don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo di oggi, 17 Settembre 2019

Mi è capitato, durante una sosta in terra santa, di visitare la piccola cittadina di Nain. È difficile dire cosa di quel villaggio o di quel territorio fosse simile ai tempi di Gesù. Ma non è la geografia la cosa che conta, ma la storia che attraversa quel villaggio. È una storia di immensa sofferenza: una donna perde prima il proprio marito e poi è costretta ad assistere alla morte del figlio unico.

Lo sta portando al cimitero, e proprio in quel momento i suoi passi si incrociano con quelli di Gesù: <<Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere! ” È irresistibile per lui vedere il dolore di quella donna e continuare nell’indifferenza. È una verità che non dobbiamo mai dimenticare: Gesù non è mai indifferente al nostro dolore, alle nostre lacrime. E se anche questo non risolve lo scandalo del male, né ci dice perché egli lo permetta, la cosa che non dobbiamo mai tralasciare è la costante certezza che lì dove c’è qualcuno che soffre, Cristo è lì.

Non è una semplice consolazione in assenza di soluzioni, ma è il punto di partenza di ogni vera soluzione. Dio non si limita a considerare le nostre lacrime, ne pone anche un argine. Ci dice che ciò che ci fa soffrire non sarà per sempre. Ecco perché dice a quella donna “non piangere”. <<E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati! Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre>>.

Il racconto di un singolo fatto accaduto nella cittadina di Nain ha un grande valore simbolico. Infatti anche per noi l’incontro con Cristo è innanzitutto l’incontro con la Sua compassione. Egli soffre con noi, si mette nella situazione di “patire” ciò che noi patiamo. Ma non si limita solo a entrare nella nostra passione, ma pone ad essa anche un argine. Il nostro dolore non sarà per sempre. E proprio per questo verrà un tempo in cui anche a noi sarà riconsegnato in maniera nuova ciò che ci è stato tolto.

Il fondale della risurrezione è il grande orizzonte di senso dentro cui anche la Croce assume un significato.

Commento a cura di don Luigi Maria Epicoco.

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Ragazzo, dico a te, àlzati!

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7, 11-17

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Parola del Signore

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