Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 29 Novembre 2020.
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Nellโattesa della sua venuta
โUn uomo di nobile stirpe partรฌ per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. Chiamati dieci servi, consegnรฒ loro dieci mine, dicendo: impiegatele fino al mio ritornoโ (Lc 19,12-13).
ย Da questa parabola e dallโinesatta traduzione di alcuni detti del Signore, come, per esempio, โNon vi lascerรฒ orfani, ritornerรฒ da voiโ (Gv 14,18), รจ sorta lโidea che, nel giorno dellโascensione, Gesรน si sarebbe accomiatato dai discepoli per tornare, nello splendore della sua gloria, alla fine dei tempi. Lโespressione ritorno del Signore, pur entrata nellโuso comune, si presta a fraintendimenti e i testi liturgici la evitano perchรฉ Gesรน non ci ha lasciato, non si รจ allontanato, la nostra vita non si svolge in sua assenza.
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I greci immaginavano Zeus imperturbabile sullโOlimpo, beato al di sopra delle miserie umane. Egli era, secondo lโoracolo di Pausania, โcolui che era, รจ e sarร โ. Il Dio dei cristiani รจ diverso, รจ โcolui che รจ, che era e che vieneโ (Ap 1,8); non โil Signore che ritornaโ, ma colui che non cessa mai di venire. Entra, si compromette nella storia del mondo e rinnova, insieme con lโuomo, tutto il creato: cura i malati, sana le ferite causate dal peccato, spegne gli odi, predica lโamore e guida il mondo โsulla via della paceโ (Lc 1,79).
I primi cristiani imploravano: โMaranร tha: vieni, o Signore!โ (1 Cor 16,22).
โVieni, Signore Gesรนโ, รจ lโinvocazione con cui si chiude il libro dellโApocalisse (Ap 22,20).
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โVieni, Signore Gesรน! Vieni e con noi rinnova il mondo!โ.
Prima Lettura (Is 63,16-17.19; 64,1-7)
16 Tu, Signore, tu sei nostro padre,
poichรฉ Abramo non ci riconosce
e Israele non si ricorda di noi.
Tu, Signore, tu sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.
17 Perchรฉ, Signore,
ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosรฌ che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribรน, tua ereditร .
19 Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
64,1 Davanti a te tremavano i popoli,
2 quando tu compivi cose terribili che non attendevamo,
3 di cui non si udรฌ parlare da tempi lontani.
Orecchio non ha sentito,
occhio non ha visto
che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto
per chi confida in lui.
4 Tu vai incontro a quanti praticano la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato perchรฉ abbiamo peccato
contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
5 Siamo divenuti tutti come una cosa impura
e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia
tutti siamo avvizziti come foglie,
le nostre iniquitร ci hanno portato via come il vento.
6 Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si riscuoteva per stringersi a te;
perchรฉ tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci hai messo in balรฌa della nostra iniquitร .
7 Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci dรก forma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.
Il popolo dโIsraele si trovava in esilio a Babilonia. Erano pasยญsati pochi anni dalla distruzione di Gerusalemme e nei deportati continuava vivo il ricordo dellโumiliazione subita. Avevano ancora impresse negli occhi le scene raccapriccianti di quel terribile giorno di luglio del 587 a.C.: i soldati di Nabucodonosor che demolivano le mura, i palazzi del re in fiamme, le donne che fuggivano terrorizzate con i figli fra le bracยญcia e, sciacalli dietro a leoni, gli edomiti che si gettavano sulla preda ferita a morte (Sl 137,7).
Mentre i deportati cercavano la ragione di una cosรฌ orrenda sciagura, un loro poeta compose la commovente preghiera dalla quale รจ tratta la lettura di oggi, una delle piรน belยญle di tutta la Bibbia.
Il brano si apre con unโaccorata invocazione a Dio: โTu sei noยญstro padre, da sempre sei chiamato nostro redentoreโ (v. 16).
A differenza degli altri popoli, che attribuivano normalmente ai loro dรจi lโappellativo di padre, gli ebrei erano piuttosto restii a conferire questo titolo al loro Dio. Non lo chiamavano padre, anzitutto perchรฉ non volevano equipararlo agli dรจi pagani che โ si raccontava โ generavano figli e figlie e spesso si invaghivano delle donne della terra (Gn 6,2); poi perchรฉ avevano giร un padre, Abramo.
A Babilonia perรฒ si resero conto che nรฉ Abramo, nรฉ Isacco, nรฉ Giacobbe li potevano piรน soccorrere. I patriarchi avevano tutte le ragioni per vergognarsi dei loro figli degeneri: โAbramo non ci riconosce e Israele non si ricorda di noiโ (Is 63,16).
