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Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

Cosa devo fare per annunciare il Vangelo, per vivere il Regno di Dio, per fare la sua Volontà come in Lui, così tra noi? Queste domande possono esserci di stimolo ma anche altamente ansiogene, soprattutto per i frettolosi che pretendono subito i risultati. Sarà forse vano tutto l’amore che ho dato?

Una coppia di parabole ci aiuta: granello di senape e lievito. O meglio: un uomo che prese e seminò nel suo campo quel granellino e una donna che prese e mescolò in circa mezzo quintale di farina un po’ di lievito. Lì per lì sembra che non accada nulla, anzi pare un fallimento: il piccolo seme muore nel terreno, il lievito sparisce completamente nell’impasto. I due processi di trasformazione sono infatti innescati da due gesti quotidiani, umili, modesti, nascosti; uno maschile, l’altro femminile.

C’è una pluralità all’inizio e alla fine troviamo l’abbondanza. Ma il Regno dei Cieli – l’Amore di Dio in ogni relazione – non è di per sé né il solo gesto iniziale, né il risultato, bensì abbraccia tutto il processo di crescita e di lievitazione naturale, non forzata con prepotenza, con mezzi appariscenti o con rivendicazioni identitarie. Alla fine comunque raggiungerà tutti: è inutile alzare la voce.

La premura e la responsabilità non devono quindi diventare occasione di scoraggiamento né tantomeno manie di protagonismo. Gesù ha scelto proprio la piccolezza per ospitarci in un albero che non solo fa ombra a tutti come il cedro nato dal ramoscello profetizzato da Ezechiele, ma è persino nido, rifugio, casa anche per chi ci sembra più nemico, lontano, diverso da noi. Gesù ha scelto di nascondersi, mescolandosi e morendo nel mondo, per offrire il suo pane di vita a tutti, dilatando cosmicamente le tre misure di farina con cui Abramo e Sara fecero tre focacce per sfamare i tre stranieri alle querce di Mamre.

L’universo dell’amore è davvero fecondato dai gesti gratuiti più inosservati, nel segreto dell’anima, nel cuore del mondo, nell’intimità di una relazione.


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

Medita

Si tratta di un passo evangelico, di una pericope, difficilmente comprensibile se non avendo presente l’uditorio a cui si rivolge l’evangelista Matteo. La tradizione vuole che Matteo abbia predicato agli ebrei di Palestina. Il suo rivolgersi agli Ebrei lo obbliga a confrontarsi con la Tanakh, ovvero con la Bibbia ebraica, sostanzialmente coincidente con l’Antico Testamento della Bibbia cristiana. E nell’Antico Testamento, come fatto notare da Benedetto XVI nel suo libro Gesù di Nazaret, «la parola cielo è l’equivalente di Dio». Un nome, quello di Dio «che il giudaismo, … in ottemperanza al secondo comandamento, evita di nominare». Quindi parlare di regno dei cieli è la stessa cosa che parlare di Dio.
Ciò detto appare chiaro che “il granello di senape” o “il lievito” sono Dio stesso. Sono la sua “Parola”. Sono il “Verbo” di cui si parla nel prologo del Vangelo di Giovanni. In definitiva è Gesù il granello di senape seminato nel campo; il lievito mescolato alla farina.
Questo passo evangelico diventa, allora, quasi una profezia. Indica la nascita della fede in Lui. Il riconoscerlo come il Messia, come il Salvatore. E sarà l’essersi messi alla Sua sequela, l’aver diffuso la Sua parola e l’avere evangelizzato, ciò che amplifica e amplificherà il suo messaggio, che lo farà sempre più lievitare, che lo farà sempre più crescere e diventare il grande albero dove nidificare e trovare pace.
Ma oltre ad essere una profezia, sono anche parole che ci interpellano e ci coinvolgono. Solamente la fede in Gesù, l’adesione alla sua parola, ai suoi insegnamenti, e ovviamente il darne testimonianza, ci rende compartecipi di questo grande albero, ci rende pasta lievitata e, in definitiva, ci inserisce nel Regno di Dio.

Rifletti

Ha detto Gesù: “Avrete forza dallo Spirito Santo… e mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra”. Consapevoli di questa missione, impossibile senza la forza che ci proviene dalla Spirito Santo, invochiamo la sua discesa su di noi per avere la capacità e il coraggio di annunciare la parola di Gesù ed esserne credibili testimoni.

Prega

Maria, madre di Gesù,
che dopo l’ascensione al cielo di tuo Figlio
riunita nel cenacolo insieme agli apostoli
sei stata loro di aiuto affinché concordi
perseverassero in preghiera
in attesa dello Spirito Santo,
concedi anche a noi
di perseverare nella invocazione
affinché otteniamo dallo Spirito Santo
la forza e il coraggio
di testimoniare credibilmente la Parola di Gesù.


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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don Mauro Leonardi – Commento al Vangelo del giorno, 27 Luglio 2020

Il regno non viene da solo come un miracolo dall’alto. Ha bisogno di uomini che lo portino come fa Maria che porta prima in grembo e poi fra le braccia il figlio Gesù.

