Necessità, bellezza e gioia di condividere la comune fede tra Oriente cristiano e Occidente latino, pur nella diversità delle due tradizioni. Questo il filo conduttore della seconda predica di Quaresima svolta da Padre Raniero Cantalamessa, nella Cappella “Redemptoris Mater” in Vaticano, alla presenza del Papa. Al centro della meditazione, il Mistero della Trinità, da adorare insieme e da annunciare in modo comprensibile agli uomini di oggi. Il servizio di Gabriella Ceraso:
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Mettere insieme quello che ci unisce
L’esortazione del Papa a mettere in comune, nel cammino verso l’unità, le tante cose che uniscono Oriente cristiano e Occidente latino, che sono di più di quelle che li dividono, è lo spunto per questa seconda meditazione di Quaresima, nonché, spiega padre Raniero, l’orientamento emergente in ambito ecumenico. Un cambiamento di prospettiva che, aggiunge, alla fine fa apparire le differenze dottrinali reali, come compatibili se non di arricchimento, anzichè un “errore”. Tra i grandi misteri nei quali c’è accordo di fede, pur nella diversità delle tradizioni ortodossa e cattolica, è il mistero della Trinità, “Everest della fede” come lo definisce padre Raniero Cantalamessa:
“Entrambi, latini e greci, partono dall’unità di Dio sia il simbolo greco che quello latino comincia dicendo: ‘Credo in un solo Dio’. Soltanto che quest’unità per i latini è concepita ancora come impersonale o pre-personale; è l’essenza di Dio che si specifica poi in Padre, Figlio e Spirito santo, senza, naturalmente, essere pensata come preesistente alle persone. Nella teologia latina, il trattato ‘De Deo uno’, sul Dio uno, ha sempre preceduto il trattato ‘De Deo trino’, cioè sulla Trinità. Per i greci, invece, si tratta di un’unità già personalizzata, perché per essi ‘l’unità è il Padre, dal quale e verso il quale si contano le altre persone’.
Per Dio essere è amare
Entrambe vie legittime di accostarsi al mistero, anche se oggi si tende a preferire il modello greco in cui, aggiunge padre Raniero, “l’unità in Dio non è separabile dalla Trinità, ma forma un unico mistero e scaturisce da un unico atto”.”Il Padre è il solo, anche nell’ambito della Trinità, assolutamente il solo, a non aver bisogno di essere amato per poter amare. Solo nel Padre si realizza la perfetta equazione: essere è amare; per le altre persone divine, essere è essere amato.” Ma se questo approccio, prosegue padre Raniero, fornisce lo schema giusto per parlare di Trinità, ad assicurarne “il contenuto di fondo, l’anima, che è l’amore” è l’apporto della teologia latina con S. Agostino, valorizzata nel tempo anche dagli orientali:
“S. Agostino fonda il suo discorso della Trinità sulla definizione ‘Dio è amore’, vedendo nello Spirito Santo l’amore mutuo tra il Padre e il Figlio, secondo la triade amante, amato, amore, che i suoi seguaci medievali espliciteranno e renderanno quasi canonica”.
Due vie da mantenere aperte
In modo differente e complementare, dunque, le due teologie concepiscono l’essere e le relazioni interne alla Trinità, interessandosi inoltre l’una all’immanenza di Dio uno e Trino, l’altra al suo manifestarsi nella storia della salvezza. Eppure, entrambe le vie sono necessarie, per la fede cristiana:
“La Chiesa ha bisogno di accogliere in pienezza l’approccio dell’ortodossia alla Trinità nella sua vita interna, cioè nella preghiera, nella contemplazione, nella liturgia, nella mistica. Ha bisogno di tener presente l’approccio latino nella sua missione evangelizzatrice ad extra”.
Trinità modello di amore perfetto
Cosa dire infatti al mondo non credente e secolarizzato, si chiede padre Raniero, se non innanzitutto che Dio esiste, che ci ha creati per amore, che è Padre buono e si è rivelato a noi in Gesù, secondo le parole di Agostino?:
“Se c’è qualcosa del linguaggio antico dei Padri, che l’esperienza dell’annuncio dimostra essere ancora capace di aiutare gli uomini d’oggi, se non a spiegare, almeno a farsi un’idea della Trinità, questo è proprio quello di Agostino che fa perno sull’amore. L’amore è, per se stesso, comunione e relazione; non esiste amore meno che tra due o più persone. Ogni amore è il movimento di un essere verso un altro essere, accompagnato dal desiderio di unione. Tra le creature umane, questa unione rimane sempre incompleta e transitoria, anche negli amori più ardenti; solo tra le persone divine l’unione si realizza in modo così totale da fare dei Tre, eternamente, un solo Dio”.
La Chiesa deve trovare il modo di annunciare il mistero di Dio uno e trino con categorie appropriate e questo è un linguaggio che anche l’uomo d’oggi è in grado di capire:
“E’ ovvio se Dio è amore: non c’è amore che non sia amore di qualcosa o di qualcuno. Quindi se Dio è amore, deve avere qualcuno da amare. L’amore esige. Dove Dio è legge suprema o potere supremo non c’è bisogno di pluralità di persone, perché si può esercitare il potere da soli; ma dove Dio è concepito come amore, se non si capisce il Mistero della Trinità, però si è sulla linea di dire non può essere che così.
Nella fede della Chiesa
Da S.Agostino arriva anche l’ispirazione finale e l’invito di questa seconda meditazione di Quaresima:
“Quando si vuole attraversare un braccio di mare, dice, la cosa più importante non è starsene sulla riva e aguzzare la vista per vedere cosa c’è sulla sponda opposta, ma è salire sulla barca che porta a quella riva. Così per noi la cosa più importante non è speculare sulla Trinità, ma rimanere nella fede della Chiesa che è la barca che porta ad essa “.