โBasta! Che vuoi da noi, Gesรน Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!โ. Questo grido che รจ una professione di fede e allo stesso tempo espressione di tutta la paura e il rifiuto di Cristo, รจ il grido del demonio impuro che abitava un uomo che era lรฌ, nella sinagoga dove Gesรน leggeva la Scrittura commentandola.
Ma questo mi pare il grido che ogni giorno mi ritorna quando inizio la mia giornata. La professione di fede diventa un misto di rifiuto di Dio. Lโascolto della Parola si scontra da subito con i miei rifiuti di Dio e del prossimo. La Parola di Dio pronunciata da Cristo che entra in me come spada a doppio taglio, si scontra con le remore notturne che rifiutano ogni pacificazione e ogni compromesso con la vita.
Ti alzi, ascolti, tenti di accogliere, molte barriere ci sono dentro di noi che non permettono lโascolto e lโaccoglienza della Parola. Lei entra ma non riesce a fare breccia. Hai appena fatto la tua professione di fede nel silenzio della preghiera e nel leggere la Parola, ma subito nascono remore e rifiuti. โLa fai facile tu, o Signoreโ, ma che fare con quel tale che continua a tormentarmi e che non vive nรฉ con sanitร mentale nรฉ con un pizzico di fede? Che fare con quella persona che ho beneficato e che tenta in tutti i modi di farti lo sgambetto?
Tu Gesรน sei il santo di Dio, ma perchรฉ ci vuoi rovinare? Perchรฉ non lasci che lo spirito immondo possa abitare in noi? Perchรฉ non vuoi che noi, che viviamo in questo mondo e su questa terra, possiamo essere a nostra volta lupi in mezzo ai lupi? Perchรฉ vuoi che viviamo da agnelli come tu hai vissuto, tu Agnello che toglie il peccato del mondo?
Che vuoi da noi, Signore Gesรน?
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Sentiamo che la tua parola non รจ roba da poco. Ci accorgiamo che la tua presenza non lascia indifferenti. Sentiamo che non hai preparato la predica per โcontarcela suโ, ma ciรฒ che ci dici รจ ciรฒ che sei. Lo sappiamo per esperienza, non per sentito dire, che la tua parola รจ spada a doppio taglio che mette in luce ciรฒ che รจ nelle tenebre non per condannare ma per salvare. Sappiamo che tu parli con autoritร , non fai il pappagallo di nessuno, neppure del Padre. Eppure di fronte a quanto ci doni sentiamo ritrosia, sentiamo che sei la nostra rovina, sentiamo che non sei proprio la nostra salvezza, quello che tu ci offri, tanto bello e buono, non รจ proprio quello che vorremmo, noi da Dio ci aspetteremmo ben altro.
Noi gente che vede ogni giorno la tua opera in noi che vuole scacciare lo spirito immondo, ci stupiamo della parola di veritร che viene da te. Non รจ tanto il fatto che ci lascia basiti quanto la tua parola che comanda agli spiriti impuri e questi se ne vanno. Forse anche noi, ascoltatori del vangelo, viviamo questo stupore, come viviamo la tua presenza come cosa bella e drammatica allo stesso tempo. Desidereremmo essere liberati, oggi, ma abbiamo paura di questa liberazione. Conosciamo le nostre schiavitรน e le nostre dipendenze. A volte ci danno fastidio. Ma ci siamo affezionati e sappiamo dove andiamo a finire. Con la tua liberazione invece no. Intuiamo qualcosa di bello, ma dove ci porta mai questo qualcosa di bello?
Tu con la tua Parola ci metti faccia a faccia con quel Dio la cui Parola aveva creato il mondo. Il potere del Dio creatore sta nel Cristo Salvatore. Da essa possiamo difenderci come gli indemoniati; oppure possiamo anestetizzarla divenendo insensibili.
Che fare? Quando la Parola viene a noi da Dio apre il cuore perchรฉ scaturisca quellโobbedienza di ascolto che รจ vita. Nellโobbedienza la Parola รจ lampada ai miei passi e il Signore รจ Luce di questa lampada. Essa illumina e dilata il cuore. Diventa dolce piรน del miele in bocca, anche se so che un poโ prima o poi mi bloccherร lo stomaco con le amarezze dovute alle mie ritrosie. Eppure รจ vita e gioia del cuore, forza e salvezza.
La parola ha questa autoritร : a lei noi siamo di fronte. Che facciamo oggi? La demonizziamo e la scacciamo o la accogliamo facendola nostra? Non piรน qualcosa di esterno a noi, ma noi stessi?
Diveniamo contemporanei a Gesรน oggi accogliendo nellโobbedienza la sua parola, oppure la releghiamo a qualcosa che รจ successo duemila anni fa e che nulla ha a che fare con la nostra esistenza?
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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