Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 28 Maggio 2021 – Mc 11, 11-25

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Sale a Gerusalemme per la prima volta, il Signore, secondo l’evangelista Marco. E subito, al calare della sera, entra nel tempio. Con un solo sguardo capisce. Quella religiosità, quel culto, quella ritualità, sono come un bell’albero di fichi che non porta frutto. Tante foglie, tanta apparenza e niente di più.

Una religiosità sterile rappresentata da quel fico che, drammaticamente, secca. Non per la maledizione del Signore, ma per l’inutilità della sua funzione. Ed è il rischio di ogni tempio, di ogni liturgia, di ogni manifestazione di fede: quella di diventare alberi sterili, fatti di tante belle foglie ma che non nutrono.

Lasciamo che il Signore entri nella nostra vita di fede e ribalti i tavoli del mercanteggiare con Dio, lasciamo che butti per aria ciò che non fa del nostro rapporto con Dio un evento di bellezza e di verità! Facciamo in modo che la nostra preghiera, il nostro culto, porti frutti di benedizione e di vita!

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