Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 10 Agosto 2020

A tutti noi capita in vari modi di cadere; alla fine ci sarà la nostra caduta definitiva a terra, quando verranno meno tutte le nostre funzioni biologiche e ci sarà tolta la vita. Ma non tutti siamo già pronti a consegnare, a restituire, a dare la vita, cioè a donarci attivamente sapendo che non solo abbiamo ricevuto un dono, ma che noi stessi siamo un dono, per noi e per gli altri, da mettere in circolo.

Senza tale scelta – senza amore incarnato – resta di noi solamente un cadavere, uno scheletro, polvere. Ma assumere consapevolmente il rischio di uscirne cambiati, diversi e trasformati è ciò che ci consente di vivere la nostra opportunità. Il testo evangelico è al presente: chi si attacca morbosamente alla propria individualità la distrugge, si distrugge già ora, perché sterilizza la fecondità inscritta nel suo corpo.

Quel cadavere è come un seme caduto, adagiato sul suolo, ma incapace di attingere dal terreno il nutrimento per il germe della nuova vita; non è più spiga e non lo sarà più: non porta frutto; è sterile, sprecato. Se però persino un chicco di grano può generare una spiga, a maggior ragione quanto è generativa la persona umana! Il più grande ostacolo è purtroppo sempre l’attaccamento egoistico: il voler essere serviti e riveriti, anziché coinvolgersi e condividere.

In un mondo che incentiva l’egoismo, l’approfittarsi a scapito dei più deboli e la concorrenza per essere riconosciuti come prestigiosi, chi affronta questo campo con il timore di perdere le proprie ambizioni, i propri interessi e le proprie comodità non riesce ad amare sino in fondo, perché resta vittima delle logiche mondane, delle aspettative sociali e dei progetti calcolati, senza mai poter gioire dell’inatteso. Al contrario chi, guardando con stupore a Cristo che regna in Croce, non ha paura di morire – e non per incoscienza, ma anzi perché già sa la spiga che può essere – trova in Lui il coraggio di amare, che per il Quarto Vangelo si traduce con “servire” (diakoneo).

Il nostro santo diacono Lorenzo ha mostrato la sua personale prontezza nel donarsi sino in fondo, senza risparmi. La morte di chiunque come lui scelga una vita caratterizzata da uno dei molteplici servizi verso i fratelli, in cui si lascia incontrare veramente Cristo bisognoso, si innesta nella morte stessa di Cristo – che lo sappia o no – che serve la donna e l’uomo per riallacciarli alle viscere del Padre.

Partecipando al donarsi di Dio in ogni atto di amore in cui moriamo a noi stessi perché l’altro viva, la morte fisica sarà il culmine del dono divino che fa fiorire pure nostra persona in un profumo che è da sempre e mai verrà meno.


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

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