p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 30 Maggio 2020

È bellissimo questo gioco di sguardi e di attenzioni che avvolge e coinvolge i tre. Pietro che non è più chiamato Simone di Giovanni, riceve il suo nome finale che è Pietro. In questo nome c’è la sua chiamata a pascere il gregge che rimane di Gesù, seguendo Gesù stesso. Pietro, roccia della chiesa, riceve finalmente la rivelazione che la sequela non è cosa da perfetti ma è cosa da amanti. L’istituzione della chiesa è cosa importante, caro Pietro di cui tu sei rappresentante, ma ricordati che non è la cosa unica e non è la più importante.

Scoprire questa dinamica con un gioco di sguardi dove Gesù manifesta l’amore per Pietro e la predilezione per Giovanni. Pietro che vuole bene a Giovanni non capisce più nulla, come è cosa normale per ogni istituzione che non vede la propria chiamata al servizio della vita.

Pietro manifesta il suo intimo attaccamento a Giovanni domandando a Gesù cosa ne sarà di Giovanni. Manifesta allo stesso tempo la sua perplessità di fronte a questa persona che si trova sempre presente e sempre un passo avanti a lui.  Pietro non sa più se è lui il capo della chiesa o se è Giovanni. E se è lui che cosa combina con Giovanni che è sempre un passo davanti a lui? Che deve fare con questo che lo anticipa sempre e sa le cose più di lui?

La dinamica che Pietro vive è la stessa dinamica dell’istituzione: sono io che comando o sono io che servo? Devo dire cosa la gente deve fare o devo lavare i piedi? Che fare con questo Giovanni incarnazione dell’amore e della passione carismatica, che sembra rompermi sempre le uova nel paniere?

La chiesa deve decidere se vuole essere amore per l’uomo oppure centro di potere. Se decide di essere amore anche l’istituzione deve ascoltare la passione che è sorgente di amore per l’uomo non dando più importanza ai giochi di potere. Se decide che la cosa più importante è l’istituzione, e dunque chi comanda, allora è costretta a giocarsi in giochi di potere per potere sopravvivere, non certo per vivere.

Pietro che dona attenzione a Giovanni ma ancora non lo ascolta è quanto avviene spesso tra di noi, nelle nostre comunità, nelle nostre realtà ecclesiali. L’istituzione deve decidere cosa fare, ma deve decidere anche di accettare che c’è qualcuno che vede più avanti di lei come cosa naturale. Pietro o decide di ascoltare il discepolo come colui che poggia il capo sul cuore di Cristo facendo sì che la sua stessa vita, la vita dell’istituzione sia sequela di amore, oppure sarà sempre preoccupato di contenere se non di eliminare questa parte che vede oltre per salvare il proprio potere.

Giovanni nel vangelo arriva sempre prima di Pietro. Pietro o soffre questa presenza oppure la ama e la vive sapendo che lui, Pietro istituzione, avrà fine, ma Giovanni, il discepolo che Gesù amava, non avrà mai fine. Non tanto perché Giovanni non morirà quanto invece perché le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà, la fede non avrà più senso, la speranza sarà cosa realizzata, ma la carità no. La carità sarà sempre dinamica di vita sia nell’al di qua come nell’al di là.

Allora caro Pietro, cara chiesa, non confondere quello che è un compito istituzionale con la capacità di vedere oltre che è cosa solo del cuore. Caro Pietro istituzione, pasci le mie pecorelle, sapendo che ciò che vale non è la perfezione morale –pensa un po’ a te stesso – o l’interpretazione esatta e teologica di scritture e quant’altro, ciò che vale è l’amore che crea unità grazie alla misericordia non grazie agli interventi più o meno azzeccati ma senza amore.

Sentire e capire l’amore del Figlio per il mondo è l’unica cosa che vale. Sentire e capire l’amore del Figlio poggiando il capo sul suo petto è salvezza del mondo. Solo così puoi capire e amare Dio, perché solo così puoi cogliere e accogliere l’amore del Padre e del Figlio per il mondo. Solo così puoi sentire il soffio leggero dello Spirito Santo che aleggia sul mondo. Solo così puoi capire che la Buona Notizia è il Padre che ama il mondo e lo vuole salvo.

Capire che non è cosa inutile poggiare il capo sul cuore di Cristo. Non vivere con sufficienza questo passaggio vitale del discepolo ritenendolo cosa da poco o da gente che non ha i piedi per terra. Capire questo, caro Pietro, significa conoscere Dio Padre e Dio Figlio, sapendo che loro nello Spirito sono il centro della vita, anche dell’istituzione che tu rappresenti. Diversamente c’è solo morte e distruzione, c’è solo divisione e aridità. Se io voglio che l’amore rimanga e non abbia fine a te che importa? Tu seguimi, seguimi in questa via, qualsiasi cosa tu debba fare.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
FONTE: Scuola Apostolica
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