p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 4 Marzo 2021

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Cโ€™era un uomo ricco e un mendicante di nome Lazzaro: il ricco รจ ritenuto un uomo perchรฉ mangia e si veste; lโ€™apparenza lo porta ad essere tale, ma non ha un nome. Il sentirsi ricco lo porta a perdere la sua identitร , non sa come si chiama; certamente banchettava non da solo eppure era riconosciuto solo come ricco, nessuno lo chiamava per nome; il termine piรน alto con cui viene chiamato รจ quello di figlio, e viene chiamato in tal modo dal padre Abramo, ma anche lรฌ non ha un nome.

Lazzaro รจ un mendicante: non รจ un uomo, non puรฒ essere ritenuto tale. Il ricco รจ superiore e si sente tale, il mendicante รจ un inferiore che serve solo nella misura in cui il ricco ha bisogno. Il povero ha bisogno, ma non essendo un uomo deve rispondere ai bisogni dellโ€™altro; non ha niente eppure sembra dover essere il trofeo di caccia della ricchezza che il ricco espone. Laddove cโ€™รจ un ricco lร  cโ€™รจ un povero. Eppure Lazzaro ha un nome: non puรฒ essere definita la sua identitร  dalla sua miseria, che identitร  รจ mai quella legata alla miseria? Gli rimane il nome, lโ€™unica ricchezza che ha, ricchezza infinitamente piรน grande di quello che non ha: lui ha un nome, e puรฒ essere chiamato; il ricco รจ ricco e puรฒ essere solo adulato, non chiamato.

Potere essere chiamati: riempie il cuore; potere essere chiamati con affetto: dร  vita; potere essere chiamati con calore: ci fa sentire vivi; potere essere chiamati con dolcezza, come se fosse una carezza: consola; potere essere chiamati: crea compagnia; potere essere chiamati con fermezza: crea identitร ; potere essere chiamati con durezza: crea rapporto; potere essere invocati: crea caritร ; potere essere chiamati con un sospiro: crea relazione; potere essere chiamati con uno sguardo: basta quello; poter essere chiamati con un sorriso: dร  gioia; potere essere chiamati con una lacrima: fa riflettere e pensare; poter essere chiamati: bisogna avere un nome e il nome deve essere conosciuto: tutto questo il ricco non ce lโ€™ha.

E allora: โ€œLe qualitร  del denaro sono le mie qualitร , poichรฉ sono il possessore del denaro. Sono brutto, ma mi posso comprare la donna piรน bella; perciรฒ non sono brutto. Sono paralitico, ma il denaro mi procura ventiquattro piedi (con i miei corsieri), perciรฒ non sono paralitico. Sono privo di spirito, ma il denaro รจ rispettato, dunque anche il suo possessoreโ€ฆโ€ (Marx): che terribile tentazione รจ il pensare che non avere niente significhi non essere piรน niente!

Chi puรฒ essere chiamato puรฒ essere amato, chi non puรฒ essere chiamato ma รจ solo definito dal suo ruolo โ€“ ricco โ€“ puรฒ essere solo usato. Sembra libero questโ€™ultimo di fare ciรฒ che vuole, in realtร  รจ libero solo di vestirsi bene e di mangiare: รจ in una gabbia dโ€™oro. Non รจ piรน definito da quello che lui รจ, da quello che ama, da coloro che รจ amato, ma รจ definito solo da quello che ha: ha tanto, si puรฒ permettere ancora di piรน ma รจ solo. Lazzaro nella sua povertร  ha la compagnia dei cani, lui non ha neppure un cane che lo possa consolare.

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Un povero che bussa alla porta al massimo ti chiama amico, e viene perchรฉ ha bisogno, perchรฉ sa che puรฒ tentare di sfruttarti. Forse รจ questo che a noi dร  immensamente fastidio quando vengono a mendicare. Ma forse questo avviene perchรฉ siamo distratti, non siamo pronti ad accorgerci dellโ€™altro e ad andargli incontro. Non ci accorgiamo delle lacrime dellโ€™altro: non possiamo consolarlo. Non ci accorgiamo della fame dellโ€™altro: non lo sfamiamo. Non ci accorgiamo della solitudine dellโ€™altro: non possiamo tenergli compagnia. Non ci accorgiamo che lโ€™altro ha sete di affetto: non possiamo amarlo.

Eppure la nostra vita รจ continuamente piena di queste situazioni che, forse proprio perchรฉ distratti, subiamo; se fossimo meno distratti forse le gestiremmo in modo diverso. Ma per fare questo dobbiamo riscoprire non la nostra ricchezza ma il nostro nome. E questo nostro nome, che dice figliolanza dai genitori e da Dio, lo dobbiamo gridare al mondo.

Io mi chiamo = io sono = io posso essere amato = io posso amare.

La distrazione: quale grande nemico ci portiamo in casa accovacciato dietro la porta (Gen 4, 7). La distrazione noi la usiamo per fuggire da cose che ci interessano poco oppure da cose che rischiano di sommergerci. Sembra che non possiamo essere piรน liberi di dire di sรฌ o di no alle cose di tutti i giorni: non possiamo dire no ai figli, non possiamo dire no al marito e alla moglie, non possiamo dire no al cliente perchรฉ magari lo perdiamo, non possiamo dire no al capo ufficio perchรฉ magari poi non mette una buona parola al momento giusto, non possiamo! Non ci resta che usare la distrazione che diventa lโ€™ultimo baluardo della nostra libertร  democratica, che in teoria abbiamo, ma che in realtร  รจ continuamente conculcata; diventa lโ€™ultima spiaggia per la nostra incapacitร  di amare. Diventiamo dei distratti, dei non vedenti dei Lazzaro che stanno alla nostra porta utile per chiuderci dentro.

Le cose ci passano accanto, ci scivolano addosso, sono talmente tante che non possiamo che non farci piรน caso. La gente: ne incontriamo talmente tanta che non abbiamo piรน tempo di approfondire alcuna relazione, siamo โ€œcostrettiโ€ a rispondere con superficialitร , con distacco e lontananza, non possiamo piรน entrare in relazione, non possiamo piรน avere attenzione neppure verso i nostri cari perchรฉ siamo virus.

In questo bailamme come รจ possibile accorgerci che in noi cโ€™รจ un povero che mendica gridando la sua sete; come รจ possibile accorgerci che fuori dalla nostra porta giace un mendicante coperto di piaghe; come possiamo accorgerci che al di lร  dei nostri confini nazionali e paesani cโ€™รจ una massa di gente bramosa di sfamarsi di quello che cade dalla nostra mensa? Ma io che cosa posso farci? Non posso essere io a risolvere i problemi, e allora? Meglio distrarsi con i nostri acquisti di โ€œporpora e di bissoโ€ e con i nostri festini e banchetti che ci tolgono la gioia della festa e la creativitร  della festa. E se il Covid ci blocca anche in questo, apriti cielo, non si capisce piรน nulla.

La distrazione diventa la morte per il nostro cuore, diventa la morte della nostra caritร , vale a dire della nostra capacitร  di amare.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM

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