Il seme nella tua mano

Vorrei essere seme che rimane nella tua mano.
Che non getti via.
Ma a che servirei?
L’orto rimarrebbe vuoto.
Tanti uccelli del cielo rimarrebbero senza casa.
Non servirei a nulla.

Vorrei essere lievito che rimane presso di te.
Non mischiata a nessuno.
Ma a che servirei?
La farina rimarrebbe come morta.
Non si sfamerebbe nessuno.

Gettami nella terra.
Mischiami alla farina.

Sono così debole lontana da te.
Non lasciarmi mai.
Non dimenticarti mai di me.

Sei arrivato nella mia vita.
Ed eri così piccolo.
Quasi non ti ho sentito entrare.
Sei andato a fondo.
Hai messo radice in me.
Ti sei mischiato, mescolato alla mia vita, ai miei giorni.
E sei diventato casa, riposo.
E sei diventato pasta, lievitata.
Sono custodita da te.
Sono sfamata da te.
Amore mio.

Parlami delle cose nascoste.
Tu mi riveli la mia vita.

Fonte: il sito di don Mauro Leonardi

Mauro Leonardi (Como, 4 aprile 1959) è un presbitero, scrittore e opinionista italiano.


Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

Il Regno dei cieli è una piccola cosa, dice Gesù. Piccola come un granello di senape. Piccola come un po’ di lievito. Piccola, certo, ma che porta in sé una potenza tale da far crescere un albero, da far lievitare una massa di farina che diventa pane. Nelle piccole cose di tutti i giorni possiamo lasciar cadere il piccolo seme della Parola che fecondi ogni scelta, ogni decisione.

Questa affermazione di Gesù cambia radicalmente la nostra prospettiva, il nostro giudizio sulle cose, sulla pastorale, sugli eventi. A volte abbiamo l’impressione che il nostro sforzo sia inutile, perdente rispetto alla logica del mondo, così tragicamente aggressiva. Così come le nostre iniziative pastorali, che, spesso, non tengono conto di questa logica.

Sempre pronti a lamentarci del fatto che le chiese si svuotano, che le riunioni radunano poche persone, dovremmo forse guardare di più e meglio se siamo lievito e seme, senza scoraggiarci. Se tutto il mondo fosse lievito non avremmo più pane.

Animo, allora, lasciamo spazio in noi alla Parola, lasciamo che sia la nostra vita, per prima, ad essere impastata per poter lievitare e sfamare i tanti che cercano una luce.

Fonte

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don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 27 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

Sito web – preg.audio

don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Non sono sempre i cattivi a vincere!

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AUTORE: don Marco Scandelli
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p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

Che cosa ci sta a cuore?, è la domanda che dobbiamo continuamente porci se vogliamo non perdere di vista ciò che realizza la nostra esistenza e ciò che invece la avversa.

Se noi vogliamo prenderci cura di piante e fiori, dobbiamo essere disponibili a dare del tempo per questa attenzione e a dare affetto e passione per questo servizio. Coloro che lavorano nelle serre fanno crescere piante e fiori, ma i più sono destinati ad avere vita breve, perchè messi in piccoli vasi, con poca terra, irrigati all’inverosimile, non innaffiati con cura e con costanza, con quotidianità.

È la differenza che passa tra l’avere cura di piante e fiori per lucro oppure averne cura per passione e per il desiderio di bellezza.

Dio Padre, avendo cura della vita dell’uomo, non semina il seme una volta per tutte e non nasconde il lievito nella farina della nostra esistenza, una volta per tutte. Ogni giorno infatti abbiamo bisogno di impastare la farina per potere fare cuocere il pane, ogni giorno siamo chiamati a mettere un piccolo seme della Parola nel nostro cuore perché possa germogliare.

Dio fa questo per noi ogni giorno perché ha passione per l’uomo e si prende cura di Lui. Lo fa perché è bello, non perché deve. Ama l’uomo perché è via di salvezza per l’uomo prima e per Dio poi, ma lo fa per passione non per dovere. Dio Padre che non ama l’uomo, scriverebbe a chiare lettere la sua sentenza di morte. Dio amore sarebbe morto nel momento stesso in cui non amerebbe. Per questo ama fino alla morte per dare la vita e per essere vita. Non per dovere, ma per passione!

Così è la vita dell’uomo: se non si prende cura di qualcuno o di qualcosa muore. Fa pena vedere con quanta passione le persone si prendono cura degli animali. Fa pena perché è simbolo di una società che non sa più prendersi cura delle persone. Meglio un cane in casa che un vecchio o un bambino, dona più soddisfazione e non ti tradisce mai. Peccato che non ti ami. Fa tenerezza, dicevo, ma è senz’altro un segno, oltre che di incapacità di amare fino in fondo in una relazione, anche di desiderio di prendersi cura di qualcuno. Stiamo diventando anglosassoni, gente che non ama se non il proprio interesse. Ma è comunque segno di un desiderio di cura che può essere seme per far crescere la bellezza del prendersi cura di un umano.

