Solo lโamore resta
Cosa resterร di questo tempo inquieto e dolente?
Cosa resterร di questa mia vita, fatta di sogni, di paure, di slanci e di frenate, di contraddizioni, di entusiasmi e sofferenza che si alternano, di desideri inespressi o irrealizzati, di delusioni e sconfitte?
Cosa resterร della mia ricerca di fede, a volte entusiasta e travolgente, piรน spesso lenta e abitudinaria?
Cosa rimane alla fine della vita? Della mia vita? Di ogni vita?
Lโamore.
Solo lโamore.
Rimane quanto ho saputo amare. Quanto mi sono lasciato amare. Quanto ho desiderato amare.
Perchรฉ lโamore dirige il mondo, perchรฉ lโAmore lo ha creato e plasmato e lo fa fiorire.
Non i successi, i denari, i like rimangono ma lโamore che siamo riusciti a costruire nella concretezza del quotidiano.
Lโamore accolto da Dio, lโamante. Donato al meglio delle nostre possibilitร , non come sforzo, ma come effusione di un amore ricevuto. Come di una sovrabbondanza condividendo quanto ricevuto, come una tracimazione del cuore.
Questo celebriamo in questa domenica che chiude lโanno liturgico e si avvia a concludere questo difficilissimo anno civile. Anno della prova, della veritร , della manifestazione di quello che siamo e che siamo diventati. Anno in cui violenze mai sopite sono divampate come un incendio che tutto divora.
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E la Parola sfida, interpreta, scuote, consola, rapisce, illumina, indica, tormenta.
E lo fa in un modo inatteso, decisamente fuori moda.
Regalitร
Leggendo il vangelo conclusivo di Matteo restiamo sconcertati ed interdetti.
Il clima รจ cupo, la visione di questo giudice implacabile come alcuni pittori ce lโhanno riportata, il possente Cristo di Michelangelo della cappella Sistina, ad esempio, fa paura.
Cosa ha che vedere questa pagina con il resto del vangelo? Matteo si รจ sbagliato? O ci siamo sbagliati noi quando continuiamo a professare il volto di un Dio compassionevole?
I pastori, sul fare della sera, separavano le pecore dalle capre.
Le capre, senza il โcappottoโ fornito da madre natura, pativano il freddo proveniente dal deserto ed andavano ricoverate in un posto piรน caldo, come una stalla o sotto una roccia.
Questโimmagine รจ lo sfondo del racconto di Gesรน, una separazione che รจ una protezione, unโattenzione verso i soggetti deboli.
Il pastore accoglie le pecore che lo hanno riconosciuto nel volto del povero, del debole, del perseguitato. Era prassi comune nel mondo ebraico, ma ne troviamo traccia anche in altre culture!, valorizzare i gesti di compassione verso i deboli.
Due sono le novitร apportate dal vangelo di Matteo: Gesรน lascia intendere che รจ lui che curiamo nel povero, identificandosi nellโuomo sconfitto. In secondo luogo questa identitร รจ sconosciuta al discepolo che resta stupito nellโavere soccorso Dio senza saperlo.
Gesรน si identifica nel povero.
E afferma che il gesto di caritร scaturisce da un cuore compassionevole, non necessariamente dal cuore di un credente.
Il messaggio che Matteo ci rivolge รจ piuttosto chiaro: lโincontro con Dio cambia il tuo modo di vedere gli altri, riesci ad incontrarlo anche nel volto sfigurato del povero.
Gesรน non parla di โbuoniโ poveri o di carcerati vittime di un errore giudiziario!
Anche nel povero che ha sperperato tutto per colpa o nellโomicida (!) possiamo riconoscere un frammento della scintilla di Dio.
Siamo chiamati ad amare a prescindere perchรฉ amati a prescindere.
Ad amare nella concretezza del gesto: cibo, bevanda, coperta, visita, accoglienza, conforto.
Ripetizione
Gesรน ripete la stessa idea, ma in negativo, questa volta.
Come era consuetudine per i rabbini, che sempre ribadivano il proprio insegnamento una volta in positivo e una volta in negativo. Per calcare la mano Gesรน conclude che colui che non lo riconosce brucerร nel fuoco della Geenna.
Lasciate perdere le immagini orribili dellโinferno e il timore di Dio che non รจ paura del Padre ma paura di perdere il suo amore per nostra negligenza!
La Geenna รจ una delle valli che circonda Gerusalemme, mai abitata perchรฉ, secondo la storia, lรฌ i Gebusei praticavano sacrifici umani prima della conquista della cittร da parte del re Davide. Al tempo di Gesรน nella valle della Geenna si bruciavano le immondizie.
Se non sappiamo riconoscere il volto di Dio nel fratello siamo immondizia.
Gettiamo via la nostra vita, la sprechiamo.
Quindi
Alla fine dei tempi, davanti al Cristo in maestร che succederร ?
Lo trovate scritto, leggete bene, e mettete da parte il taccuino su cui avete segnato puntigliosamente le ore di preghiera, le messe e le confessioni sopportate con cristiana rassegnazione e le eventuali giustificazioni da tirare fuori nel caso Dio fosse piรน esigente di quello che ci raccontavano.
Il Signore ci chiederร se lo avremo riconosciuto, nel povero, nel debole, nellโaffamato, nel solo, nellโanziano abbandonato, nel parente scomodo. Sรฌ: avete capito bene.
Il giudizio sarร tutto su ciรฒ che avremo fatto. E sul cuore con cui lo avremo fatto.
Saremo giudicati sullโamore. Ma con amore.
La fede รจ concretezza, non parole, la preghiera contagia la vita, la cambia, non la anestetizza, la celebrazione continua nella cittร , non si esaurisce nel Tempio.
Allora, certo, la preghiera, lโeucarestia, la confessione, sono strumenti di comunione col Cristo e tra di noi per fare della nostra vita il luogo della fede.
Nel mio ufficio, alla mia facoltร , in casa a spadellare mi salverรฒ. Se saprรฒ portare la fede da dentro a fuori, da lontano a vicino, e riconoscere il volto del Cristo adorato nel volto del fratello che incontro ogni giorno, mi salverรฒ.
La regalitร di Cristo, oggi, si manifesta nei nostri gesti.
Cristo รจ Signore se sapremo sempre di piรน amare i fratelli, diventare trasparenza della misericordia, testimoni credibili della compassione.
Cristo รจ re se, in questi tempi oscuri, sappiamo conservare la speranza, costruire ponti, indicare sentieri.
Cristo vince se lโamore trionfa. Anche nella mia vita.
Mt 25, 31-46 | Paolo Curtaz 16 kb 19 downloads
Cristo Re dellโUniverso – Ez 34,11-17/ 1Cor 15,20-28/ Mt 25,31-46 …***
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