Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 24 Marzo 2020 – Gv 5, 1-16

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Vuoi guarire?ย Che domanda idiota!

Che provocazione, qui e altrove.!ย Vuoi guarire?ย Il Signore sembra prenderci per il naso. Ovvio che sรฌ, certo che vogliamo guarire. Come i ciechi, i sordi, gli zoppi che il Signore ha sanato: nessuno desidera restare male, nessuno vuole vivere da lebbroso, reietto e messo ai margini. Ovvio che vogliamo guarire! Ne siete proprio sicuri?

Gesรน, ponendo questa sconcertante domanda al paralitico della porta di Beztaetร , ci pone davanti alle nostre responsabilitร . Per il paralitico, abituato a mendicare per tutta la sua vita, guarire significa cambiare radicalmente, e non necessariamente in meglio. Come il cieco nato puรฒ essere accusato di avere ingannato tutti fino ad allora, guarire significa imparare in etร  adulta un lavoro, rimboccarsi le maniche.

No, non รจ affatto scontato voler guarire. Quante volte preferiamo un dolore sicuro ad una ipotetica gioia! Quante volte coltiviamo inconsciamente il nostro dolore che, in qualche modo, di dona unโ€™identitร , suscita commiserazione e attenzione da parte degli altri.

Voler guarire รจ un affare impegnativo, che ci riguarda, che ci obbliga a conversione.

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