ร in questo contesto storico che, per la prima volta nella Bibbia, Dio viene invocato come padre, appellativo che, in seguito, sarร costantemente impiegato da Gesรน per indicare Dio. Nei vangeli ricorre ben 184 volte sulla sua bocca.
Anche il termine redentore รจ molto significativo. Era riferito al parente piรน stretto, a colui sul quale incombeva la responsabilitร di riscattare un membro della famiglia che avesse perso la libertร , o perchรฉ fatto prigioniero, oppure perchรฉ, oberato dai debiti, aveva dovuto consegnarsi come schiavo al suo creditore. Questo inderogabile dovere era adempiuto in due modi: raccogliendo la somma richiesta per il riscatto, oppure consegnando se stessi in sostituzione del proprio congiunto.
Dopo la distruzione di Gerusalemme la situazione per Israele era catastrofica: non poteva piรน conยญtare su alcun redentore, perchรฉ tutti erano schiavi. Non rimaneva che ricorrere a Dio, supplicarlo di assumersi lui il compito di reยญdentore.
Dopo questa invocazione iniziale la preghiera si muta in lamento: โPerchรฉ Signore ci lasci vagare lontano dalle tue vie e permetti che il nostro cuore si indurisca?โ (v. 17).
Lโinterrogativo รจ drammatico, รจ espressione dellโenigma angosciante che gli uomini di ogni tempo si sono posti: perchรฉ Dio, onnipotente, non impedisce il male? Perchรฉ non ci preserva dai fallimenti e dalle scelte di morte? Perchรฉ permette che i vizi e le passioni ci allontanino dal suo amore?
Domande cui nessuno ha mai dato una risposta razionale! Solo durante la preghiera si puรฒ scorgere una luce.
Per rinvigorire la fede, per ritrovare motivi di speranza, lโautore di questo stupendo brano ripensa ai tempi passati (64,1-3), ricorda che Dio รจ sempre intervenuto per rischiarare le notti buie del suo popolo; ha presente soprattutto la notte della liberazione dallโEgitto e conclude: โOrecchio non ha udito, occhio non ha visto alcun altro dio fare tanto per chi confida in luiโ (64,3).
Raccolti in preghiera, i deportati rileggono la loro storia e prendono coscienza degli errori commessi: โTu, Siยญgnore, sei adirato perchรฉ abbiamo peccato contro di teโฆ Le noยญstre iniquitร ci hanno portato via come il ventoโฆ Ci hai messo in balia delle nostre iniquitร โ (vv. 4-6).
Questa constatazione, che dovrebbe portarli allo scoraggiamento, li fa invece esclamare fiduciosi: โTu perรฒ, Signore, conยญtinui ad essere nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dร forma, tutti noi siamo opera delle tue maniโ (v. 7). La pace interiore, la speranza, lo sguardo ottimistico rivolto al futuro sono le grazie sempre ottenute dalla preghiera fatta bene. Lโuomo non puรฒ che sentirsi sicuro quando si rende conto di trovarsi fra le braccia di un padre che si prende cura di lui.
Letta alla luce di tutta la rivelazione biblica, la storia degli esiliati a Babilonia รจ unโimmagine delle disavventure cui, inevitabilmente, va incontro chi sceglie cammini che portano lontano da Dio. Delusione, solitudine, vergogna, infelicitร sono le amare conseguenze del peccato.
Perchรฉ Dio non interviene per impedirci di commettere errori? Ecco la domanda che anche noi ci poniamo.
Da quando ha creato lโuomo libero, Dio non รจ piรน onnipotente. Giร i rabbini lo avevano intuito e parlavano dello zimzum di Dio: in certo qual modo โ sostenevano โ egli ha ristretto il proprio potere e si รจ esposto al rischio di ricevere un no umiliante dalle sue creature.
Ma lโamore โรจ forte come la morte e le sue vampe sono vampe di fuocoโ (Ct 8,6), non si rassegna mai alle sconfitte. Dio, che ha messo in conto anche i nostri rifiuti, รจ costretto dal suo amore a continuare a cercarci. Non puรฒ imporsi, non puรฒ sopraffare la nostra libertร , ma รจ cosรฌ incontenibile la sua passione che โ affermava Edith Stein โ รจ โinfinitamente inverosimileโ che, anche in un solo caso, egli possa uscirne per sempre sconfitto.
Seconda lettura (1 Cor 1,3-9)
Fratelli 3 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesรน Cristo.
4 Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi รจ stata data in Cristo Gesรน, 5 perchรฉ in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza.
6 La testimonianza di Cristo si รจ infatti stabilita tra voi cosรฌ saldamente, 7 che nessun dono di grazia piรน vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesรน Cristo.
