Commento al Vangelo del 24 Febbraio 2019 – don Luciano Labanca

Il brano evangelico di questa domenica, in piena continuità con l’introduzione al “Discorso della pianura” di domenica scorsa, si presenta molto denso e ricco di provocazioni per la nostra vita cristiana. In esso si coglie tutta la forza della Parola di Gesù, che si scontra contro la mentalità “mondana”.

Di fronte alle offese, alle incomprensioni, alle mancanze, la reazione immediata è per la maggior parte di noi quella della vendetta, della risposta a tono, del pagamento con la stessa moneta. É così che fanno i pagani, ossia coloro che non hanno conosciuto Cristo, oppure non sono o  non vivono da suoi discepoli. Gesù, invece, viene a metterci seriamente in crisi su questo punto: lo dice esplicitamente ai suoi, cioè a “noi che ascoltiamo”. Chi desidera porsi sulle sue orme, è invitato a vivere una logica differente, eccedente!

Nessuno può sentirsi “a posto” di fronte a queste parole forti del Maestro: la tentazione della vendetta, spesso sottile e abilmente premeditata, tocca tutti. Santa Chiara d’Assisi in una lettera a Sant’Agnese di Praga scriveva: “Poni la tua mente nello specchio dell’eternità, poni la tua anima nello splendore della gloria, poni il tuo cuore nella figura della divina sostanza e trasformati tutta, attraverso la contemplazione, nell’immagine della sua divinità, per sentire anche tu ciò che sentono i suoi amici gustando la dolcezza nascosta che Dio stesso fin dall’inizio ha riservato a coloro che lo amano” (Lettera 3, 12-14).

Soltanto specchiandoci in Cristo, noi possiamo imparare i “suoi stessi sentimenti” (cfr. Fil 2,5), chiedendoci sempre di nuovo: Lui come si comporterebbe con quella persona in una situazione simile? Mettersi davanti a Lui, portare le situazioni difficili e conflittuali nella preghiera, è un’ottima strada per poter “digerire” tanti eventi, ottenendo il frutto più bello, quello della pace del cuore.

Spesso la vendetta immediata può essere un’apparente soddisfazione, ma come si può sperimentare, essa lascia sempre il cuore amareggiato ed avvelenato, nella tristezza e nell’insoddisfazione. La riconciliazione, la comunione, la pace, la misericordia e il perdono, invece, sebbene agli occhi del mondo – e forse il più delle volte anche agli occhi del nostro orgoglio – sembrino delle sconfitte e dei cedimenti, sono la vera forza del discepolo: queste sono le “armi della luce“, quelle che Paolo ci invita ad indossare per l’ora decisiva della nostra vita cristiana (Cf. Rm 13,12).

In questo modo, come ci dice Gesù, sperimenteremo in noi la misura traboccante dell’amore, che non si accontenta del corrispettivo, del semplice do ut des, ma tende al sovrappiù, come Lui, che “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13, 1).

Fonte – il blog di don Luciano

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