p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 8 Maggio 2022

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Le parole di Gesù: voce soave e mano forte

Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 8 maggio 2022

Le mie pecore ascoltano la mia voce. Non comandi da eseguire, ma voce amica da ospitare. L’ascolto è l’ospitalità della vita. Per farlo, devi “aprire l’orecchio del cuore”, raccomanda la Regola di san Benedetto. La voce di chi ti vuole bene giunge ai sensi del cuore prima del contenuto delle parole, lo avvolge e lo penetra, perché pronuncia il tuo nome e la tua vita come nessuno. È l’esperienza di Maria di Magdala al mattino di Pasqua, di ogni bambino che, prima di conoscere il senso delle parole, riconosce la voce della madre, e smette di piangere e sorride e si sporge alla carezza.

La voce è il canto amoroso dell’essere: Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline (Ct 2,8). E prima ancora di giungere, l’amato chiede a sua volta il canto della voce dell’amata: la tua voce fammi sentire (Ct 2,14)…

Perché le pecore ascoltano? Non per costrizione, ma perché la voce è bellissima e ospita il futuro. Io do loro la vita eterna!(v.28). La vita è data, senza condizioni, senza paletti e confini, prima ancora della mia risposta; è data come un seme potente, seme di fuoco nella mia terra nera. Linfa che giorno e notte risale il labirinto infinito delle mie gemme, per la fioritura dell’essere.

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Due generi di persone si disputano il nostro ascolto: i seduttori e i maestri. I seduttori, sono quelli che promettono vita facile, piaceri facili; i maestri veri sono quelli che donano ali e fecondità alla tua vita, orizzonti e un grembo ospitale.  […]

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IL MIO POSTO FRA LE MANI DI DIO

Cia­scuno è pastore di un mini­mo gregge: hanno nomi e cognomi i miei agnelli, a partire dalla mia fami­glia, e per ciascuno di loro posso esse­re mano inviolabile.

Le mie pecore ascoltano la mia voce. L’ascolto è il primo lavoro di ogni mattino, il primo servizio da rendere a Dio e al prossimo, il primo modo per dare all’altro l’evidenza che esiste, che è importante per me.

Amare è ascoltare, tendere l’orecchio per percepire l’acqua del ruscello, nel bosco di Dio.

Ma come riconoscere la sua voce? Come faceva Maria, custodendola e meditandola nel cuore. «Gli uomini si chiamano da un silenzio all’altro, si cercano da una solitudine all’altra. E ogni voce viene da fuori. Ma Tu, Tu sei una Voce che suona in mezzo all’anima» (G. Von Le Fort).

Le vicende di Galilea, la tragedia del Golgota, le parole di Cristo, che vengono come fiamma e come manna, non hanno altro scopo che questo: darci una vita piena di cose di una qualità e consistenza capaci di attraversare l’eternità. “Io do la vita eterna”, al presente, adesso, non alla fine del tempo. Senza condizioni, prima di qualsiasi risposta, senza paletti e confini. È salute dell’anima respirare queste parole. La vita di Dio è seminata in me come seme potente, seme di fuoco nella mia terra nera. Come linfa che risale senza stancarsi, giorno e notte, e si dirama dentro tutte le gemme.

Una parola assoluta: nessuno. Subito raddoppiata, come se avessimo dei dubbi; nessuno può strapparle dalla mano del Padre.

Nessuno mai, dalla mia mano… Mani che hanno dispiegato i cieli e gettato le fondamenta della terra, mani di vasaio sull’argilla dell’Eden, mani di creatore su Adamo addormentato, e nasce Eva; mani inchiodate alla croce per un abbraccio che non può più terminare.

Io sono vita indissolubile dalle mani di Dio, legame che non si strappa, nodo che non si scioglie. L’eternità è un posto fra le mani di Dio, come passeri che vi hanno posto il nido, rassicurati dalla sua voce che scalda il freddo della solitudine.

Qui inizia l’avventura di coloro che vogliono, sulla terra, cu­stodire e lottare, cammi­nare e liberare. Anche a noi l’uomo importa, oggi, in questo tempo malato, con le sue passioni tristi. Cia­scuno è pastore di un mini­mo gregge: hanno nomi e cognomi i miei agnelli, a partire dalla mia fami­glia, e per ciascuno di loro posso esse­re mano inviolabile. Poter dire a colo­ro che amo, tu non andrai perduto; mai nessuno ti strapperà dal mio cuore. Resta questa fiammella viva, anche in questa storia di notti che non finiscono.

E come bambini ci aggrappiamo tutti a quella mano che non ci lascerà cadere. Come crocifissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita. Dalla vi­gorosa certezza, da non svendere mai, che per Dio io sono prezioso e indimenticabile, prende avvio la mia strada nella vita, per essere an­ch’io, per quanti sono affi­dati al mio amore, cuore da cui non si strappa, mano da cui non si rapisce, voce da ospita i mondi.

AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: Avvenire e PAGINA FACEBOOK