolezza della nostra fede, ci porta a “prendere tempo”, forse a volte ad esorcizzare questo momento per noi e per i nostri cari.

Ma allora crediamo veramente all’eternità? Ci sono sempre di grande consolazione, quando pensiamo al mistero della morte, le parole di San Francesco d’Assisi: “Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali; beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male” (Cantico delle Creature).


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