Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 17 Maggio 2020

L’amore secondo la prospettiva biblico-cristiana non è mai un concetto astratto e disincarnato, ma configurandosi come una dinamica essenzialmente relazionale prevede il coinvolgimento dell’intera persona, di cui tocca la sfera esistenziale più profonda, non potendo ridursi ad un semplice sentimento relegato alla dimensione emotiva. In altre parole, esso inerisce alla dimensione della comunicazione e della comunione tra le persone, ciò che più le caratterizza come tali, collocandole al vertice della categoria degli esseri creati.

Anche quando si pensa all’amore di Dio, si coglie come Egli si coinvolga con l’uomo in prima persona, comunicandosi a Lui e desiderando la piena comunione con la sua creatura. Da parte sua, per corrispondere a tale offerta libera e gratuita, l’uomo è chiamato a rispondere liberamente con un coinvolgimento altrettanto personale e totalizzante mediante la propria intelligenza, volontà, pensieri, sentimenti, desideri e azioni. É questa la ragione per cui  Gesù nel brano del Vangelo di questa domenica pone l’amore verso di Lui in stretta relazione all’osservanza dei comandamenti. Amare Gesù, infatti, non può essere pura astrazione o puro sentimentalismo, ma la persona che si pone in questa relazione intima e personale con Lui viene coinvolta attraverso tutte le dimensioni del suo essere e del suo agire, secondo un percorso reale e oggettivo le cui linee portanti sono offerte proprio dai comandamenti.

La Legge data da Dio sul Sinai e portata a compimento da Gesù offre all’umanità le coordinate essenziali per rimanere entro i confini dell’amore, realizzando la volontà del Padre, nella duplice direzione, quella verticale, orientata verso di Lui (primi tre comandamenti) e quella orizzontale, orientata verso i fratelli (gli altri sette). Qualche giorno fa, papa Francesco ricordava: “Chiediamo al Signore che ci aiuti a discernere i frutti della gratuità evangelica dai frutti della rigidità non-evangelica, e che ci liberi da ogni turbamento di coloro che mettono la fede, la vita della fede sotto le prescrizioni casistiche, le prescrizioni che non hanno senso. Mi riferisco a queste prescrizioni che non hanno senso, non ai Comandamenti. Che ci liberi da questo spirito di rigidità che ti toglie la libertà” (Meditazione mattutina in Santa Marta, 15 maggio 2020).

Rimanere entro i confini di questo amore vero, infatti, libera dalle due tentazioni: da una parte quella del lassismo, secondo la quale, tutto è lecito, purché fatto con amore e per amore (e a questo proposito bisogna chiedersi “è proprio questo l’amore di cui ci parla Gesù?”) e dall’altra parte quella del legalismo, secondo cui la legge è un assoluto, che – in una prospettiva religiosa malata – potrebbe arrivare a prendere il posto stesso di Dio. Un autore spirituale, il gesuita François Pollien sostiene che la volontà di Dio ha due manifestazioni, quasi come cerchi concentrici: l’una più esterna, quella dei comandamenti appunto, che mostra “i segni indicatori della via che debbo seguire per entrare nel regno di Dio” e quella più interna,  secondo la quale “Dio agisce in me. Egli eccita ed anima, imprime l’impulso e il movimento soprannaturale: è il lato mobile, l’elemento dinamico della mia vita divina. Tutto ciò che è disposizione generale o particolare della Provvidenza, tutto ciò che è ispirazione, movimento buono” (Vita interiore semplificata, 235).

E come ci ha ricordato Gesù, nel cuore del brano evangelico, tale azione interiore di progressiva conoscenza e di guida costante è opera dello Spirito Santo, che procede dal Padre e da Lui, ravvivando e perfezionando l’amore dei cuori che si aprono alla sua azione, entrando nel suo spazio sacro attraverso la via dei comandamenti.


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