p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di sabato 27 Dicembre 2025

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DUE GIOVANNI DALLA TESTA INCLINATA

Gv 20,2-8

Giovanni l’evangelista

è detto “il Teologo
dai padri orientali.

Suo simbolo è l’aquila,
quella che vola sopra gli altri,
che va più in alto e più lontano.

Ciò che abbiamo udito e visto,
ciò che abbiamo toccato,
cioè il Verbo della vita,
questo vi annunciamo
(cf. 1Gv 1,1-3).

La fede è un’esperienza
e una relazione
.
Non teorie, non pensieri,
ma un fatto.

È la narrazione di un evento,
il racconto di una storia
che li ha rovesciati tutti
come un guanto,
cambiando loro la vita.

Gesù non è venuto
a portare un nuovo sistema
di pensiero,
ma a far nascere il desiderio
di più intensa vita

alla mente, al cuore, allo spirito;
ai sensi e alle mani.

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Tu solo hai parole
che fanno viva
finalmente la vita (cf. Gv 6,68
),
confesserà Pietro.

Vita è la parola che corre sotto tutte le altre parole della Bibbia.
«Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

La vita cristiana non è sacrificio, ma addizione, accrescimento,
intensificazione di vita.

Non chiede mortificazioni,
offre vivificazione:
più Dio in me equivale
a più io.

Più Vangelo in me
equivale a più umanità
,
perché il Vangelo
contiene l’alfabeto della vita.

In avvento siamo accompagnati da Giovanni il Battista.

Dopo Natale
da Giovanni l’Evangelista
.

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Giovanni del Giordano
e Giovanni del lago
.
Giovanni delle acque e
Giovanni dell’inchiostro.

Quello con la testa
buttata sul piatto di Erodiade
e quello con il capo
posato sul petto di Gesù
.

Giovanni è l’apostolo amato,
quello che Gesù amava.
Non è l’apostolo che ama di più.
Quello probabilmente è Pietro,
capace di sguainare la spada
per difendere Gesù,
capace di buttarsi nudo nel lago per raggiungere la riva,
dove ha intuito presente Gesù.

Giovanni invece
è oggetto dell’amore,
investito dell’amore
di preferenza di Cristo
.

E ci indica l’importanza dell’amore passivo,
la bellezza, la potenza e
la forza del lasciarsi amare,
perché chi ti ama
ti lascia una forza unica.

Il lasciarsi amare
è carico di rivelazioni
.

Arriva per primo
al «sepolcro vuoto»,
arriva per primo a capire
il significato della risurrezione
.

Di lui, non di Pietro,
è detto che
vide e credette,
perché l’amore è sempre originale, è sempre speciale
e non ama il copia-incolla.

É Giovanni a inventare
la definizione più alta:
«Dio è amore»
(1Gv 4,8).

E prima:
«Dio è luce» (1Gv 1,5).

Davanti al crocifisso,
o al presepio, si va
per lasciarci guardare
nella debolezza,
lasciarci guarire,
lasciarci amare.

Tutti siamo come Giovanni,
discepoli che lui ama,
e ciascuno è il prediletto di Dio
.

Siamo i preferiti di Dio.

Per questo
tu lo puoi anche lasciare,
ma lui non ti lascerà mai.

Impariamo a lasciarci amare,
a sentire nel profondo
la melodia di una canzone
che dice
:

e io avrò cura di te,
perché sei
un essere speciale
.

Per gentile concessione di p. Ermes, fonte.

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