Robert Cheaib – Commento al Vangelo del 30 Agosto 2020

Non è forse un discorso anacronistico quello della necessità di portare la croce di morire a se stessi? Non è più affascinante predicare un Cristo motivatore, grande filosofo dell’arte di vivere sempre felici e – se proprio vogliamo vendere bene tutto il pacchetto – un onnipotente che ci protegge dai colpi della sfortuna e dalle disavventure di ciò che chiamiamo vita?

Un Cristo così venderebbe bene… E ci sono tante pseudo-salvezze vendute in giro, e non sempre a buon mercato. Ma un Cristo così non salva, nemmeno dalle prime catene da cui dovremmoabboamo bisogno di essere liberati: le catene dell’io. Non serve nemmeno un discorso altamente teologico per illustrare l questione.

Pensiamo insieme a un amore dove non c’è morte a sé. Si ama l’altro non per donarsi, ma per consumare le gioie dell’amore. Si ama, non l’amato, ma ciò che il cosiddetto amore regala. Non so ama, si usa. Senza croce, senza morte a sé non c’è vita data, non c’è relazione, non c’è comunione. La croce di Cristo, di Colui che è morto, è l’unica logica d’amore, l’unica logica della vita.


Fonte: il sito di Robert Cheaib oppure il suo canale Telegram

Docente di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

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