Ogni giorno, noi come Dio, siamo chiamati a mettere un seme nel terreno e a nascondere un po’ di lievito in un po’ di farina perché possa crescere di nuovo il grano il quale, macinato, possa darci la farina da panificare.

Il mondo è il campo di Dio e il cuore di ogni uomo terra su cui cade il seme: campo e terra di cui prendersi cura. Dio che si prende cura richiama l’origine stessa dell’uomo: maschio e femmina li creò, a sua immagine li creò. L’incontro tra uomo e donna è immagine di Dio ed è dall’incontro tra l’uomo e la donna che nasce la vita. È proprio quando l’uomo e la donna si prendono cura della vita che il seme porta frutto e che la farina diventa, lievitando, pasta da cuocere perché il pane dell’amore non manchi mai sulla tavola degli umani.

Un uomo semina, una donna impasta: immagini concrete dell’umano lavoro che è realizzazione dell’amore di Dio.

È questo il mistero nascosto a tutti della passione di Dio per l’uomo. In lui esce allo scoperto il segreto del cuore di Dio perché chi vuole possa, liberamente, intendere.  Per questo Dio continua a parlare e a seminare perché, prima o poi, anche chi non vuole intendere o è sordo possa ritornare ad udire e ad ascoltare la Parola. Accogliendo così la passione di Dio per la vita e diventare anche noi, in quanto persone amate, amanti della vita che sboccia da un seme, che lievita in un po’ di pasta.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020

Il commento alle letture del 27 Luglio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Aprirò la mia bocca con parabole

LUNEDÌ 27 LUGLIO (Mt 13,31-35)

Nell’Antico Testamento, la Parabola è un insegnamento dato agli uomini attraverso le opere compiute dal Signore. Si vede l’opera, si conosce Dio. Nel Libro della Sapienza Dio è annunciato come un suonatore di arpa. Le corde sono gli elementi della creazione. La parabola di Dio è il suo suono altamente melodioso e sinfonico: “Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi. Si vide la nube coprire d’ombra l’accampamento, terra asciutta emergere dove prima c’era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d’erba; coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi. Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati. Ricordavano ancora le cose avvenute nel loro esilio: come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare, come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane. Più tardi videro anche una nuova generazione di uccelli, quando, spinti dall’appetito, chiesero cibi delicati; poiché, per appagarli, dal mare salirono quaglie. Sui peccatori invece piombarono i castighi non senza segni premonitori di fulmini fragorosi; essi soffrirono giustamente per le loro malvagità, perché avevano mostrato un odio tanto profondo verso lo straniero.

Già altri infatti non avevano accolto gli sconosciuti che arrivavano, ma costoro ridussero in schiavitù gli ospiti che li avevano beneficati. Non solo: per i primi ci sarà un giudizio, perché accolsero ostilmente i forestieri; costoro invece, dopo averli festosamente accolti, quando già partecipavano ai loro diritti, li oppressero con lavori durissimi. Furono perciò colpiti da cecità, come quelli alla porta del giusto, quando, avvolti fra tenebre fitte, ognuno cercava l’ingresso della propria porta. Difatti gli elementi erano accordati diversamente, come nella cetra in cui le note variano la specie del ritmo, pur conservando sempre lo stesso tono, come è possibile dedurre da un’attenta considerazione degli avvenimenti. Infatti animali terrestri divennero acquatici, quelli che nuotavano passarono sulla terra. Il fuoco rafforzò nell’acqua la sua potenza e l’acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere. Le fiamme non consumavano le carni di fragili animali che vi camminavano sopra, né scioglievano quel celeste nutrimento di vita, simile alla brina e così facile a fondersi. In tutti i modi, o Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo” (Sap 19,6-22). In ogni parabola di Gesù è nascosta l’opera di Dio in favore della salvezza dell’uomo. È anche nascosta l’opera che ogni uomo è chiamato a realizzare per entrare nella salvezza e possederla per l’eternità.

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

Granello di senapa è Cristo. Il Padre l’ha preso è piantato nell’umanità. Ora ogni uomo è chiamato a divenire per ogni altro uomo vero albero di vita eterna. Buon lievito è anche Cristo Gesù. Il Padre lo ha preso e lo ha impastato nell’umanità perché ogni uomo venga fermentato di verità, grazia, salvezza, vita eterna. Il Cristo, granello di senapa e lievito, è ogni membro del suo corpo. Ogni discepolo di Gesù deve essere granello di senapa e lievito per dare vita nuova al mondo. La verità della parabola è Cristo Gesù. Anche il cristiano è chiamato ad essere verità, opera narrata dalla parabola. Ogni discepolo, come la corda dell’arpa, dovrà essere suonato da Dio perché Dio sia conosciuto attraverso le opere che oggi sono la vita di ogni membro del corpo di Cristo. Oggi è il cristiano la stupenda parabola di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci corde dell’arpa del nostro Dio, oggi e per sempre.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.

Commento al Vangelo del 27 Luglio 2020 – Don Francesco Cristofaro

Vangelo del giorno e breve commento a cura di Don Francesco Cristofaro.


AUTORE: Don Francesco Cristofaro
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