Il mare fa paura
La distanza culturale da unโepoca allโaltra rende a volte difficile la comprensione di alcuni simboli. Oggi per noi europei il mare significa per esempio soprattutto divertimento, svago, evasione. Al massimo puรฒ suscitare in noi domande legate ai seri problemi ecologici. Ma nel mondo antico, lโimmagine del mare richiama soprattutto il pericolo del viaggio, la possibilitร di morire, la devastazione delle inondazioni.
Il grande viaggio di Ulisse รจ proprio intrecciato con le avventure e i pericoli che si incontrano durante la navigazione. Quel racconto รจ giร di per sรฉ unโimmagine del viaggio della vita: la tentazione di allontanarsi dalla propria terra, di sfidare i pericoli, di affrontare esperienze che rappresentano gli incontri e le tappe della vita.
In molte rappresentazioni dellโantichitร , per esempio in un famoso papiro egizio, le onde del mare sono rappresentate attraverso lโimmagine del serpente che ostacola il cammino del sole, nel tentativo di impedirgli di sorgere ancora. Nel mare dunque lโuomo antico ha visto le sue paure e per lo piรน ha preferito rimanere con i piedi per terra.
I confini del mare
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Nel testo del libro di Giobbe che viene proposto in questa domenica, dove leggiamo un passaggio del discorso finale di Dio che mette Giobbe davanti alla sua piccolezza affinchรฉ riconosca il limite del suo punto di vista, ritroviamo proprio lโimmagine del mare come minaccia di morte.
Il mare diventa una rappresentazione del male che, nelle sue diverse manifestazioni, vorrebbe travolgere ogni cosa con il suo orgoglio. Il male รจ presuntuoso, non accetta di fermarsi. Il male รจ devastazione che si illude di non avere confini. ร proprio cosรฌ, il male si manifesta attraverso la presunzione e il delirio di onnipotenza di coloro che si lasciano abitare da esso.
Il libro di Giobbe ci ricorda perรฒ in modo perentorio che Dio pone un limite allโorgoglio del mare (cf Gb 38,10), perchรฉ Dio รจ il Signore del creato e della storia. ร vero, tante volte abbiamo lโimpressione che il male stia dilagando, ma il libro di Giobbe ci invita a ricordare quel limite che Dio ha imposto e oltre il quale il mare/male non puรฒ andare.
La Bibbia ci ricorda allora che non siamo davanti a due principi antitetici, il bene e il male, ma siamo davanti a un destino di bene perchรฉ Dio ha giร vinto il male, sebbene questo abbia un misterioso spazio per spaventarci ancora, senza perรฒ vincere mai.
Un mare da attraversare
Lโimmagine antica del mare come luogo del viaggio della vita con i suoi pericoli ritorna invece nel brano del Vangelo di Marco proposto per questa domenica. Lโinvito di Gesรน, rivolto ai discepoli, di ยซpassare allโatra rivaยป suona come un invito a non fermarsi mai nel viaggio della vita: occorre rischiare, affrontare le paure e i pericoli. Non solo ne vale la pena, ma non si puรฒ non passare allโaltra riva, perchรฉ significherebbe smettere di vivere.
Gesรน nella barca
Occorre perรฒ ricordarsi di fare spazio a Dio nella barca con la quale decidiamo di partire. In effetti i discepoli hanno preso Gesรน con loro e lo accolgono cosรฌ comโera, dice il testo. Possiamo immaginare che sia unโallusione alla stanchezza di Gesรน. Dopo una giornata di predicazione, Gesรน รจ stanco. Per noi moderni, generalmente tendenti allโattivismo e alla preservazione di unโimmagine di onnipotenza, ci meraviglia che Gesรน non abbia avuto timore di farsi vedere stanco. Gesรน non nasconde la sua fatica e si addormenta, in un certo senso si fa vedere debole, ha bisogno di riposarsi e lascia che la barca della vita sia in mano ad altri.
Le tempeste della vita
Come succede nella vita, anche durante questo viaggio sul lago, arriva la tempesta. La barca รจ travolta dalle onde. Il mare รจ minaccioso e sembra vincere fino al punto che i discepoli pensano di morire. In quel frangente ti aspetteresti che Dio ti aiuti e invece a volte sembra che dorma, proprio come in questo episodio. Ti viene il dubbio che Dio si sia dimenticato di te o che non gli importi del tuo destino. Ti convinci che devi fare da solo, altrimenti nessuno ti aiuterร . Nella disperazione perรฒ ti metti a gridare. Ti rendi conto che da solo non vai da nessuna parte e hai bisogno di Dio.
La fede nella tempesta
Anche i discepoli si sentono abbandonati e sfiduciati. Quando si rivolgono finalmente a Gesรน, quando hanno capito che da soli non riescono ad affrontare la tempesta, lo chiamano maestro, e non piรน Signore, come avviene invece nel testo parallelo di Matteo. Quel termine Signore, che richiama la divinitร di Gesรน, qui รจ scomparso. Qui i discepoli lo chiamano invece maestro come se non credessero piรน di navigare con il Figlio di Dio. Nella paura, Gesรน รจ diventato un maestro qualunque, che al piรน ci puรฒ confortare con la sua sapienza, ma che non puรฒ aiutarci ad affrontare la tempesta e lโarroganza del mare.
La paura ci fa dimenticare la fede in Gesรน. E, infatti, รจ proprio a quella professione di fede che i discepoli sono rimandati. Nella tempesta, paradossalmente, emerge prepotentemente una domanda: chi รจ Gesรน? Chi รจ Gesรน per te?
ร proprio nel tempo della fatica e del buio che emerge quale tipo di relazione abbiamo con lui. Il viaggio inevitabile sul lago con le sue tempeste ci ha portato a riconoscere e riaffermare che Gesรน รจ colui che calma il vento, quel che a volte soffia impetuoso e devastante sulla nostra vita.ย
Leggersi dentro
- Nelle tempeste della tua vita, come hai vissuto la relazione con Gesรน?
- Alla luce di quello che hai vissuto nella tua vita, chi รจ Gesรน per te? ย

Fonte