8 Egli vi confermerร sino alla fine irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesรน Cristo: 9 fedele รจ Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesรน Cristo, Signore nostro!
Sono i versetti con cui inizia la prima Lettera ai corinti, scritta da Paolo a una comunitร che aveva accolto con entusiasmo il vangelo, ma poi, cedendo alle lusinghe del paganesimo, era ricaduta negli antichi vizi. LโApostolo era al corrente di queste miserie morali e, nel prosieguo della lettera, le condannerร severamente. Tuttavia, in apertura, impiega un linguaggio dolce e garbato con cui mette in risalto le meraviglie operate dalla grazia di Dio, riconosce che i corinti sono stati arricchiti di tutti i doni spirituali, quelli della parola e quelli della scienza (v. 5).
Sorprende che non si accenni a virtรน e qualitร piรน importanti, alla fede, alla speranza e alla caritร che brillavano fra i tessalonicesi (1 Ts 1,3) o alla generosa dedizione alla causa del vangelo nella quale eccellevano i filippesi (Fil 1,5). Velatamente, Paolo fa intuire ai corinti che, nella loro comunitร , non tutto รจ perfetto e che la grazia di Cristo potrebbe ottenere risultati migliori se ci fosse una maggiore corrispondenza. Il ripiegamento sulle realtร di questo mondo ha fatto loro dimenticare lโattesa del Signore che viene.
Nella seconda parte del brano (vv. 6-9) lโApostolo richiama questa veritร : โAspettate la manifestazione del Signore nostroโ. ร cosciente della fragilitร spirituale dei suoi cristiani, ma รจ anche convinto che, nonostante le loro debolezze, Dio porterร a compimento lโopera iniziata. La sua fedeltร non รจ condizionata dalla risposta dellโuomo. Se ha chiamato i corinti alla salvezza, continuerร ad accompagnare la loro crescita spirituale fino a quando li avrร introdotti nella gloriosa comunione con Cristo.
Questa affermazione non รจ espressione di un ottimismo ingenuo e superficiale, ma รจ lโinvito a coltivare la speranza cristiana che si fonda sulla gratuitร dellโamore di Dio.
Vangelo (Mc 13,33-37)
In quel tempo, Gesรน disse ai suoi discepoli: 33 โState attenti, vegliate, perchรฉ non sapete quando sarร il momento preciso. 34 ร come uno che รจ partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare.
35 Vigilate dunque, poichรฉ non sapete quando il padrone di casa ritornerร , se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, 36 perchรฉ non giunga allโimprovviso, trovandovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!โ.
Vigilare e vegliare sono le parole-chiave di questo brano. Vengono riprese con unโinsistenza quasi eccessiva: โState attenti, vegliate!โ (v. 33), โha ordinato al portinaio di vigilareโ (v. 34), โvigilate dunqueโ (v. 35), โlo dico a tutti: vegliate!โ (v. 37).
La raccomandazione alla vigilanza รจ cosรฌ importante che Gesรน la ribadisce anche con una similitudine: โร come uno che รจ partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilareโ (v. 34).
Non รจ subito evidente il legame della parabola con quanto segue: โVigilate, dunque, poichรฉ non sapete quando il padrone di casa ritornerร โ (v. 35). Lโinvito a vigilare era prima rivolto solo al portinaio (v. 34), poi viene esteso a tutti (v. 35). Si tratta di una piccola incongruenza dovuta, probabilmente, al fatto che Gesรน aveva rivolto la parabola ai suoi discepoli, per ricordare loro il dovere di custodire e far fruttificare i tesori da lui lasciati, prima di tornare al Padre. In seguito lโevangelista ha pensato bene di estenderla a tutti i membri delle sue comuยญnitร , per richiamarli alla vigilanza, nellโattesa della venuta del Signore.
Che significa vigilare? Perchรฉ si insiste sulla notte? Perchรฉ il padrone, invece di venire di giorno, arriva allโimprovviso quando nessuno lโaspetta? Chi rappresenta il portinaio? Chi รจ il padrone? Dovโรจ andato? Quali poteri ha lasciato ai suoi servi?
Prima di rispondere a queste domande, che ci introdurranno nel messaggio della parabola, รจ necessario apportare una modifica alla traduzione del v. 35: โVigilate dunque, poichรฉ non sapete quando viene il padrone di casaโ. Gesรน non sta riferendosi al suo ritorno in un imprecisato, lontano futuro, ma alla sua costante presenza rinnovatrice del mondo.
