p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 16 Giugno 2021

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Le nostre scelte, il nostro agire, è molto legato e consequenziale col fatto che noi possiamo essere visti e approvati. Lo sguardo degli altri e la loro conseguente riprovazione o approvazione, rischia di diventare la fonte della nostra identità.

Gli altri sono coloro nei quali ci specchiamo. Anche la persona che sembra più autonoma e che dice che vuole fare come pensa lei, in realtà dipende dal proprio specchio. Infatti tale persona si arrabbia e rimane delusa o decide di abbandonare certi impegni e certi servizi “perché non riconosciuta dagli altri”, perché tanto gli altri manco si accorgono di quello che lei fa, non gli importa nulla del servizio che lei compie.

Gli altri come specchio della nostra esistenza sono cosa pericolosa per la nostra vita.

Il Signore Gesù che è venuto a portare a compimento la legge e i profeti ci invita a praticare la nostra giustizia, che è la volontà del Padre che si concretizza nell’elemosina, nella preghiera e nel digiuno, specchiandoci nel Padre.

La diversità è sostanziale: specchiarci in chi ci ama sempre e comunque, in chi non fa dipendere il proprio amore dalla nostra bravura e benevolenza, che non toglie il suo amore per noi se noi andiamo fuori strada, è fondamentale per una identità sana.

Senza tale specchio vero e amante noi rischiamo solo di roderci il fegato. Noi neghiamo di dipendere dagli altri eppure se gli altri non confermano col loro giudizio, più o meno vero, più o meno becero, quello che noi siamo e facciamo, noi ci arrabbiamo e rimaniamo delusi dal loro comportamento.

Spesso noi mettiamo in atto anche azioni finalizzate a nasconderci, ma troppo spesso anche questo nasconderci è per farci notare. Se pensiamo che gran parte della vita sociale è basata su questa dinamica, possiamo comprendere da un lato quanto sia rivoluzionario l’annuncio di Gesù e quanto, allo stesso tempo, sia velenoso il nostro modo di agire sociale per gli individui come per la società stessa.

La giustizia che siamo chiamati a praticare è dunque la volontà del Padre che chiede un corretto rapporto coi fratelli, non un bisogno di specchiarci in loro per avere approvazione, ma semplicemente un rapporto basato sulla preghiera, sul digiuno e sull’elemosina praticati nel silenzio, vale a dire vissuti per il bene dell’altro e non per essere visti dall’altro.

Noi siamo sempre davanti agli occhi e alla faccia di qualcuno. Il nostro bisogno di volere compiacere dipende dalla grandezza con cui noi siamo visti. Se l’occhio dell’altro è il nostro primo specchio, occhio che deve essere buono e benevolo per noi, il nostro dipendere dallo sguardo dell’altro rischia di divenire veleno per la nostra esistenza.

Se è vero, come è vero, che noi siamo a immagine e somiglianza del Padre, se stiamo davanti al Padre riceviamo la nostra identità, saremo liberi da ogni schiavitù di giudizio che non ha nulla a che fare col menefreghismo nei confronti del prossimo. Una libertà che ci permetterà di scoprire ogni giorno il vero volto dei fratelli riconoscendoli come tali.

Tutto ciò che nega questa realtà e necessita di inscatolare i fratelli in pregiudizi o in schemi precostituiti non può più interessarmi: è cosa che non può riguardare la mia esistenza e che non posso neppure rincorrere per correggere.

L’unica ricompensa che possiamo avere come ricompensa vera e veritiera è quella che consegue dallo stare davanti al volto del Padre: è la propria verità di figli.

Stare davanti ad una persona come davanti ad uno specchio è come essere due specchi l’uno di fronte all’altro: ritroviamo un’immagine che si ripete all’infinito, riflettendo sempre meglio la propria vacuità illusoria.

“State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli”: questa è la Buona Notizia per noi oggi! Approfittiamone in senso bello, libero e pieno di giustizia del Padre.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM