don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 23 Maggio 2020

Cantate al Signore con giubilo

Sabato della VI settimana di Pasqua

At 18,23-28   Sal 46  

Sta per compiersi il passaggio di Gesù da questo mondo al Padre dal quale era uscito. Gesù non è venuto a fare una passeggiata nel mondo, ma si è piegato per risollevare il mondo dal peccato e rendere gli uomini figli di Dio. La profondità del suo abbassamento è stata tale da creare una forte l’intimità tra l’uomo a Dio. In Gesù Dio si è fatto conoscere all’uomo come Padre amorevole. Attraverso il Figlio noi possiamo rivolgerci direttamente a Dio pregando con un solo cuore e con una sola voce insieme a Gesù. L’intimità filiale si sperimenta nella preghiera nella quale si apre il cuore a Dio e si gode della gioia di sapersi amati gratuitamente, in una misura che supera infinitamente i propri meriti e che non tiene conto dei peccati. 

La preghiera è l’anelito dello Spirito che Gesù ci ha donato. San Paolo parla della preghiera nella prova quando più forte si avverte il peso dell’assenza di Dio. La preghiera alimenta la speranza che ci accompagna nel cammino della vita presente. Guidati dallo Spirito la storia della nostra salvezza progredisce tra desolazioni e consolazioni, tra gioie e dolori per approdare alla gioia della comunione dei santi nel cielo. «Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (Rm 8, 24-27). Il desiderio che lo Spirito Santo suscita in noi travalica la possibilità che le parole hanno di esprimerlo. La preghiera stabilisce una relazione di attaccamento paragonabile a quello che si viene a creare tra due innamorati o tra la madre e il proprio bambino. Le parole cedono il passo ai sospiri nei quali si esprime la preghiera dello spirito. 

Sant’Agostino porta l’esempio dei mietitori o dei vignaioli che mentre lavorano iniziano a intonare un canto, ma la gioia li pervade al punto che essi non cantano articolando le parole ma giubilano: «Coloro infatti che cantano sia durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, ma, in seguito, quando l’emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla in parole e allora si sfogano in sola modulazione di note. Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole» (dal Commento sui salmi, di sant’Agostino, vescovo, Salmo 32, Disc. 1, 7-8; CCL 38, 253-254). Nel giorno del Signore i figli di Dio pregano e cantano con giubilo a Dio effondendo nella melodia di note la gioia del cuore, l’anelito dello Spirito. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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