Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 26 Gennaio 2020

Rileggiamo questo brano evangelico che la Chiesa ci dona per la oggi, con la particolare prospettiva offertaci dalla Domenica della Parola di Dio (leggi la scheda approfondimento), che si celebra per la prima volta, per volontà di Papa Francesco (Lettera Apostolica Aperuit Illis, del 30 settembre 2019). Il salmista canta: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,115).

Ed è proprio a questa Luce che si riferisce il profeta Isaia, nell’espressione citata da Matteo, per raccontare gli inizi del ministero pubblico di Gesù in Galilea. La sua venuta nel mondo, come Verbo, Parola fatta carne, ha portato una luce nuova all’umanità che camminava nelle tenebre del peccato, dell’ignoranza e della lontananza da Dio. La potenza della Parola di Dio consegnata alla Chiesa continua a far sì che tante anime incontrino Gesù, conoscendolo, amandolo, dialogando con Lui ancora oggi. Non è un caso, dunque, che i primi passi del ministero pubblico del Figlio di Dio corrispondano con la sua predicazione, la spiegazione delle Scritture, l’annuncio del Regno e l’invito alla conversione.

A conclusione del bellissimo Prologo al suo Vangelo, San Giovanni ci ricorda: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1, 18). É molto interessante che il verbo greco utilizzato da Giovanni per dire che Gesù rivela il Padre, richiami il senso di un’esegesi, lo stesso concetto che si usa per la spiegazione delle Scritture. Gesù, quindi, è il vero esegeta, l’unico a poterci dare la vera spiegazione della verità su Dio e su noi stessi e quindi anche il centro delle Scritture.

San Tommaso d’Aquino ci insegna: “Il cuore di Cristo designa la Sacra Scrittura, che appunto rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della passione, perché la Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la passione, affinché coloro che ormai ne hanno l’intelligenza considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate” (San Tommaso d’Aquino, Expositio in Psalmos, 21, 11). Continuando a riflettere sul brano evangelico di questa domenica, poi, emergono gli effetti del ministero di Gesù: Egli invita alla conversione, perché il Regno è vicino, chiama i discepoli a collaborare alla sua opera e opera guarigioni.

Riflettendoci bene, quali sono gli effetti di un ascolto autentico della Parola di Dio nella nostra vita? Se il nostro cuore è aperto e disponibile a lasciarsi toccare da Essa, anzitutto sentiremo il bisogno urgente di conversione: la nostra vita non può mai essere all’altezza di questo annuncio, ma necessitiamo continuamente cambiare mentalità, adeguarci ad esso, cioè convertirci! Chi può dirsi arrivato o “a posto” di fronte alla Parola? In secondo luogo, da un ascolto autentico, sorge la vocazione: Dio ha un disegno per ciascuno di noi. Ascoltare la sua voce nelle Scritture ci aiuta a capire quello che Lui vuole da noi.

Spesso basta una parola, un’immagine, un’espressione delle Scritture per aiutarci a comprendere quel che Dio ci sta chiedendo. Quanto è importante questo ascolto nel discernimento vocazionale, non solo per il sacerdozio, la vita consacrata, la vita missionaria, ma anche per la vocazione al matrimonio, alla famiglia e in generale alla santità battesimale, dalla quale nessuno può e deve sentirsi escluso. Infine, come Gesù passando guariva ogni sorta di malattia e infermità, così lasciando spazio alla Parola nel nostro cuore, noi possiamo sperimentare la guarigione da tante ferite interiori, da tanti pensieri cattivi, da tanti desideri disordinati.

La Parola di Gesù, quando è ben accolta e pregata, porta con sè una grande forza risanatrice, aiutandoci a chiamare per nome le malattie del nostro spirito, perché Essa – come ci ricorda la lettera agli Ebrei –  è “viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4, 12). Portando questa luce divina in noi, dunque, non può lasciarci come ci ha trovati, ma ci riempie della presenza di Dio.


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