p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 6 Agosto 2023

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Sei giorni dopo… così inizia Matteo il suo racconto della trasfigurazione. E’ una notazione marginale, quasi trascurabile, ma racchiude un essenziale riferimento per comprendere l’intera pagina e la sua narrazione di un’esperienza decisiva di incontro con Gesù.

Il rinvio a sei giorni prima è da collegare infatti al momento in cui Gesù aveva posto ai suoi una domanda che li coinvolgeva direttamente: Voi chi dite che io sia?

E quella domanda aveva ricevuto la risposta di Pietro “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Ma a queste parole Gesù aveva reagito notando che dire questo non è affermazione proveniente da capacità umane ma da una rivelazione del Padre. Non solo ma Gesù aveva indicato che il suo essere messia (Figlio del Dio vivente) si poteva cogliere solo nel suo cammino “doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto…e venire ucciso e resuscitare il terzo giorno”.

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E tutto ciò era per Pietro motivo di scandalo e di incomprensione. E Gesù chiamava chi lo seguiva a concepire il proprio cammino sui suoi passi, condividendo la sua via, nella linea del dono, del servizio. Erano chiamati a seguire non una promessa di affermazione e di potenza, non di guadagni e di comodità indifferente, ma il volto del messia povero che condivideva la vicenda delle vittime e dei poveri della storia.

E sul monte sei giorni dopo, ricorda Matteo, Gesù si fece incontrare  avvolto di luce: il volto brillava in quel momento in cui vicino a Gesù c’erano i tre Pietro Giacomo e Giovanni: i medesimi tre che saranno accanto a lui nel momento più buio, delle tenebre e del disorientamento di fronte alla morte, nell’orto degli ulivi quando Gesù venne arrestato per essere condotto al processo e alla condanna.

Quel momento di luce  si fissò nel ricordo dei discepoli a divenire momento di rivelazione: il volto del messia che stava andando verso Gerusalemme è volto di luce. Essi sono accompagnati a scorgere sul volto del servo sofferente che percorre la via della croce i tratti del Figlio amatissimo, di colui che rivela le profondità dell’amore del Padre. Ed anche i discepoli sono partecipi di quella luce, desiderosi di fermarsi là, di trattenerla: …facciamo tre tende.

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Ma quel momento non può essere trattenuto: il cammino continua e ai discepoli, a conclusione della narrazione è data un’indicazione essenziale per sostenere il cammino anche nei giorni bui, anche nel momento in cui la luce sembra sparita: ‘Ascoltatelo’. “Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo»”. L’ascolto è l’orizzonte in cui rimanere per accogliere la via di Gesù e per percorrerla, anche quando prevale il buio e non c’è la luminosità del monte ad aprire lo sguardo.

E nella lettera di Pietro compare quasi un’eco di quell’esperienza, e l’indicazione di cammino per una comunità che cerca ogni giorno di seguire il suo Signore:

«Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento».

Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino”  

C’è una attesa da coltivare, una attesa di luce ma quello squarcio di luce che è stata esperienza dei discepoli è forza nel cammino e ci chiede di rimanere nell’ascolto e nell’accoglienza del suo amore.

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.