Cominciamo a identificare il protagonista della parabola. Il padrone della casa รจ Gesรน, che perรฒ non se nโรจ andato, ha solo cambiato modo di essere presente fra i suoi. Ora egli รจ piรน vicino ad ogni uomo di quanto non lo fosse quando camminava lungo le strade della Palestina. Entrato nel mondo dei risorti non รจ piรน soggetto, come allora, ai limiti della nostra condizione umana. Per questo ha invitato i suoi discepoli a mantenere sempre viva la percezione della sua presenza in mezzo a loro: โEcco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondoโ (Mt 28,20). Percezione non facile, perchรฉ puรฒ averla solo chi ha uno sguardo capace di scrutare oltre il buio fitto della notte.
ร significativo anche il fatto che il Signore avverta che egli giunge durante la notte. Come un ladro, viene quando il mondo รจ avvolto nellโoscuritร : โSe il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casaโ (Mt 24,43). Anche le dieci vergini furono sorprese nel sonno: attendevano lo sposo che tardava, si assopirono tutte e dormirono; โa mezzanotte si levรฒ un grido: ecco lo sposo, andategli incontro!โ (Mt 25,5-6).
Perchรฉ tanta insistenza sul tema della notte?
I maestri dโIsraele insegnavano che, nella storia del mondo, cโerano state quattro grandi notti. La prima al momento della creazione: Non esistevano il sole e la luna ed era notte quando Dio disse โSia la luce!โ (Gn 1,3). Ci fu una seconda notte, quella in cui Dio stipulรฒ lโalleanza con Abramo (Gn 15). Poi una terza, la madre di tutte le notti, quella della liberazione dโIsraele dallโEgitto, fu โnotte di veglia per il Signore, notte di veglia per tutti gli israeliti, di generazione in generazioneโ (Es 12,42).
La quarta notte รจ quella attesa da Israele: in essa Dio interverrร per creare il mondo nuovo e dare inizio al suo regno.
Quando, nel Nuovo Testamento, si parla della venuta del Signore durante la notte ci si riferisce a questa quarta notte. ร la nostra notte, รจ il tempo in cui viviamo, tempo che รจ buio, tempo in cui le proposte di vita che riscuotono i maggiori consensi sono quelle edonistiche, non le beatitudini di Gesรน.
Questa quarta notte รจ accuratamente suddivisa da Marco, secondo il computo popolare romano, in quattro parti, puntualmente richiamate: la sera, la mezzanotte, il canto del gallo, il mattino (v.35), per sottolineare, in modo meticoloso, lโammonimento a stare allโerta, a non assopirsi nemmeno un istante.
Chi ha uno sguardo guidato dallโamore si lascia interpellare dagli avvenimenti e sa cogliervi i segni che le speranze di un mondo nuovo stanno cominciando a realizzarsi. Chi รจ vigilante รจ pronto ad accogliere il Signore che viene e lo sa riconoscere in chi cerca la pace, il dialogo e la riconciliazione, lo scorge nei poveri che, senza ricorrere alla violenza, si impegnano per la giustizia, lo vede nello straniero che cerca aiuto, lo abbraccia in chi รจ solo e ha bisogno di conforto.
Il buio incute timore e, in qualche momento, diviene tanto fitto che persino il cristiano dotato di uno sguardo di fede finissimo puรฒ perdere di vista il suo Signore ed essere colto dalla stanchezza, dalla noia, dallo sconforto. Quando sente le palpebre appesantirsi per il sonno, deve richiamare alla mente lโesortazione di Paolo: โCoraggio! La notte (la quarta, ultima notte) รจ ormai inoltrata e la luce del giorno รจ vicina!โ (Rm 13,12).
Cโรจ un segreto per mantenersi svegli: la preghiera, intesa come un costante dialogo con il Signore. Chi non prega si assopirร , finirร per rassegnarsi e si adeguerร , come tutti, al buio della notte che avvolge il mondo (Mc 14,37-40).
I servi, altro personaggio della parabola, rappresentano i discepoli impegnati nellโesecuzione dei progetti del loro Signore. A ognuno รจ affidato un compito, una missione da svolgere, conforme alle proprie capacitร . Nessuno deve attendere passivamente che il padrone realizzi da solo la sua opera. Sono i servi gli esecutori.
Il portinaio che deve essere piรน vigilante degli altri indica coloro che, nella comunitร cristiana, sono incaricati di svolgere i servizi piรน importanti, quelli da cui dipende la vita stessa della chiesa: lโannuncio della parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, il sostegno dei discepoli che vacillano nella fede. Questi portinai devono essere piรน vigilanti degli altri: nei loro pensieri, nelle loro parole, nelle loro scelte di vita sono invitati a comportarsi sempre da โfigli della luceโ, mai da โfigli delle tenebreโ, perchรฉ devono anche mantenere svegli i loro fratelli piรน deboli, quelli che corrono il pericolo di essere ingannati dai princรฌpi di questo mondo.
AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: Settimana News
