Commento al Vangelo del 26 Maggio 2019 – don Luciano Labanca

L’amore per Gesù è il legame che supera le barriere dello spazio e del tempo e ci pone in comunione con Lui. Non si tratta di un elemento semplicemente nominale, ma richiede una visualizzazione concreta nella nostra vita, che tocchi la nostra esistenza quotidiana, senza lasciar fuori nulla di quanto siamo e viviamo.

Quando si ama davvero qualcuno, si cerca di piacergli in tutto, scegliendo di agire come piace a lui, di non deluderlo mai. Così è con il Signore: dall’amore per Lui, deriva l’osservanza della sua Parola. Non basta misurarsi con un codice di comportamento, ma bisogna far in modo che il nostro essere e il nostro operare aderiscano totalmente alla sua Persona. Guai se pensassimo che il cristianesimo è un insieme di precetti morali: il cristianesimo non “è” una morale, ma “ha” una morale. Alla base di tutto, infatti, c’è sempre l’incontro con la Persona viva di Cristo, che ci affascina e ci seduce.

Da questa relazione deriva, poi, una vita rinnovata secondo quello che Lui è, insegna ed opera. Chi, per amore e per grazia, rivive in sè “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), è amato dal Padre, perché riproduce in Lui i tratti del Figlio e le Persone della Trinità prendono dimora nel suo cuore. È questo il senso di quella che la teologia e la spiritualità cristiana definiscono “inabitazione” della Trinità nel cuore dei credenti. La Beata Elisabetta della Trinità, una grande mistica che ha saputo scoprire tutta la bellezza e la profondità di questo mistero, scriveva: “La mia occupazione continua è rientrare nell’intimo e perdermi in Coloro che vi abitano…

Lo sento così vivo nell’anima mia che basta che io mi raccolga per trovarlo qui, dentro di me. Ed è tutta la mia felicità” (Lettera al canonico Angles, 15 luglio 1903). Al contrario, chi non si lascia trasformare da questo amore, non può osservare la Parola e si priva di questo dono grandioso, rimanendo chiuso in sé stesso. Non basta la forza e la volontà umana per entrare in questa dinamica, ma il tutto è opera dello Spirito, il Paraclito, il Consolatore, che mette sempre di nuovo i discepoli di ogni epoca e latitudine in contatto con il mistero pasquale di Gesù, insegnando e ricordando quello che il Maestro ha detto e fatto.

L’unico atteggiamento da coltivare sempre, dunque, è l’umiltà e l’apertura del cuore al Dono del Risorto, che è lo Spirito, l’Amore che da sempre e per sempre “procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato“.

Fonte – il blog di don Luciano

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