Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 5 Febbraio 2020

Credere in qualcuno significa accettare che possa sorprenderci ed essere di più di quello che già conosciamo di lui. Troppo spesso condanniamo gli altri a rientrare nello schema mentale in cui li abbiamo classificati nel tempo: quello è sempre disordinato, quell’altro è stupido, quell’altro ancora è falso.

E il dramma è che questo capita con le persone che ci sono più vicine e che dovremmo amare di più, al punto che non ci rapportiamo più con un figlio, un genitore, un amico, ma con l’idea che ci siamo fatti di lui. Anzi, forse altri fanno cosi con noi. È terribile quando chi ti vuol bene non sta credendo in te, ossia non ti sta dando la possibilità di essere di più di quello che pensa. È terribile perché ti impedisce di compiere prodigi.

Anche Gesù non potè compiere alcun prodigio in mezzo ai suoi famigliari, perché non credevano in lui, ossia pensavano di conoscerlo già abbastanza: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».

Anche noi, come Cristo, se vogliamo diventare il prodigio che siamo non abbiamo bisogno di persone che dicano di conoscerci da tempo, ma di persone che credano in noi, che non vedano l’ora di lasciarsi sorprendere dal bene che – prima o poi – sceglieremo di realizzare.

Il commento, oggi, è di don Alberto Ravagnani, assistente dell’Oratorio San Filippo Neri di Busto Arsizio (VA), autore di questo commento.

Commento a cura di:

Piotr ZygulskiPiotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.


Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 6, 1-6 In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Parola del Signore

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