p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 30 Aprile 2019 – Gv 3, 7-15

Nicodemo è andato da Gesù: è notte. Quest’uomo inizia un dialogo con Gesù, vedremo nel capitolo seguente il dialogo con la donna samaritana. Siamo di notte, il momento in cui siamo meno ricettivi, il momento in cui si vive maggiormente l’inattività, quando capiamo meno, quando non vogliamo, quando vediamo meno. In questa notte noi siamo chiamati a superare le nostre conquiste, ad andare oltre le nostre capacità e i nostri sforzi. Noi impariamo a diventare persone cogliendo le nostre doti e caratteristiche tramite le quali diveniamo abili a fare qualcosa, a realizzare qualcosa. Troppo spesso la nostra vita si ferma lì, come se fossimo nati per caso. Ma la vita ci chiama ad andare oltre non per negare quanto abbiamo realizzato quanto invece per non far dipendere la nostra vita e la nostra identità dalle nostre conquiste più o meno belle, più o meno grandi.

È il tempo di rinascere dall’alto, di scegliere di rinascere, di lasciarci avvolgere dallo Spirito. Se la nostra nascita è frutto o del caso o dell’amore fra due persone o genitori, la rinascita è frutto di una nostra scelta. Scegliamo di essere figli e di avere un Padre e una Madre. Scegliere di essere figli andando oltre quanto siamo capaci di fare e di conquistare, significa entrare in un ambito di libertà dove non sai di dove viene lo Spirito che ti rigenera, è come il vento che “soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va”. È tempo di smettere di pensare di capire ed è tempo di lasciarci capire. Il problema è come avere la vita non come conquistarla.

Non è più il tempo della religione. Religione deriva proprio da religio, legare e rilegare; uno che è imbalsamato bene, imbastito da tutti i suoi doveri, obblighi, incubi da osservare, pena perdere l’esistenza. Rispetto alla religione c’è qualcos’altro, c’è la buona notizia, il vangelo, la bellezza di essere figli, di essere fratelli, di dire sì alla propria identità. Gesù è venuto a rivelarci l’identità perduta come uomini.

La chiamata è dunque chiamata ad essere generati scoprendo Padre e Madre di questa rigenerazione. Tutte le religioni dicono che la vita viene dal fatto che se tu fai quello che devi fare, se osservi i tuoi doveri, osservi le leggi, osservi tutti gli obblighi hai la vita, hai il premio.

Questo dice la legge mentre Gesù dice che la vita non è oggetto di conquista, la vita non la puoi possedere, la vita è donata: esisto perché sono figlio! Quindi sono due principi diversi della vita: uno è di quello che si è fatto da sé, tutto lo sforzo religioso per salire al cielo, come se Dio ci sbarrasse il cielo, ce lo vietasse. Essere religiosi, legati a dei doveri, è cercare di conquistare Dio e il suo Regno. La conseguenza è la rapina della vita vivendo le relazioni stesse come rapina. Ciò che ci serve per vivere è oggetto di rapina, col bel risultato che vediamo: ci si ammazza gli uni gli altri e vogliamo anche avere il permesso dallo stato di potere ammazzare.

Ciò di cui si vive non può essere oggetto di rapina, è oggetto di dono, siamo tutti radicalmente figli amati. Solo chi si accetta come figlio, e accetta il Padre e la Madre, può accettare se stesso e accettare i fratelli.

Gesù è venuto a guarirci da quello che si chiama il peccato originale che è un po’ come il complesso di Edipo, che uno vuol essere Padre di se stesso, non accetta di venire dall’Altro. La vita non l’abbiamo fatta noi: o l’accettiamo come dono o la dobbiamo pagare. Pagare uno perché ci faccia da padre per conquistarci la sua fiducia e la sua riconoscenza, è una vita aberrata. Se la pago, questa vita, cosa faccio? Mi ammazzo? O la facciamo pagare agli altri?

No! La vita o è dono o non è. Questo brano ci mostra la fonte della vita che Gesù è venuto a rivelare. La fonte è il Padre, è l’amore, è la Madre. La mia vita è dire “Sì” all’essere figlio. Questo mi permette di vivere amando i fratelli.

Ne consegue che la nuova legge non è più la legge degli obblighi religiosi.  Questo testo è un po’ come un notturno; un notturno è vago, sfumato, delicato, pieno di note così sottili. Entrare nella vita vera è proprio entrare in ciò che naturalmente non vediamo. La nostra educazione ci porta a vivere e a pensare altro della vita, della paternità e della figliolanza, degli altri e di come bisogna vivere. Entrare nel notturno con Nicodemo significa accogliere la vita come dono lasciandoci stupire da cose mai viste e da cose inaudite che nel buio e nel silenzio notturno possiamo intuire, intravvedere, ascoltare.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3, 7-15

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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